Wine experience: Vini dell'altro mondo: Tunisia
mercoledì 30 giugno 2010
Salem aleikum ("la Pace sia con te").
Fabio Cimmino (quello con il vestito chiaro - e senza orecchie giganti - in un recente sopralluogo)
posted by Mauro Erro @ 11:15, ,
Pausa caffè: Vini qualunquisti
martedì 29 giugno 2010
E non è tanto il termine in sé, quanto il tono dispregiativo della voce. Qualunquista mi ha detto!
Ma perché che hai contro l’uomo qualunque? Quello che si sveglia al mattino presto, si spezza la schiena per otto, dieci, dodici ore, non per gloria o che, ma per sorridere ai suoi figli.
Quando li ha, e non è un vecchio come me.
E poi, solo il fatto di dirlo, a quel modo, presume che tu non ti senta un uomo qualunque.
Ma perché chi cazzo sei? Che hai tu di speciale, gli stavo per dire.
Capisci, questo è uno dei più grossi problemi, c’è sempre qualcuno che si sente qualcosa più di te, speciale, per cui questa sua presunta superiorità lo autorizza a trattarti in quel modo, da nullità, a mettertelo nel culo se occorre. Anzi, a mettertelo comunque, tanto è un gioco per loro.
Noi siamo poco più o poco meno di pecore per gli uomini speciali."
L’auto si fermò.
"No, non ho voglia di tornare in quel cesso di ospizio", mi disse.
Mi girai verso il tassista e gli chiesi di fare un altro giro dell’isolato.
Vadiaperti
Coda di Volpe (Irpina) 2009
€ 8/10
posted by Mauro Erro @ 15:19, ,
The Bottle, un dj in vigna: La vita Segreta delle Piante
Allora un po’ come un naufrago cominciai a dare un nome ad ogni filare, un nome di un musicista, o di un gruppo, ovviamente.. e così camminavo fra fela kuti e nick drake, john coltrane e i rolling stones, massive attack e galliano…decine e decine di filari adesso mi erano familiari, ero di nuovo a casa..
Fermai il gioco quando stavo cominciando a dare ad ogni pianta di vite il nome di un brano dell’artista/filare…
Adesso si lavora sempre più, sono meno solo, e le viti ormai le conosco una per una.
Ma qualche volta, nei momenti magici che ancora spuntano a qualche curva della vita, o delle viti, ancora mi capita di fissare un filare e dirgli: uè, mi ricordo di te, sei Miles, e quella vite là è so what e quell’altra è doo bop, una delle tue ultime…ehi, ma tu sei stevie wonder! come va? Il tuo viaggio attraverso la vita segreta delle piante? Un disco particolare, colonna sonora di un documentario che non ho mai visto(qualcuno mi aiuta?)..e il libro da cui è tratto, lo avete letto “la vita segreta delle piante” di Peter Thompkin, ex agente segreto (lo giuro!) che vi guida nel mondo fantascientifico delle piante che ascoltano musica e dialogano con noi attraverso profumi e colori?
Salvatore Magnoni
La Vita Segreta delle Piante
Peter Tompkins, Christopher Bird
Ed. Net
foto di : Ben Heine
posted by Mauro Erro @ 12:22, ,
Pausa caffè: Capitoli
lunedì 28 giugno 2010
Mancavo da un paio d’anni. L’ultima volta ci avevo portato Adele per la prima volta e l’avevamo mangiata alla vecchia maniera. Di quando si era studenti all’Università, quando si stava spesso lì, con gli amici. Frienn’ magnann’, e’ presso, arrampicati su un trespolo, appoggiati al marmo dirimpetto il forno e ascoltando, divertendoci, il pizzaiolo urlare imprecando al titolare, dietro la cassa, che prometteva di licenziarlo. Un appuntamento fisso, le urla e la pizza.
Con bufala, è più succosa, mi piace mangiarla così ed era sempre ottima.
L’ultima volta, invece, con amici, siamo saliti nelle sale superiori, un dedalo che s’apriva e ti mostrava Napoli che si cela sempre all’occhio superficiale e si mostra inaspettatamente. Lombardi per me era esclusivamente un appoggio di marmo ed un forno a tre metri da cui venivano calore e urla. Un bugigattolo, più o meno.
Eravamo ben predisposti, quindi.
Poi è arrivata la pizza.
Dopo il primo pezzetto, ci siamo dati il pizzico sulla pancia, l’abbiamo finita ed abbiamo chiesto il conto. Sono sceso giù di corsa dalle scale ed ho visto il pizzaiolo.
Quello nuovo.
Com’era?
Gli ho sorriso.
Si era chiuso un capitolo.
So’ rimast sulo e nomm’, il titolo.
I Borboni
Asprinio d’Aversa vite maritata 2009
€ 6/8
posted by Mauro Erro @ 16:43, ,
Wine experience: Fenech
Fabio Cimmino
posted by Mauro Erro @ 13:10, ,
Pausa caffè: L’Italia de Noantri
domenica 27 giugno 2010
Lo Speaker’s corner era quell’angolo di Hyde Park dove ognuno poteva dire la sua e arringare i passanti, di cui ci parlava l’insegnante a scuola dopo averci detto che the pen is on the table.
Quasi un simbolo nazionale.
Ora abbiamo internet, un immenso Speakers’ corner, uno sfogatoio di massa, una discarica di emozioni, un luogo dove liberarsi dei propri istinti più immediati, talora più bassi, dice Cazzullo.
Subito mi è venuto in mente il nostro mondo enogastronomico.
Quello degli pseudo appassionati e degli pseudo intenditori.
Ho pensato che se si è dato spazio ad Hide Park, figurarsi su qualche sito o blog, più o meno importante o di periferia e se Jhon Lennon, quando ha vissuto a Londra, era capace di ascoltarli perché non farlo noi.
Ascoltare è sempre istruttivo. Anche solo per riconoscere la follia umana. Ed evitarla.
Ma accompagnare il tutto con una buona bottiglia è sempre consigliabile, ricordando che, tanto, il loro parlare durerà molto meno del tempo che occorre per finire la bottiglia e soprattutto, li cancelleremo dalla memoria con il ricordo che conserveremo di essa.
Anche se son capaci da soli di non farsi ricordare.
L'Italia de noantri
Come siamo diventati tutti meridionali
Aldo Cazzullo
Ed. Mondadori
€ 18
Etienne Lefevre
Champagne Carte Blanche Grand Cru brut
€ 30/40
posted by Mauro Erro @ 12:07, ,
Good Luck & Good Night: Dialoghi con Saramago
Squilla il cellulare, scusate devo andare: è il mio analista.
Good luck and good night.
Sigla
Vivamente consigliato (solo in portoghese): A flor mais grande do mondo.
Roberto Erro
posted by Mauro Erro @ 09:49, ,
Champagne
sabato 26 giugno 2010
2.600 gli imbottigliatori, di cui 2000 recoltant manipulant, 150 le cooperative che assorbono 3.000 viticoltori e, infine, le grandi Maison in mano a grossi gruppi finanziari, possessori solo del 10% del vigneto Champagne, ma che producono il 75% del fatturato totale, il cui 90% è destinato all’export.
Basterebbero questi dati per far comprendere come sia per un degustatore affascinante e stimolante poter condurre un seminario sulla Champagne, ma allo stesso tempo come sia, quello sullo Champagne, un discorso spinoso pieno zeppo di luoghi comuni e stereotipi ingannevoli. Qui, sul sito di Luciano Pignataro, partner del progetto (Champagne in 20 calici e 4 appuntamenti) un breve resoconto e le note di degustazione di sei Champagne (da piccole vigne, of course :-)
posted by Mauro Erro @ 11:14, ,
Chablis & Chardonnay
venerdì 25 giugno 2010
Vitigno tanto amato da produttori e consumatori, grande capacità di acclimatamento in ogni dove, e tanto discusso allo stesso tempo, lo Chardonnay ha visto decuplicare negli ultimi 20 anni la superficie vitata da 30.000 ettari ad oltre i 200.000. Ettari dichiarati, ovviamente.
A cosa si deve tanto successo?
Ai più grandi vini del mondo, che vantano innumerevoli, ed inutili aggiungiamo, tentativi di imitazione e che a base Chardonnay, nel triangolo d’oro Borgogna-Chablis-Champagne, fanno commuovere anche il più ostinato detrattore della meretrice Chardonnay. Ma…
Ma lasciate ogni speranza di morbidezze, burrosità, e marmellata alla vaniglia da spalmare al mattino sul pane, gli Chabils, (5.000 ettari vitati, di cui 100 ettari destinati ai 7 grand cru a Nord del paesino esposti a sud est e che poggiano sul famoso Kimmeridge, gesso che regala profondità minerali inaudite) bisogna attendere almeno 5 – 6 anni per berli, dalle durezze assassine che privilegiano il pasto, gradazioni alcoliche mai elevate ed una complessità olfattiva dove il timbro minerale (si, in questo caso si può abusare del termine) detta legge e i legni, quando usati, servono semplicemente come contenitori d’affinamento. Non finirne una bottiglia, da soli, è battaglia improba da vincere.
Alcuni assaggi recenti di produttori che ci hanno piacevolmente colpito (e che possono rappresentare un ottimo affare per il consumatore).
Laurent Tribut (Chablis Premier Cru Beauroy 2008 – Chablis 2008)
Laurent Tribut coltiva cinque ettari in si cui trovano tre 1er cru, Beauroy, Montmain e Cote de Lechet; la vendemmia rigorosamente a mano e la prima spremitura vengono effettuate contemporaneamente con le uve del cognato Vincent Dauvissat (considerato uno dei punti di riferimento della denominazione) La fermentazione avviene in vasche di acciaio termoregolate e poi per l’affinamento si passa in piccole botti vecchie fino a venti anni provenienti da varie zone della Francia.
Indichiamo due vini assaggiati di recente che mostrano senza dubbio alcuno l’estrema personalità di questo produttore, si tratti di Premier Cru o Chablis “base”. Sapidità arrembante a dir poco, che si fonde nella materia in un tutt’uno provocando un brivido d’energia. Bevibilità animalesca. Acqua nel deserto.
Bessin (Chablis Grand Cru Valmur 2007)
Il “domaine” è a conduzione familiare. Jean-Claude e la moglie Evelyne gestiscono la vigna nel rispetto della tradizione. Tutte le parcelle sono vinificate separatamente. Cemento e legno per l’affinamento.
Quarta boccia bevuta e non siamo ancora sazi. Eleganza, materia, finezza, tutte racchiuse in questa bottiglia in un’annata di bella eleganza per uno dei Grand Cru più celebrati. Durerà a lungo.
Guy Robin (Chablis Grand Cru Valmur 2000 e 2001)
Da tre generazioni la famiglia Robin coltiva 20 ettari di vigneti situati nei più rinomati Grand Cru e 1er Cru. La vendemmia avviene a mano e dopo una fermentazione in vasche smaltate o di acciaio i vini passano in piccole botti di legno dove rimarranno per almeno 10 mesi prima di essere messi in bottiglia.
Due storie e mondi differenti, più coerente il secondo anche se più “allineato” per un evidente apporto da Botrytis, minerale e nervoso, leggermente scomposto il primo. Nasi di ampiezza e complessità da commuoversi. Entrambi, poco più che pargoletti.
Denis Race (Chablis Grand Cru Blanchot 2008)
Il domaine dei Race che da quattro generazioni producono vino si trova nel pieno centro di Chablis. Le vigne che oggi coltivano si estendono su 18 ha e la loro età varia da due a sessantacinque anni. La vinificazione si fa in acciaio compresa la fermentazione malolattica e l’affinamento continua in acciaio.
Per chi ama maggior succo al palato e nasi più intensi e “aromatici”. Grande potenza di bocca, ma grande eleganza allo stesso tempo. Da medio invecchiamento.
Tremblay Marchive (Chablis Premier Cru Montmains 2007)
Il lavoro in vigna è maniacale , in alcuni appezzamenti si fa l’inerbimento ed i trattamenti antimuffa non si fanno più essendo stati rimpiazzati da una maggior cura nella potatura verde, la raccolta avviene manualmente. In cantina la fermentazione avviene parte in acciaio e parte in legno, l’affinamento in acciaio.
Sottile, elegante, da attendere, spicca per facilità di beva e semplicità d’impostazione (al momento) che può tradursi in una certa mancanza di personalità forse, ma che, per l’appassionato consumatore, può rappresentare un buon modo per iniziare.
Tutti tra i 25 e i 60 euro al massimo.
in foto, Chablis, Grand cru Les Clos
posted by Mauro Erro @ 13:03, ,
Pausa caffè: Party
giovedì 24 giugno 2010
24 GIUGNO 2010 ore 22.00: FALO' DI SAN GIOVANNI - VIA
TRINITA' PATERNOPOLI (AV) - RITO PROPIZIATORIO, FESTA DELL'ESTATE, UN TUFFO
NELLA MUSICA E NELL'ENOGASTRONOMIA
PER RIVIVERE NELL'AIA ANTICHE EMOZIONI
-
ASPETTANO - INGRESSO LIBERO -
INFO. 349.2957565 - 338.5234241
come arrivare: uscita autostrada Avellino Est, proseguire S.S. ofantina direzione Paternopoli.
Luigi Tecce
Taurasi Docg Poliphemo 2006
€ 35/40
posted by Mauro Erro @ 14:42, ,
Crema di ceci con gamberi scottati e mercatino di Antignano
Adele Chiagano
posted by Mauro Erro @ 08:25, ,
Pausa caffè: Novità
mercoledì 23 giugno 2010
Scanzi mi garba.
Le sa dare. E quando dico che le sa dare, parlo di tecnica pura e semplice. Tecnica di penna, ovviamente. Usata a mo’ di fioretto o sciabola di volta in volta.
Talvolta sono intransigente. Che si scriva in un italiano non solo corretto non è un optional.
Non solo. È anche affilato come quelli che furono e che difficilmente trovi oggi.
Non ho ancora letto il suo libro, ma il suo blog cerco di seguirlo.
Mi piace quando lo leggo su Micromega ed ancor di più su La stampa. Quando riesco.
La recensione sull’ultima fatica di Ligabue era da applausi, ad esempio. E non ho ascoltato l’album.
Infine, con il vino se la cava niente male.
Nell’ambiente mi sa che un po’ lo si snobba. Anche perché lui dell’ambiente non è. Talvolta da l’idea del primo della classe, di quello so tutto io. E non ha sempre ragione. Ma fargliene un colpa addirittura.
D’altronde è sfrontato, bello, ha un discreto successo, due Labrador e sembra pure felice.
Quando è troppo è troppo.
Una bella novità come l’ultimo prosecco spumante Brut di Frozza, un cru da un’unica vigna, che ho stappato quando ho iniziato a scrivere questo pezzo.
E di cui mi rimane quest’ultimo sorso.
Con dedica.
Andrea Scanzi
Il vino degli altri
Viaggio alla scoperta dei migliori vini del mondo (e dei loro rivali italiani)
Ed. Arnoldo Mondadori Editore - Collezione Strade Blu
€ 18,50
Frozza
Prosecco di Valdobbiadene Brut Docg
Rive di Colbertaldo 2009
€ 7/9
posted by Mauro Erro @ 13:14, ,
Wine experience: I fantastici 4
La Torcia Umana: Ciro Picariello "che può generare fiamme e volare". Balsamico ed intenso al naso, acido e saporito sul palato. Profumi gioiosi e forieri di futura serbevolezza. Sì volare... davvero ti può far volare...
La Cosa: Sabino Loffredo (di Pietracupa) "mostruosa ed enorme, amico brontolone ma benevolo, che possiede forza e resistenza sovrumane dovute alla natura della sua pelle rocciosa". E' proprio lui, Sabino! Naso compresso e minerale, palato dal finale contrastato ma senza scalini...
(n.d.r. Si parla di Fiano di Avellino 2008)
posted by Mauro Erro @ 09:53, ,
Pausa Caffè: Effetti collaterali
martedì 22 giugno 2010
Dice che è esausta.
Lei. Che dieci anni sono troppi. Dopo tanto tempo ci si sposa. Non si può fare ancora i ragazzini.
Il sabato sera in pizzeria, la domenica al cinema. E poi basta. Dopo dieci anni insieme bisogna prendere una decisione.
Il sabato voglio andare al centro commerciale come tutti, mi fa.
Lui, invece, pensa al calcetto del giovedì.
Si ma, sto per dire io…
Tanto a casa, mamma cucina e rassetta, conclude lei.
Allora rabbocco il calice.
Buono, mi dice.
Aglianico, Vulture, Musto Carmellitano, 2008.
Le uniche cose che riesco a dire. Dopo due ore.
Vulture le ricorda la gita ai laghi. Quelli di Monticchio. Quando erano felici. E altre due ore a parlare.
Ma lui ha un’altra. Ne è sicura, non c’è altra spiegazione, dice in conclusione. Ma non è la conclusione.
Le donne reggono bene l’alcol. Non so se fosse tutto farina del suo sacco o se con il vino ha perso qualsiasi freno inibitorio.
La prima bottiglia era già finita. Dopo 14 gradi rimane solo un superalcolico ed io non avrei retto. Per cui ne abbiamo stappata un’altra e poi un’altra ancora.
Quasi la strozzavo.
Musto Carmelitano (in foto Elisabetta)
Aglianico del Vulture Serra del Prete 2008 Doc
€ 10/13
a
posted by Mauro Erro @ 13:50, ,
Prove Tecniche di The Bottle, un dj in vigna: the bottle
Va bene cominciamo subito.
Un dj in vigna. Sono onorato e stimolato.
Il titolo. Come cazzo chiamare una rubrica di un dj vignaiolo?
Parte d’istinto message in a bottle, ma sting non mi è mai stato troppo simpatico anche se qualche grande pezzo e almeno un grande album, synchronicity, l’ha fatto.
Allora semplifico, e diventa the bottle che invece è di uno assai simpatico, è il pezzo più famoso di quel grand’uomo di gil scott heron, annata 1978, uno dos tres quatro….
his ol' man's in a bottle…
See that sista, sho wuz fine before she
started drinkin' wine…
And don't you think it's a crime
when time after time, people in the bottle.
Ma come parliamo di vino, di eccellenze e qualità e arriva ‘sto ubriacone che “a dollar now for a bottle of wine..”, parla di alcolismo, di vino da un dollaro a bottiglia…
The message, allora: 1982, Grandmaster Flash and the furious five. Un pezzo che sta al rap e a tutta la musica da club come un grande ulivo centenario che si guarda intorno e vede tutto che si muove e cambia e lui sta là fermo immobile, impassibile, sempre ammirato, e il vento muove le sue fronde con un ritmo incalzante:
Oh I heard it through the grapevine,
Oh and I'm just about to lose my mind…
Credits
Message The Bottle – Police 1979
The Bottle – Gil Scott-Heron 1978
The Messagge – Grandmaster Flash and the furious five 1982
I heard it through the grapevine – Marvin Gaye 1966
foto di Misha Ricther: Gil Scott-Heron
a
posted by Mauro Erro @ 08:17, ,
Madonna dell’Olivo e l’olio di Antonino Mennella
lunedì 21 giugno 2010
Adele Chiagano
Olio extra vergine d’oliva denocciolato Madonna dell’Olivo 500 ml
10,00/15,00 €
Madonna dell’Olivo
Via Garibaldi, 18 - Serre (SA)
Tel: 0828-974950
info@madonnaolivo.it
www.madonnaolivo.it
posted by Mauro Erro @ 18:43, ,
Prove tecniche di Nip e Draff, i chiaroscuri della birra: Color tonaca di Frate
In pratica raccogliete tutto quello che verrà scritto qui ma non bevetevi tutto quello che vi diremo. Il mondo del nettare di Gambrinus è molto più vasto e complesso di come ce lo immaginiamo e la sua storia (ma anche geografia viste le evoluzioni degli ultimi tempi) è tanto vasta quanto inesplorata. Considerateci quindi come dei propositori o dei suggeritori tutti da testare perché non basta leggere che la Westvleteren è il massimo se non l’avete mai bevuta. E poi secondo voi a quale delle tre ci riferivamo? Alcuni diranno la 12 è ovvio. Ma quanto è scontata la risposta se non conoscete il sapore di una Westvleteren Blonde o non avete mai versato in una coppa una Westvleteren 8. Speriamo che vi venga la voglia di assaggiarle e riprovarle, di passare per l’Abbazia di Nostra Signora di St. Sixtus di Westvleteren (non senza prima aver telefonato il giorno prima e dato il vostro numero di targa) per ritirare una cassa di quelle che i monaci vi daranno (e non di quella che vorrete), o comunque per fermarvi nel loro locale “In de Vrede” sedersi è ordinarla. Quale? Quella delle tre che vi ha più colpito o quella delle tre che vi ha meno entusiasmato almeno per darle un’altra possibilità. Se lo farete vi renderete conto che sebbene si tratti di monaci cistercensi e sebbene facciano vita monastica, come si dice dalle nostre parti, alzano i soldi con la pala! Non è vero cari fraticelli dell’abbazia di Notre-Dame de Scourmont (Chimay per intenderci)?
Si è vero ai nostri cari monaci va il merito di aver dato sede fissa all’arte birraria (entro le mura dell’abbazia), nonché continuità storica tramandando la metodologia brassicola belga (una delle più complesse e imitate al mondo). Facciamo riferimento ai primi quaderni di brassaggio in cui le note dei vari step della produzione venivano riportati fedelmente, come ad esempio l’inoculo del mosto che poteva avvenire previa immersione della mano nel mosto per rilevarne lo stato ottimale o quando si riusciva a vedere la propria immagine riflessa in superficie. Certo è che oggi daremo a tale pratica una valenza da mago-alchimista, ma se valutiamo che il termometro di Fahrenheit è stato invento nel 1714 e l’idrometro di Marin nel 1768 tutto sembra aderire all’evoluzione storica della birra. A questo aggiungiamo anche la tecnica della rifermentazione in bottiglia o delle tre estrazioni da un'unica miscela di malti attraverso cui si dava vita a tre tipologie birrarie : la prima melior, la secunda e la tertia. La Prima melior, birra forte e gustosa era venduta per sostenere il monastero, la secunda, diciamo una birra da tavola, toccava ai nostri fraticelli e la tertia … beh quella la si offriva ai mendicanti. E voi a quale categoria appartenete? Gustativamente parlando s’intende!
posted by Mauro Erro @ 08:56, ,
Prove tecniche di Good Luck & Good Night: Tango e Co.
domenica 20 giugno 2010
Il prossimo che dice che Napoli è un posto losco, lo mando a Buenos Aires.
Il prossimo che dice che Napoli è un agglomerato urbano senza senso, lo mando a Buenos Aires.
Il prossimo che dice che Napoli è piena d’immondizia, lo mando a Buenos Aires.
Non è per parlare male della capitale Argentina, ma per difendere la mia città, così come l’ho difesa oltre oceano in presenza di 4 imbecilli compaesani che ne parlavano a sproposito, descrivendola tutta camorra e munnezza, pizza e mandolino, traffico e babà.
Ci sono mille buone ragioni oltre Scaturchio e Marinella per venire a Napoli.
E mille per visitare Buenos Aires. Il tango, per esempio: quello old-style e quello rivisitato, il tango elettronico che ha fatto la fortuna dei Gotan Project e di altri gruppi emergenti che hanno investito sulle proprie tradizioni, reinterpretandole in chiave moderna. E poi il calcio... e poi la carne: più alta che larga, soffice e succulenta - attenzione però alla parillada mista che prevede oltre a differenti tagli di carne, interiora come intestino, trippa, rene...
Il prossimo che dice che Napoli e Buenos Aires sono brutte lo mando a fanculo.
Good luck and good night.
Sigla.
Roberto Erro
foto modifica da Tango di Hugo Pratt
a
posted by Mauro Erro @ 09:38, ,
Prove tecniche di Pausa Caffè: Grandeur?
sabato 19 giugno 2010
I francesi mi sono sempre stati cordialmente antipatici.
Ne ho conosciuti alcuni amabili certo, tal’altri persino divertenti, ma l’aspirazione di grandezza che covano perennemente alla fin fine esce sempre fuori, quasi stucchevolmente.
Qualche volta, questa sorta d’ingenuità che li accompagna, quest’atto di fede alla rivoluzione e alla nazione è persino preferibile al nostro cinismo. Talvolta.
Diciannovesimo del primo tempo, Hernandez. Uno a zero. Palla al centro.
Quando apprendo la notizia, come Paolo Conte aggredisce il piano cantando Bartali che aggredisce la salita io aggredisco lo Chablis di Tribut, chardonnay sapido e sassoso. E i francesi che s’incazzano, dice Conte. Infatti questo vino è incazzatissimo.
Mi è venuto in mente Sordi nel Marchese del Grillo di Monicelli quando rivolto al capitano francese gli fa: voilà la différence, se tu parli male di me o del Papa, io ci rido, se io parlo male di te e del tuo Napoleone, tu t’incazzi.
Moi?
Toi et tous le francais comme toi.
Talvolta provo persino tenerezza.
Settantottesimo minuto del secondo tempo, calcio di rigore. Blanko. Francia 0, Messico 2.
Ed il sapore del vino era meraviglioso.
Il marchese del Grillo
Un film di Mario Monicelli.
Con Alberto Sordi, Caroline Berg, Andrea Bevilacqua, Flavio Bucci, Giorgio Gobbi.
Commedia, durata 133 min. - Italia, Francia 1981.
Laurent Tribut – Poincy
Chablis 1er cru Beauroy 2008
25/30 euro
posted by Mauro Erro @ 13:07, ,
Cece di Cicerale
Lo stemma municipale del piccolo centro riporta, accanto ad una piantina di ceci, la scritta: “Terra quae cicera alit” – terra che alimenta i ceci – da questo e dal fatto che da millenni nel territorio di Cicerale si coltiva il prezioso legume, pare che derivi il suo nome. In ogni caso, onomatopea a parte, il territorio di Cicerale è stato da sempre vocato alla produzione dei ceci, ancora oggi in corsa per la Igp. Da una quindicina di anni, infatti, dopo un lungo abbandono per “cause” più remunerative, grazie all’intuizione (alleluia) di un’amministrazione comunale lungimirante la coltivazione del cece ha ripreso ad essere una risorsa importante per questo territorio. Coltura, tra l’altro, che segue un disciplinare molto rigido, imposto dalla stessa amministrazione, che prevede la pratica di un’agricoltura biologica e l’assoluto divieto di irrigazione.
Tra i legumi i ceci sono i più calorici, hanno una percentuale di grassi più alta e hanno un ottimo equilibrio di nutrienti. Sono ricchi di amido, sali minerali, fibre e vitamine A e C e sono ricchissimi di potassio e di componenti essenziali grazie ai terreni di produzione. La pianta del cece è piccolina, raggiunge un’altezza massima di 50 cm, ma ha radici molto profonde e in ogni sua parte, salvo i petali, presenta una peluria abbastanza densa. Il frutto è un legume costituito da un baccello rigonfio, corto e coriaceo, che racchiude al suo interno uno o due semi: questi sono i ceci che mangiamo. Il cece di Cicerale è più piccolo e un po’ più scuro rispetto ai ceci normali, ma ha una grande resa, in quanto l’umidità presente nel cece è davvero bassa: questo fa sì che in cottura il legume si ingrossi parecchio. Il periodo di raccolta del cece è proprio quello estivo, a Cicerale si raccoglie a luglio. Le piante vengono estirpate e poggiate su sacchi di juta, coperte e “abbacchiate” con grossi bastoni di legno in modo che i baccelli si separino dal frutto.
Questo legume in cucina è più versatile di quanto s’immagini e oltre alle preparazioni classiche che da queste parti lo vedono presente in zuppe e paste fatte in casa, può tranquillamente sposarsi con gli accompagnamenti più insoliti. Regge egregiamente l’abbinamento con varie tipologie di pesce, tra cui polipi e gamberi, ma si esprime benissimo anche in versione più dolce. La classica accoppiata salernitana è con le lagane, una sorta di tagliatella irregolare a base di farina di grano duro e acqua: l’amido della pasta lega con quello dei ceci insaporiti con aglio e peperoncino piccante soffritti in olio bollente. Stesso discorso vale per le “matasse”, prelibata pasta fatta in casa, ottima anche con i fagioli, che prende il nome dalla particolare lavorazione a mano, a mo' di gomitolo di lana (per la preparazione potete farvi un’idea guardando questo video) piatto tipico oltre che di Caposele (AV) anche di un piccolo comune della provincia di Salerno, Campagna. Un’ottima matassa con i ceci potete mangiarla, infatti, presso il Ristorante La Bersagliera al centro del piccolo paese oppure durante la festa “Portoni Ghiottoni” - nella prima settimana di agosto- durante il tour tra un portone e l’altro a caccia delle prelibatezze gastronomiche del luogo.
Nel Cilento invece c’è l’imbarazzo della scelta. A San Mauro Cilento presso il Ristorante Al Frantoio - laboratorio di ricerca gastronomica della Cooperativa Nuovo Cilento, il più grande produttore di olio biologico del territorio cilentano - potete gustare i migliori cicci maritati, piatto tipico cilentano con i ceci, il granoturco, il grano, l’orzo, le fave, i piselli, i fagioli e le lenticchie, insaporiti da un battuto di olio, prezzemolo e aglio e serviti su pane biscottato integrale. Ceci in tutte le salse li trovate all’Osteria Arco Vecchio a Montecicerale, frazione di Cicerale, mentre un posto incantevole dove mangiare ceci e tant’altro, si trova proprio nel territorio di Cicerale, nella splendida valle di Corbella ed è gestito da una donna altrettanto incantevole. Andare a mangiare all’Agriturismo Corbella rappresenta un’esperienza mistica: qui è il regno dei ceci, del fico bianco, del corbezzolo e del mirto. Ma ritorniamo ai ceci: Giovanna trasforma sapientemente, grazie alla sua esperienza, ma anche alla sua audacia e fantasia, gli splendidi legumi. Potete acquistare, in vasetti dalle diverse pezzature, ceci sott’olio, ceci sott’olio con la zucca, ceci in gelatina di vino aglianico, in gelatina di limone o di mirto e arance. E ancora ceci con le scorzette d’arance, crema di ceci, crema di ceci con la zucca oppure pesto di ceci e borragine, pesto di ceci e ortiche selvatiche. Consiglio ai diffidenti di assaggiare la marmellata di ceci e arance o quella di fichi secchi e ceci, magari accompagnata a qualche gustoso formaggio della zona. Per acquistare i ceci di Cicerale consiglio, invece, l’azienda Agricola Michele Palumbo, sempre a Cicerale.
Adele Chiagano
Laboratorio di ricerca gastronomica Al Frantoio
Località Ortale – San Mauro Cilento (SA)
Tel. 0974/903243
alfrantoio@cilentoverde.com
Arco Vecchio
Via Roma – Montecicerale - Cicerale (SA)
Tel. 0974.834187
www.osteriaarcovecchio.it
Ristorante La Bersagliera
Piazza Arnaldo Cantalupo, 6 – Campagna (SA)
0828 46188
Agriturismo Corbella
Località Viscigline - Val Corbella - Cicerale (SA)
Tel. 0974 834511 - 0974 838217
Fax 0974 838422 - Cell. 335 1410567
www.agriturismocorbella.it - info@agriturismocorbella.it
Azienda Agricola Biologica di Michele Palumbo
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posted by Mauro Erro @ 09:33, ,
Prove tecniche di Pausa caffè: Whisky e Mosella
venerdì 18 giugno 2010
Ieri sera apro un Lagavullin 16 anni. Scotch whisky.
Mi vengono in mente Kerouac ed Hemingway. Chissà perché.
Uno amava il Porto e l’altro il valpolicella che teneva sul comodino.
Poi penso a Bukowsky. Non si è ammazzato come Kerouac con l’alcool, anche se ci è andato vicino un certo numero di volte. Ci ha affogato i suoi dispiaceri come Ernest e se non si è sparato in bocca una spiegazione c’è e si chiama riesling tedesco. Per uno che è andato avanti a birra e whisky scadenti per tutta la vita un po’ di soldi per comprarsi quel toccasana ha fatto la differenza. Gli ha allungato la vita. Alla fine è riuscito a farsi anche una piscina. E due gatti.
Allora ho messo da parte la bottiglia e sono sceso in cantina: Prum, 1994, Mosella, auslese.
Mi sono attaccato alla bottiglia.
E non l’ho lasciata neanche quando è finita.
L’ho portata con me a letto.
Birra, fagioli, crackers e sigarette. Lettere (2)
di Charles Bukowski
ed Minimum fax
€ 12
Wehlener Sonnenuhr Auslese 1994, Joh. Jos. Prüm
€ 40-60 (credo)
a
posted by Mauro Erro @ 09:48, ,
Prove tecniche di Wine Experience: Elogio della curiosità
giovedì 17 giugno 2010
posted by Mauro Erro @ 10:47, ,
On-Air: il Live del Viandante
mercoledì 16 giugno 2010
Il viandante è nato, tempo fa, con la sola voglia di avere un mio piccolo spazio dove poter annotare, sotto forma di scrittura di viaggio, il mio percorso, le mie bevute, le persone che s’incontrano nel pellegrinare. Mi è sempre piaciuta l’idea figurativa di me che, infilate un paio di cuffie, parlavo al microfono.
Un piccola radio amatoriale.
Libera radio in libero stato.
Il nuovo sito di cui vi abbiamo dato più volte notizia sta prendendo forma (qui), ci stiamo lavorando. Allo stesso tempo, io, come Adele, siamo sempre più impegnati (e speriamo di esserlo sempre più) in questo che è anche il nostro lavoro, collaborando a “faccende giornalistiche varie” e non solo. Ma blogger nacquimmo e vogliamo continuare ad esserlo.
Il nuovo sito avrà tutto questo, anche spazi dedicati alle cose che facciamo oltre scrivere, perché per noi, cibo e vino, non sono solo qualcosa di virtuale, ma qualcosa che passa attraverso gli incontri, le pacche sulle spalle e la condivisione. E gli amici.
On-air sarà la nuova sezione del viandante, una sorta di Live indipendente per stare sempre più insieme, in contatto con voi che ci leggete e ci seguite e che vi arrabbiate quando non lo aggiorniamo spesso. Ci sarà un gruppo di persone che con noi cureranno un loro spazio e parleranno con voi, come fossero davanti un microfono per stare in compagnia. Alcune sono delle vecchie firme del web gastronomico, altre delle simpatiche novità, altri arriveranno (speriamo; se qualcuno volesse far parte del gruppo, con una buona idea, basta che scriva qui: mauroerro@gmail.com). Caso ha voluto che è tutto made in Sud. La cosa ci fa piacere.
Una piccola presentazione di ciascuno di loro.
Roberto Erro (Good luke & good night)
Medico, specializzando in Neurologia, ha fondato con il fratello il laboratorio enoico divinoinvigna. Ama gli Champagne, le birre, i cocktails. Non necessariamente in quest’ordine. Ama tant’altre cose (ma non tutte si possono scrivere pubblicamente).
Fabio Cimmino (wine experience)
Sommelier e giornalista enogastronomico indipendente, è stata una delle primissime firme del mondo web. Ha scritto per tutte le storiche testate on-line e ha collaborato con molte cartacee. Ma il polso ancora non gli duole. Da sempre, si professa convinto sostenitore dei vini naturali.
Angie Musci (l’appartamento spagnolo)
Master Professione cuoco presso la Città del Gusto GHR di Roma è l’autrice di uno dei primi food blog: taralucci e. Chef di corsi di cucina, vive a Madrid.
Gianulica Polini e Francesco Immediata (Nip & Draff, i chiaroscuri della birra)
“Publican” dell’Ottavonano, una delle più belle birrerie d’Italia e degustatore di birra il primo, Biotecnologo Industriale, grande appassionato ed esperto brassicolo l’altro.
Salvatore Magnoni (the bottle, un dj in vigna)
Dj delle notti partenopee e delle prime feste sulla spiaggia, fondatore di uno storico spaccio di buona musica partenopeo, da dieci anni si è ritirato nella sua campagna. Agricoltore che produce olio e vino nel cuore del Cilento.
Adele Chiagano
Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico presso la Città del Gusto GHR di Roma, ha esercitato la professione occupandosi anche della tristissima cronaca bianca, assessori e delibere comunali comprese, per Il Mattino. Non solo: guide gamberine varie, la concorrenza pure per non farsi mancare niente e riviste di tanto in tanto, è stata autrice di uno dei primi food blog – viola melanzana – . Continua a mangiare, nonostante le innumerevoli indigestioni.
Be’, di me già sapete troppo.
posted by Mauro Erro @ 12:40, ,
1162. Salvatore Magnoni from Rutino
C’era un lungo bancone di legno che ci separava: lui saltava da un disco ad un cliente tra una chiacchiera e l’altra ed io scartavo cd usati messi in apposite casettine alla ricerca di un affare. Fare filone a scuola ed andare in un buon spaccio di musica mi sembrava un modo migliore d’impiegare il tempo all’epoca.
Probabilmente lo penserei ancora oggi.
Quindici anni dopo caso ha voluto che ci incontrassimo di nuovo a Rutino, paesino del Cilento.
Salvatore è un dj che ha movimentato tante delle nottate partenopee, le prime feste sulla spiaggia ed è stato il fondatore di Fonoteca, uno storico locale vomerese – quartiere borghese di Napoli – dove ho trascorso tante giornate alla ricerca di un vecchio cd dei Rolling Stones piuttosto che dei Beatles, dove ho comprato il mio primo album dei Pearl Jam e fatto innumerevoli scoperte.
Ormai sono dieci anni che Salvatore è tornato nella sua Rutino, un paesino di neanche mille abitanti e qualche illustre cittadino (molti dei quali di cognome fanno Magnoni), per far l’agricoltore.
Sta recuperando il vecchio casale abbandonato dai primi del novecento quando suo nonno decise di emigrare negli Stati Uniti perché ormai le terre non erano più redditizie per via dei coloni che emigravano anch’essi in qualche paese del Sud-America. Oggi è grazioso Bed and Breakfast. Produce uno squisito olio da Salella e il suo vino, curato da Bruno De Conciliis, di cui è diventato il personale pusher musicale, Primalaterra.
Da quest’anno (sarà commercializzata da settembre in poi), si affianca questa sorta di riserva d’Aglianico, prodotta in 1162 esemplari tanti quanti furono i garibaldini di cui fece parte il più celebre tra gli avi di Salvatore, Michele Magnoni.
Ogni bottiglia è numerata e reca il nome di battesimo della camicia rossa, una bottiglia “dedicata” per i 150 anni dell’unità d’Italia.
Parleremo, anzi, parlerà diffusamente sul nostro nuovo sito Salvatore Magnoni, curando una divertente rubrica di cui diremo in seguito. Per chi volesse nel frattempo conoscerlo, domani sera, al Palazzo delle arti di Napoli, troverà lui, il vino, l’olio, i formaggi di Mariacarmela e la musica, ovviamente.
posted by Mauro Erro @ 09:01, ,
Street food e Kebab
lunedì 14 giugno 2010
Non solo in Italia – dove pare che i nomadi abbiano diffuso questa pratica alimentare forse tremila anni fa accolta molto bene dai nostri antenati romani: da Berlino a Bangkok, da New York a Shangai, mangiare per strada è un’abitudine comune, tradizionale e pratica, che offre al consumatore/passeggiatore un momento di condivisione collettiva (mangiare per strada è un fatto pubblico, anche se si è soli), detta mode e tendenze ed è capace, come in passato, di mescolare e fondere gli usi e i consumi alimentari più disparati, tanto da riadattare e occidentalizzare (nel nostro caso) molti cibi.
E se un tempo l’abitudine di consumare i pasti in piedi, velocemente, sostando in locali semi-aperti adiacenti alla strada (strutture, tra l’altro, ancora presenti tra le vestigia di Pompei) era prerogativa quasi esclusiva delle classi popolari che vivevano la strada, con l’avvento dell’industrializzazione e dell’entrata nel mondo del lavoro delle donne, il fenomeno aumenta. E se ai tempi dei romani mangiare per strada o mangiare velocemente era un sacrilegio, un fatto poco serio, oggi la pratica fa tendenza e ultimamente, con la crisi che avanza, è quasi una necessità!
Pensiamo ai Fast Good di Ferran Adrià ideati per offrire un servizio rapido, economico e di qualità, ai Pret a Manger londinesi o all’Atelier di Joel Robuchon. Ma al di là delle novità lanciate da cuochi affermati e non per garantire qualità e rapidità low cost o dar fastidio agli ammazza/fegato Mc Donald’s, il cibo di strada più affascinante e più vero rimane quello degli ambulanti o dei piccoli locali che affacciano sulla strada delle città. Al musso di porco o alle pizze a portafoglio da anni ormai e un po’ dappertutto si accompagna il kebab.
Un fenomeno dilagante anche in Italia dove, seppure arrivato in ritardo rispetto agli altri paesi occidentali, non ha tardato a diventare una star! Oltre ad essere buono il piatto arabo/turco/persiano a base di carne è stato al centro delle cronache nazionali per essere diventato l’emblema della xenofobia italiota. Additato come cibo minaccia per il made in Italy è riuscito a diventare motivo di vera e propria lotta politica. Tutti ricordano il divieto (nato dietro la spinta della Lega, per arginare il “fenomeno kebab” dello scorso aprile 2009) di consumare cibo sui marciapiedi fuori dai locali, con sanzioni fino a 3 mila euro, per combattere “gli assembramenti” sui marciapiedi, fuori dai ritrovi etnici. Il kebab o meglio, il “doner kebab” o “kebab che gira”, come lo conosciamo noi, è quel grande ammasso di carne (solitamente agnello e manzo, montone o pollo) tagliato a fettine, condite o marinate, sagomato e poi infilato nello spiedo verticale in modo da diventare un grosso cilindro, alla sommità del quale vengono infilzate parti grasse che servono a evitare l'eccessivo abbrustolimento ed essiccamento. Il tutto viene poi messo a ruotare vicino a una fonte di calore dove la carne viene tagliata dal basso verso l'alto e servita all'interno di panini o in un piatto vero e proprio (ma raramente), con verdure miste e varie salse come l’harissa piccante, l'hummus di ceci, il tahine e il tzatziki. Una delle capitali dello Street food è Napoli, famosa per le sue friggitorie e prima ancora per i “carnacottari” o i “maccarunari” (i quali vendevano il piatto in bianco con formaggio e pepe che costava due soldi ed era detto 'o doje allattante, e i maccheroni al sugo di pomodoro che costavano tre soldi ed erano detti 'o tre garibbalde con riferimento alle camicie rosse garibaldine), ha invece ben accolto l’esotico piatto. Il kebab, la cui versione classica è diventata quella con lo sfilatino (baguette), maionese e patatine fritte, nella capitale partenopea ha vari indirizzi di richiamo. Uno dei più storici, dove si respira un’aria mediorientale è El Marhaba in via Torino 121, alle spalle della stazione centrale.
Ottimo anche Aladdin in via Sant’Anna dei Lombardi, nel cuore del centro storico di Napoli a pochi passi dalla facoltà di architettura. Ormai i kebab fanno parte dei menù di pub e birrerie più disparate, tanto che c’è anche chi, come lo storico Babette in via Caravaglios 27, a Fuorigrotta, tra i crostoni e i fritti all’italiana, ha inserito nel suo menù l’esotico panino. Mentre chi vuole osare la fusion completa pare esista la pizza al Kebab alla pizzeria Cerveza a Saviano (Na), proprio all’entrata del paese: una pizza bianca con mozzarella, kebab, patatine e aggiunta di salsette piccanti. Ce n’è per tutti i gusti insomma. E se dobbiamo ricordarci, al momento di ordinare il nostro kebab, di specificare che non vogliamo la versione “classica” bensì quella “antica” servita nel pane arabo, dobbiamo altresì ricordare di rispettare un piatto che ci ha permesso di scoprire, per quanto occidentalizzati, gusti e sapori nuovi e che rappresenta, come un tempo furono la pizza e gli spaghetti, un esempio di integrazione culturale, scambio e incontro tra popoli lontani e diversi.
Iggy Pop - The Passenger -
Adele Chiagano
posted by Mauro Erro @ 08:33, ,
Tu chiamali, se vuoi, vinelli (io no)
venerdì 11 giugno 2010
Avendo io una compagna di viaggio, capita anche che sia lei a scendere giù in cantina. Capita anche commetta qualche infanticidio come quello dell’altra sera: Verdicchio di Matelica Collestefano annata 2006. Ne abbiamo già ampiamente parlato qui, ma repetita iuvant. Ci troviamo nell’Alta Valle dell'Esino, un territorio compreso nella parte montana del bacino del fiume Esino. La sua collocazione nel bacino interno marchigiano fa sì che, contrariamente alle altre valli della regione, sia disposto lungo la direttrice nord sud e sia escluso dagli influssi climatici del Mar Adriatico. I Marchionni, coltivatori presso terzi da sempre, hanno acquistato il loro primo pezzetto di terra nel ’78. Anche i più ostili detrattori di questo vino verticalissimo potranno, se vorranno, ricredersi assaggiando questo millesimo. Un naso ampio e complesso nelle note floreali, balsamiche, d’erbe e sassose, che si alternano continuamente. Bocca impressionante, polpa, materia, mineralità arrembante e acidità trascinante. Ne avrà ancora per tanto, tantissimo tempo.
Ah, entrambi, in una buona enoteca viaggiano tra i sette e gli otto euro.
E non dite che non vi avevo avvisati.
posted by Mauro Erro @ 09:16, ,
Arancine di riso al ragù
mercoledì 9 giugno 2010
In Sicilia la si trova dappertutto e assume forme e declinazioni diverse a seconda delle zone. Assumeranno un aspetto a cono nel messinese, ovale a Catania. Saranno ripiene di ragù, di solo burro o di burro mozzarelle e prosciutto, di melanzane, di spinaci e mozzarella, con l’aggiunta di zafferano e persino di pistacchi di Bronte. La versatilità non ha confini: vengono preparate, infatti, persino con il cacao ricoperte di zucchero (solitamente per la festa di Santa Lucia il 13 dicembre) o alla crema gianduia (soprattutto nella zona di Palermo) e al cioccolato. La costante sarà, piuttosto, che in qualsiasi luogo vi capiterà di gustarla, vi diranno che è la più buona. Questa modalità di preparazione è utilizzata anche in altre zone d’Italia, a Roma le arancine diventano supplì e a Napoli palle di riso. Ad accomunarle è il loro essere un emblema dello Street food tutto made in Italy. Ma siamo sicuri che l’arancina sia proprio made in Italy?
Questa splendida e croccante palla di riso, alla fine non è altro che una torre di Babele modellata! Il riso e lo zafferano introdotti dagli arabi, diventano una pallina con panatura. L'invenzione della panatura viene fatta risalire alla corte di Federico II, quando si cercava un modo per recare con sé la pietanza in viaggi e battute di caccia perché assicurava un'ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità. Il pomodoro come ben sappiamo fu introdotto dagli spagnoli in seguito alle loro conquiste nelle Americhe, il ragù è un tipo di condimento francese mentre mangiare con le mani ci mette in collegamento con l’Oriente. Come insegnano i cinesi, infatti: il cibo è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, il gusto, l’olfatto, la vista, l’udito e naturalmente il tatto. Quello che noi identifichiamo come un piatto di tradizione altro non è che il frutto del suo tempo, si modifica e si costruisce per poi assumere quella identità che lo qualifica adesso in un luogo. Le sue radici, invece, sono i luoghi e gli spunti da cui ha tratto origine.
Questa è la ricetta delle arancine di mia madre, di origine trapanese, rimodellatasi nel tempo a causa di quattro bambini poco gourmand che costrinsero la nonna a renderla più “soft”
Ingredienti per circa una trentina di arancine
Per il riso:
1 kg di riso Super fino Arborio
150 gr di burro
grana o parmigiano grattugiato
3 uova (uno intero e due tuorli)
sugo di pomodori
sale
Per il ripieno:
300 gr di carne di vitello macinata
1 scatola di piselli
pomodori
Per la lavorazione e frittura delle arancine:
2 albumi
pan grattato
Olio di semi di girasole
Cuocete il riso e scolatelo al dente. Una volta scolato aggiungete il burro, poco sugo di pomodori (praticamente il sugo che si utilizza per i maccheroni magari passata), un uovo intero e 2 tuorli, formaggio grattugiato. Mescolare energicamente. A parte preparate il ripieno: rosolate la carne macinata, che potete sfumare con del vino bianco, aggiungete i piselli e infine il sugo di pomodoro preparato precedentemente e utilizzato in parte per il riso, salare e pepare. Passate quindi alla "costruzione" delle arancine. Formate una metà pallina facendo attenzione che il riso sia ben legato, scavate leggermente al centro e versatevi due cucchiaini colmi del ripieno, prendete altro riso e chiudete la pallina. Passate l'arancina prima nell'albume e poi nel pangrattato. Continuate fino ad esaurimento riso e friggete in abbondante olio bollente. Servite calde, ma naturalmente son buone anche fredde!
Adele Chiagano
Foto 1 Palermo, chiesa di Martorana, di Giampaolo Macorig
posted by Mauro Erro @ 08:21, ,