2009

Siamo ancora vivi.
Cause di forza maggiore (il duro lavoro) ci hanno tenuto lontano dal blog e da voi non permettendoci neanche di augurarvi un sereno Natale (scusateci, nostra dannatissima colpa), e privandoci di quel poco di tempo che dedichiamo al piacere di raccontare cibo e vino.
Abbiamo pensato anche a voi, però, nel frattempo, e a questo blog facendo impazzire, io in particolare con le mie isterie, i webmaster (chiedo scusa a Carmine e Gianni - anche se Natale è passato mi sento buonissimo - ) per delle novità che ci attendono in questo 2010.
Ecco, siamo già con la testa al 2010 e alle nuove avventure che ci aspettano e che vi sveleremo mano a mano, che diviene difficile fare un bilancio del’anno trascorso.
I bilanci, tra l’altro, non mi sono mai piaciuti.
Non ne farò, quindi, lasciando il misurino e ricordando il 2009 come un anno denso di esperienze ed emozioni, d’incontri, di errori, di cose fatte e di cose, soprattutto, imparate. Un anno che sembrano tre. Ah, ormai tutti voi vi sarete rassegnati alla coabitazione con Adele (credo di non aver mai fatto le presentazioni) e alle sempre più interessanti derive gastronomiche di queste pagine. Con lei ho condiviso gran parte di quest’anno come ulteriore arricchimento.
Di seguito una traccia, personalissima e soggettiva, di questo 2009, delle bottiglie che mi sono rimaste impresse nella mente e nel cuore per chissà quale motivo affiancate dalle canzoni che ci hanno accompagnato lungo il percorso.
Successivamente i best price (miglior rapporto prezzo – qualità) e le bottiglie che più mi sono piaciute. Infine, solo alcuni momenti personali che porterò con me in questo nuovo anno tralasciando alcuni che conserverò solo ed esclusivamente nella mia memoria e nel mio cuore.
Auguri a tutti, che il 2010 sia un anno denso di soddisfazioni e prosperità per ciascuno di voi.

Gli emozionanti

Chambertin Grand Cru 1999, Armand Rousseau - Franz Ferdinand - Can't Stop Feeling
Barolo Collina Rionda 1982, Bruno Giacosa - Rem e U2 - One
Karthauserhof Eitelsbacher Kartauserhofberg Riesling Eiswein 2002 - Ska-P – Legalización
Volnay 1er cru Les Fremiets 1971, Joseph Voillot - Nortec - Nortna del sur
Colli Orientali Friuli Galea, 1997, I Clivi - Radiohead - Weird Fishes
Gavi dei Gavi Etichetta Nera 1989, Tenuta la Scolca - No Braino - I signori della Corte
Polvanera 17, Primitivo di Gioia del Colle 2006 - Roy Paci - Malarazza
Barbacarlo Oltrepò Pavese, 1983, Lino Maga - 99 Posse - ‘O documento
Fara 1958, Dessilani - Soda shop - Jay Brannan
Corton-Charlemagne Grand Cru 2006, Bonneau du Martray - Cassius - Toop Toop

Best Price

Barbera Terra Colli Tortonesi 2008, Walter Massa
Greco di Tufo 2008, Cantine dell’Angelo


Quelli che ci son piaciuti (limitandoci a 10, ovviamente)

Outis Etna rosso 2004, Biondi
Pinot Nero Sant’Urbano 1995, Hofstatter
Blauburgunder Pinot Nero 2006, Garlider
Romanèe St.Vivant Grand Cru 1999, DRC
Fiano di Avellino 2004, Ciro Picariello
Maestro Raro 2004, Felsina
Boca il rosso delle donne 1985, Castello Conti
Chianti Classico riserva 1985, Castell’in Villa (da segnalare Chianti Classico riserva 2006 La Porta di Vertine e il pari annata di Podere Scheggiolla)
Cote Rotie, La Comtesse Blonde 2006, Domaine Pichon
Barolo Brunate 1996, Marcarini

Il personaggio 2009

Luigi Tecce, Viticoltore a Paternopoli , autore del Taurasi Poliphemo (foto con cappello di Jenny Auriemma)

Le parole più belle che ho letto (sul vino, ovviamente) sono quelle di...

Armando Castagno e Francesco Falcone

L’avventura più bella

Le Piccole Vigne

L’immagine

Il Monte Rosa illuminato dal sole visto dalla vigna Caramino e il mare di Camerota al tramonto dei primi di settembre

Il momento

Quello che verrà.

posted by Mauro Erro @ 19:08, ,


Piccole Vigne a Terra Madre Campania


Noi difendiamo la diversità.
A coloro che già stanno storcendo il naso diciamo che nessuno di noi ha intenzione di impugnare alcun vessillo ideologico; piuttosto, scusandoci della debolezza, rispondiamo ad un semplice bisogno: quello di uomini che vengono da mondi paralleli e amano ascoltare i silenzi dei contadini e osservare la sapienza, pagana e arcaica, di gesti che si tramandano e si rinnovano, di una conoscenza, l’unica, veramente consapevole; i bisogni di chi ormai si è abituato d’inerzia ai veloci cambiamenti di questa società, di chi cerca la propria identità.
I piccoli vignaioli. Molti dei quali, con le loro piccole aziende nascono non solo come rivendicazione orgogliosa di appartenenza ad una Terra, ma come esigenza spiccia, dopo quel maledetto settembre 2001, di difendere il proprio reddito, spesso non sufficiente per una vita dignitosa in questo nostro Sud, messo a rischio dal calare del prezzo delle uve che, quest’anno, ha raggiunto i più bassi livelli di sempre.
Piccole Vigne non poteva non incontrarsi con Terra Madre Campania, perché è la Terra che difendiamo. Anche da noi stessi.
Chè una vigna divorata dai boschi è come un libro bruciato in piazza.

Questa degustazione ha rappresentato l’esordio di Luciano Pignataro come Responsabile vino per Slow Food Campania e Coordinatore per la prossima guida Slow delle regioni Campania, Basilicata e Calabria. A lui il mio in bocca al lupo: che questa nuova avventura sia foriera di personali soddisfazioni, d’indimenticabili incontri e di buoni vini.
Voglio inoltre ringraziare Tommaso Luongo, colto e abile degustatore, pochi come lui, Delegato dell’Associazione Italiana Sommeliers di Napoli, per aver condito, come ciclicamente avviene ormai con le Piccole Vigne, il racconto delle sue impressioni tecniche.
L’auspicio personale che questo non sia il solo incontro tra buoni amici, ma, simbolicamente, il suggello di una prossima e fattiva collaborazione tra due grandi ed indispensabili associazioni.
Ringrazio Slow Food Campania, Gaetano Pascale e tutti coloro che si sono occupati dell’organizzazione di questa degustazione: una macchina perfetta che ha operato tra non poche difficoltà.
Infine i contadini, agricoltori e produttori: vi sono grato per la disponibilità, ma soprattutto per i vostri vini. Rendono il nostro lavoro di semplice racconto molto più semplice.
Vi lascio all’introduzione e alle note di Sara Marte, precedute da una mia breve presentazione delle Aziende. La ringrazio per aver gentilmente esaudito la mia richiesta.
Chè a noi piacciono i giovani, umili, preparati e perbene, non solo in vigna.


Nelle cose della natura c’è una verità intrinseca che mostra lo spirito e la sostanza della Terra. Qui, nelle nostrane "Piccole Vigne" c’è la bellezza del vino e la centralità del viticoltore ed il suo territorio. Educare a conoscere le diversità territoriali passa da qui ed attraversa nel bicchiere la Falanghina, il Fiano, Il Greco, Il Piedirosso, La Barbera e l’Aglianico. Così ecco le degustazioni che, come direbbe Luciano Pignataro, sono “i nostri spunti fuori dai riflettori”.

Quartum Cantina Di Criscio: Falanghina dei Campi Flegrei 2008 doc
Francesca Adelaide ha 25 anni e studia Ingegneria Gestionale; la sorella Rosa, che di anni ne ha 27, è architetto. Luigi, l’ultimo dei tre fratelli Di Criscio non ha ancora compiuto i 18. A loro si aggiungono Dario Mammalella che cura la parte commerciale e Marco Salvatore Tifeo, l’enologo, entrambi ventinovenni.
È questa ventata di gioventù che difende a denti stretti i due ettari di proprietà, dove si coltiva la falanghina, dall’invasione del cemento che caratterizza e ha caratterizzato quest’angolo di Napoli.
Le piante hanno mediamente 25 anni di età (la vigna è un corpo unico), le piante vecchie su piede franco mentre i nuovi impianti su portainnesti 1103 Paulsen. La conduzione è convenzionale, ma attenta, in cantina si lavora semplicemente con una classica vinificazione in bianco. Dopo tre mesi di affinamento, si commercializzano le trentamila bottiglie prodotte.
Si presenta di colore giallo paglierino limpido e luminoso. La struttura è esile e parla al naso con un linguaggio semplice ma non banale. Il primo impatto è di mela annurca. Esprime una grande freschezza al palato, risulta alquanto sapido. E’ tutto giocato su piccole piccolissime sfumature di fiori bianchi e leggeri sentori citrici. E’ fine e molto gradevole.

Ciro Picariello: Fiano di Avellino 2006 Docg.
A 28 anni, Ciro Picariello decide di lasciare il suo mestiere di Geometra e ritirarsi in campagna. Già da allora, la moglie Rita è al suo fianco. Anno domini 1993, s’impianta vigna, Fiano, nell’appezzamento di Summonte: 2,5 ettari di terreni a medio impasto a 650 metri d’altitudine. Tremila ceppi per ettaro allevati a spalliera con potatura Guyot.
Primo imbottigliamento nel 2004. Dal 2005 in poi al vigneto di Sumonte si aggiunge nel blend in bottiglia un altro a Montefredane: un terreno di due ettari e mezzo argilloso-calcareo acquistato nel 2003, a 550 metri d’altitudine su cui vengono impiantati 3400 ceppi di fiano.
Il colore giallo paglierino è abbastanza carico con riflessi dorati. E’ decisamente tipico nella sua mineralità viva e nella buona struttura. Si percepiscono al naso le erbe aromatiche e la frutta a pasta bianca. Al palato mantiene tutta l’eleganza espressa al naso e aggiunge una freschezza ben equilibrata al calore alcolico. E’ un vino presente e di buon corpo.

Cantina Bambinuto: Greco di Tufo Picoli Docg 2008
La vigna risale al 1993, la zona è la collina di Cutizzi, a Santa Paolina. I corpi dove si coltiva il greco diversi, almeno 4: dalla frazione Picoli, un pendio ben esposto di mezzo ettaro, si ricava il cru che dà il nome al vino. Nella vigna si utilizza il sistema della lotta integrata e gli interventi si effettuano solo quando necessario, il sistema d’allevamento è la spalliera con potatura guyot. In cantina con l’aiuto dell’enologo Antonio Pesce, si lavora con una vinificazione in bianco, criomacerazione, sosta sulle fecce fini. Il vino non viene commercializzato prima del maggio successivo.
I tre giovani fratelli Aufiero, Marilena più di tutti, impegnati dal 2006 in questa nuova piccola reatà.
Il colore è un giallo paglierino carico con riflessi dorati. I profumi non sono inaspettati con una mineralità spiccata. Si esprime elegantemente con sentori fruttati e note leggermente vegetali. Al palato regala qualcosa di più. E’ croccante, la frutta è soda, carnosa. Buona la persistenza. Bella la chiusura che lascia la bocca pulita.

Contrada Salandra: Piedirosso dei Campi Flegrei 2006 doc
L’incontro di Peppino Fortunato con la vigna avviene all’età di 17 anni, negli anni ’80, quando suo padre Francesco, falegname, decide di comprare due ettari di vigna a Pozzuoli. Di lì in poi, una serie di accadimenti casuali, come sempre nella vita succede, tra cui l’incontro fondamentale con la moglie Sandra Castaldo, porterà il giovane Peppino dalla meta quasi raggiunta di una Laurea in Ingegneria al mestiere di agricoltore e apicoltore. Sì apicoltore, e proprio i continui viaggi a Montalcino per la più importante fiera di settore, porterà la giovane coppia ad avvicinarsi al mondo del vino.
Producono circa 15.000 bottiglie di Piedirosso e Falanghina dei Campi Flegrei, due ettari di proprietà e due in gestione a Coste di Cuma, coltivati in maniera naturale. In cantina si utilizza solo l’acciaio.
Di colore rosso granata è limpido e abbastanza trasparente. Subito al naso si esprime come un bel rappresentante della tipicità di questo vitigno. Al naso è minerale, fruttato. Si sentono le erbe aromatiche. La bocca è in linea con il naso e si muove fresco, asciutto, di corpo snello e scorrevole. Piacevolissima la beva.

Anna Bosco: Barbera Armonico 2007 Sannio doc
È custodita dai fratelli Mario e Filippo Venditti (Anna Bosco, la mamma) la tradizione di famiglia, prima azienda certificata nel produrre Barbera del Sannio, attiva sin dal 1974. Pochissime bottiglie prodotte per passione e orgoglio delle proprie radici.
In contrada San Tommaso a Castelvenere, nell’ettaro e mezzo di proprietà. Piante di circa 15 anni su una media collina a circa 200 metri d’altitudine, allevate a spalliera. In Cantina solo acciaio per preservarne l’identità.
Il colore è luminoso, pieno, ricco, carico di un bel rosso rubino. Al naso io percepisco subito delle note balsamiche , sentori di frutta fresca . Il lampone ed i frutti rossi in genere , piacevoli, succosi, ricchi. In bocca è decisamente in linea con il naso. Ci regala ancora agilità, facile beva e una bocca pulita in barba ai suoi 14,5 gradi. Un gran bel bicchiere.

Casula Vinaria Aglianico 2008 Paestum igt
In tre non fanno cent’anni. Salde radici contadine, giravano sin da piccoli tra vigne e mosti, tra i nonni e i genitori che producevano vino per consumo personale. Armando Ruggiero, classe 1978, lungo praticantato da Bruno De Conciliis, diplomatosi perito agrario all’Istituto Tecnico di Eboli come gli altri due cugini e compagni di viaggio, Fiore e Daniele Iuorio (annate ’80 e ’82).
Poco più d’un ettaro ad Aquara, una vigna a 250 metri sul livello del mare, esposta a sud est, da terreni argillo-calcarei. Le piante d’aglianico innestate su un classico 420/A danno vita all’aglianico Brigante, lavorato solo in acciaio e commercializzato in 3.000 unità.
Solo due annate prodotte, ma quest’ultima, promette veramente bene.
Il colore è di un bel rubino brillante, vivo, giovane. Al naso esprime delle note speziate. Si riconosce la vaniglia, io noto leggero il pepe ed una mineralità celata ma presente. Percepisco una leggera nota di geranio e la frutta rossa matura. Il tannino è decisamente levigato direi quasi “preciso”. Lo trovo infine di buon corpo ed equilibrato. Direi che è ben fatto.

Mauro Erro e Sara Marte

posted by Mauro Erro @ 08:12, ,


Bocconcini di carne ripieni


Per la verticale del meraviglioso Barbacarlo di Broni, sarebbe bastato e avanzato un bel panino con il salame…noi(…io in verità), invece, abbiamo voluto osare e preparare dei bocconcini di carne ripieni…abbastanza ripieni, una sorta di panino rivisitato (ma quando mai!!!), ma che con il pane e salame aveva ben poco a che fare. Di per sé la preparazione non è stata complicata anche se, dopo averne fatti quaranta mentre avevo le crocchette di patata avvolte nella pancetta che diventavano magicamente, e non volutamente, “caramelle” di patata strozzate dalla pancetta, che ardevano nel forno a 250 gradi, posso affermare, e con cognizione di causa, che questi involtini passeranno alla storia perché:
1) si sono avvalsi della dritta dell’amico Giampiero che mi ha trasformato le dosi del vino da 3 decilitri a un bicchiere e mezzo da acqua;
2) il macellaio si è dimenticato di darmi le salsicce, guardate, pesate e pagate, e me ne sono accorta alle 19,03 quando la pancetta stava bruciando sul fuoco;
3) mi sono stufata della salvia, ma per onor di cronaca (visto che ce l’avevo messa) ve l’ho messa fra gli ingredienti;
4) non prevedevo che per fare 40 involtini ci volesse tutto sto tempo, ma dopo averli fatti, pianto e trepidato, per farne otto ci metterò meno di un nano secondo, già lo so…;
5) che ho deciso all’ultimo minuto di fare la julienne di verdure come ho riportato qui sotto e il risultato è stato abbastanza discreto..quanto meno per me…;
6) che è sempre meglio evitare di andare al supermercato alle 11,45 perché c’è la riunione condominiale delle nonne di Titti il canarino e quelle lì sono davvero pericolose..
7) che gli involtini erano buoni e sono piaciuti anche a Salvatore, ma la prossima volta che mi capiterà di bere un ‘83 di Lino Maga, mi carico lo zaino di pane e salame!


Ingredienti per 4 persone

8 fette di fesa di vitello ( più o meno da 70 gr.)
3 dl di vino bianco secco
100 gr di salsiccia
100 gr di petto di pollo
50 gr di mortadella
2 carote
2 zucchine
40 gr di pancetta coppata
2 scalogni
4 cucchiai di grana grattugiato
1 uovo
2 cucchiai di trito aromatico (prezzemolo, salvia e rosmarino)
Farina
olio extra vergine di oliva
Sale e pepe

Sbucciate gli scalogni e tritateli; tritate anche la pancetta, mettete tutto in una padella con un cucchiaio di olio e un cucchiaio di trito aromatico e fate rosolare a fiamma bassa per una decina di minuti; poi unite la salsiccia spellata e sbriciolata, il pollo e la mortadella tritati. Fate insaporire il tutto per pochi minuti, salate, pepate; togliete dal fuoco e aggiungete il grana e l’uovo.
Mettete le fette di vitello sul piano di lavoro, se occorre spianatele con il batticarne e distribuitevi sopra il ripieno preparato. Ripiegate i lembi di carne liberi sul ripieno e arrotolate le fettine ben strette; fissate gli involtini con lo stuzzicadenti e infarinateli leggermente.
Pulite le carote e le zucchine, lavatele e asciugatele e riducetele a julienne. Fate scaldare 3/4 cucchiai di olio in una padella, adagiatevi gli involtini e fateli rosolare da tutte le parti; unitevi parte della julienne di verdure e fate insaporire per 6/7 minuti. Bagnate con il vino e lasciate evaporare, salate, pepate, coprite e cuocete per una ventina di minuti o fino a quando il fondo si sarà ridotto della metà. In un’altra padella fate riscaldare poco olio,aggiungete la julienne rimasta e fate saltare per qualche minuto, aggiustate di sale e pepe e togliete dal fuoco. Servite gli involtini caldissimi accompagnati dalla julienne di verdure, irrorateli con il fondo di cottura e guarnite il piatto con il trito aromatico rimasto.
Adele Chiagano

posted by Mauro Erro @ 12:17, ,


Involtini di maiale alle prugne


Le prugne della California a volte possono tornarvi utili, anche se non avete problemi particolari, ma semplicemente per il loro gusto, l’aspetto o per la capacità di utilizzo in cucina…poi magari vi fanno bene uguale, ma con più fantasia.
Ecco perciò, che per la degustazione fatta recentemente sulla Valtellina ho voluto proporre ai nostri ospiti le prugne secche (rigorosamente denocciolate…altrimenti!!!) in una versione alternativa, e non perché avessi richieste particolari in merito, ma semplicemente perché con la carne di maiale e con i nebbioli della Valtellina ci potevano andar bene.
Un piatto semplicissimo da realizzare, l’unica seccatura è stata (ma per me che ho preparato involtini in quantità industriale, per le dosi che ho riportato qui sotto nessun problema) privare di grasso tutte le fettine e spianare con il batticarne quelle meno sottili. Sì, perché per questa preparazione occorre che la carne sia molto sottile e quasi priva di grasso. Il risultato è stato che la carne di maiale è stata dai più scambiata per carne di vitello, e per questo il merito, secondo me, va tutto al mio macellaio napoletano di fiducia (io ormai ne ho due, Vincenzo a Mozzarellandia e Antonio a Rione Alto – e che vuoi di più dalla vita!!!), e che la prugna accostata ad una piccola fogliolina di salvia sembrava regalare al naso sfumature altre, tipo ginepro, rendendo più accattivante il ripieno.
Detto questo i fagiolini di contorno, anche se non è stagione e potete usare quelli surgelati tenerissimi, andavano benissimo e non hanno disturbato, sebbene verdi fossero, l’accostamento al vino.

PS: nella foto troverete uno sformatino di patate…ma per quello c’è tempo!

Ingredienti (x 4 persone)

500 gr di lonza di maiale tagliata a fettine molto sottili
Una confezione di prugne secche denocciolate
Foglioline di salvia
100 gr di speck tagliato a fette spesse
Un bicchiere di vino bianco secco
500 gr di fagiolini
30 gr di burro
Sale

Eliminate il grasso dalle fettine di maiale e se occorre spianatele con il batticarne. Piegate le fette a metà nel senso della lunghezza, introducete una prugna e una fogliolina di salvia, avvolgete la carne intorno al ripieno e fissatela con uno stuzzichino.
Fate lessare i fagiolini in acqua bollente salata per una decina di minuti e scolateli. Tagliate le fette di speck a pezzetti più o meno della dimensione degli involtini.
Fate sciogliere il burro in una padella, rosolatevi gli involtini rigirandoli spesso, unitevi lo speck, spruzzate con il vino e lasciatelo evaporare. Dopo qualche minuto aggiungete i fagiolini, aggiustate di sale e fate cuocere a fiamma media per 5/10 minuti.

Adele Chiagano

posted by Mauro Erro @ 15:28, ,






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