Degustazione di Fiano con sorpresa

Per un gruppo di amici abbiamo messo in piedi una degustazione di Fiano di Avellino alla cieca.
Istruzioni per l’uso: Le annate, i territori, il minimo comun denominatore che accomuna i vari Fiano in degustazione e la capacità di tenuta nel tempo.
Ho chiesto a Claudio Tenuta, sommelier ais, che ringrazio per la disponibilità, di scrivere le note di degustazione che trovate di seguito. Buona Lettura. (M.E.)


Ci si ritrova dopo le feste natalizie al solito posto, all'enoteca Divinoinvigna, nella casa laboratorio di Mauro e Roberto Erro con il supporto culinario di Adele Chiagano.
La serata è: 7 Fiano per 7 produttori, ma non di quelle classiche, la si è definita una degustazione trasversale, obliqua, io direi sregolata, perchè nella prova dei vini alla cieca ci sono 7 Fiano di diversi produttori ma anche di diverse annate, divisi in due batterie da 3 dalle quali i partecipanti dovranno in base alla loro sensibilità gustativa far uscire 2 finalisti.
Un Fiano invece è fuori concorso perchè è una chicca che svelerò alla fine.
I partecipanti della serata sono molto eterogenei, benchè affiatati, e questo dà grande brio alla serata.
Presento sinteticamente le schede di degustazione fatte al buio:
Prima batteria
Fiano di Avellino Vigna della Congregazione Villa Diamante 2003 – Montefredane – : il vino si presenta la bicchiere tendente al dorato addirittura con riflessi aranciati, questo mi porta a pensare ad un vino con qualche annetto nonostante conservi un ottima brillantezza, il naso e di media intensità e complessità e concentrato su note terziari e leggera ossidazione, quella buona, e impressioni minerali; in bocca non risulta particolarmente caldo, ma ha perso gran parte della sua freschezza, il gusto è incentrato su note di paglia essiccata, funghi e sottobosco: io lo ho escluso perchè benchè intrigante olfattivamente perdeva in bocca.
Fiano di Avellino Pietramara selezione etichetta bianca I Favati 2007 (anteprima non in commercio) – Atripalda –: paglierino netto con qualche particella in sospensione, il naso è un pugno in faccia, maledettamente intenso ma poco complesso, si avvertono aggressive note floreali di violetta, mughetto, sambuco solo dopo qualche minuto emergono note di pesca e ribes bianco, in bocca è ancora scomposto molto sapido e di buona freschezza e con una discreta componente alcolica, le sensazioni olfattive rispuntano in bocca, troppo giovane e costruito per passare il turno.
Fiano di Avellino Guido Marsella 2005 – Summonte –: paglierino, limpido e di media consistenza, buona intensità e complessità, il naso si chiude e si apre a ripetizione chiedendo di essere scoperto con pazienza, finalmente si apre su note delicate di nocciola e pinoli freschi, poi sensazioni fruttate di agrumi per finire con note erbacee e di spezie fresche (dragoncello), in bocca a una sapidità pronunciata che invoglia al riassaggio e ben presente la nota alcolica per niente pesante, la bocca mi è risultata più difficile perchè offre maggiori sensazioni secondarie e terziarie rispetto a quallo che avevo avvertito al naso, lo voto per la finale perchè risulta molto elegante.
Seconda batteria
Fiano di Avellino Ciro Picariello 2004 – Summonte –: paglierino con qualche accenno addirittura verdolino, media intensità e complessità, naso polposo, maturo, una prima sensazione gradevolissima di liquirizia dolce e addirittura note maltate, poi emergono le sensazioni fruttate di albiccocca matura, maledettamente fresco e sapido, si fa bere una favola e la bocca esprime un bellissimo corpo con sensazioni burrose, non lo voto con qualche rimorso.
Fiano di Avellino Pietracupa 2006 – Montefredane –: limpido e di color paglierino, naso più intenso che complesso, si alternano note fruttate di prugna gialla a sensazioni floreali di margheritine, il tutto avvolto da sensazioni vegetali pungenti, in bocca è fresco e sapido ma con una discreta morbidezza ed alcolicità, molto immediato anche nell'approccio gustativo anche se mi aspettavo un pizzico più di corpo ma risulta comunque di grande eleganza ed ancora in evoluzione, lo voto per la finale.
Fiano di Avellino Rocca del Principe 2007 – Lapio –: paglierino con qualche bollicina in assestamento derivante dalla fermentazione, naso intenso e di media complessità, si apre e si chiude ripetutamente anche se emergono immediate delle sensazioni floreali e di spezie fresche (basilico, anice) e note di frutta fresca, termina con note di mandorla fresca, Molto ruffiano in bocca un poco troppo costruito nella sua voglia di essere piacevole, ottimamente sapido anche se ritengo che sia come il secondo della prima batteria un vino troppo giovane, non lo voto.
Fiano di Avellino Vadiaperti 1992 – Montefredane – (non in gara): paglierino con qualche riflesso dorato, limpido, bella intensità e altissima complessità, sensazioni ossidative e tostate, mi viene alla mente il marsala di Marco de Bartoli provato questa estate, poi mi concentro pensando al Fiano ed inizio ad avvertire note di frutta gialla sotto spirito ed accenni di spezie secche (salvia, timo), la bocca non te l'aspetti, fresco, sapido abbastanza caldo, ripulente, di ottimo corpo, riemergono note di frutta sotto spirito e spezie, un Fiano al quale non avrei dato 16 anni.

Il vincitore è stato Pietracupa di 2 voti penso perchè nelle sensazioni olfattive e gustative, a parità di eleganza, è più schietto.

Claudio Tenuta

Alicia Keys, Falling.

posted by Mauro Erro @ 09:12, ,


Commedia






Ho ricevuto questo divertente e amaro scritto che pubblico volentieri di un mio lettore che si firma Priapo. Una storia verosimile che ha come soggetto uno dei tanti parassiti che si annidano in questo mondo del vino. (M.E.)


Prima telefonata:

Giovane Produttore: “Pronto?”
Parassita: “Si pronto, è Innocente Puro dell’Azienda Puro?”
Giovane produttore: “Si sono io, lei è?”
P: “Salve, sono Gustavo Namazza, collaboratore di Marco Lucchetti…”
G.P.: “Il giornalista?”
P: “L’illustre giornalista, direi.”
G.P.: “Si certo, illustre…”
P: “Signor Innocente, senta, io la contattavo perché pensavo a lei proprio ieri, quando assaggiavo il suo vino.”
G.P.: “Il mio vino? E l’è piaciuto?”
P: “Moltissimo, e per questo la contattavamo. Io ho un’agenzia di consulenza, eventi, mi occupo di organizzare degustazioni, e pensavo a lei, anzi noi…”
G.P.: “Noi?”
P: “Si certo, noi. Noi, dicevo, pensavamo di organizzare una degustazione qui, in città, presentare che so, le sue ultime 5 annate…”
G.P.: “Ma io veramente ne ho fatte quattro…”
P.: “Si, quattro, comunque, fare una verticale del suo vino…”
G.P.: “Ma veramente, non so, non saprei, d’altronde queste innumerevoli degus…”
P.: “Signor Innocente, sarebbe una buona occasione per lei, per far conoscere il suo prodotto, almeno, noi così pensavamo. Noi, anzi, lui, potrebbe rammaricarsi di questa cosa, tra l’altro lei Signor Innocente non si dovrebbe occupare di niente: solo venirci a trovare e portare cinque, sei bottiglie delle sue ultime 4 annate…tra l’altro, ha un’agenzia di rappresentanza qui in città che cura i suoi interessi?”
G.P.: “No.”
P.: “Ecco, appunto, io ne conosco tante. Si potrebbe invitarli alla serata…”
G.P.: “Va bene, d’accordo, mi faccia sapere quando, può contattarmi anche via mail.”
P.: “Senz’altro.”
G.P. “Ma il Dottore ci sarà?”
P.: “Sicuramente. A meno che non abbia impegni più urgenti, sa come vanno queste cose, al giornale, cose urgenti.”
G.P.: “Si capisco.”

Seconda telefonata

Parassita: “Lucio?”
Amico Enotecario: “Oh Gustavo, allora tutto a posto?”
P: “Alla grande, ha abboccato come un pesciolino.”
A.E.: "Sempre la solita storia di Lucchetti?”
P: “Si si…”
A.E.: “Pure con la favoletta della ritorsione?”
Risate. Grasse risate
P: “Quella è la parte che mi viene meglio.”
A.E.: “Ma non hai paura che ti becchino?”
P: “Sarebbe la sua parola contro la mia, non c’è niente di scritto, niente mail, e poi a chi lo va a dire? A Lucchetti? E che gli dice? Come si cagano sotto loro…”
A.E. “Dovrebbero sapere che l’hai visto, si e no, tre volte in vita tua…”
P: “Vabbè, dai, organizza: come al solito, controlla i prezzi dei vini su internet, comunque una quarantina d’euro a persona potrebbero andar bene. Noi, Fifty fifty, tutto come al solito.”
A.E.: “Ma tu, poi, l’hai saggiato sto’ vino?”
P.: “Ma figurati…”

Minnie The Moocher.

posted by Mauro Erro @ 23:26, ,


Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, e quelli dell’Ottavo Nano

L’ottavo nano è una birreria che si trova ad Atripalda, paesino in provincia di Avellino. Chi bazzica il mondo dell’enogastronomia dovrebbe sapere che è il paese ove ha sede l’azienda Mastroberardino, ma un ulteriore motivo per arrivare da quelle parti è l’Ottavo nano: una buona scusa, soprattutto per gli amanti delle birre. Tanto per capirci: un’ottantina di etichette in carta, dalle trappiste belghe, tutte, fino alle Lambic della Brasserie Cantillon, ad una selezione delle migliori birre provenienti da altri paesi. Poi, se non bastasse, la carta delle vintage che si sta mettendo a punto: un accenno? La possibilità di acquistare e bere una delle vecchie annate della Thomas Hardy’s. Se non siete ancora soddisfatti, allora potreste partecipare ad una delle serata di degustazione, come ho fatto io ieri sera e trovarvi davanti a “personaggi” come Lorenzo Dabove, in arte Kuaska. Chi è Kuaska? Affermato degustatore a livello mondiale, scrittore e giornalista di birra, Docente per "Master of Food" ideati da Slow Food”, Giudice internazionale alla World Beer Cup di San Diego 2004 & 2008 e Seattle 2006 ed alla European Beer Stars di Monaco di Baviera 2006 e 2007. Fa parte di associazioni nazionali ed internazionali, Life member del CAMRA (Campaign for Real Ale) e membro di Zythos (De Lambikstoempers). Presiede la giuria nelle competizioni nazionali di birrai ed homebrewers. Nell’edizione del 2007 di Beer (Eyewitness Companions) di Michael Jackson, (non il cantante, ma il più grande intenditore e degustatore di birre al mondo recentemente scomparso), è stato Kuaska a scrivere il capitolo dedicato alle birre artigianali italiane. Insomma, uno dei più grandi degustatori al mondo di birra. Grande appassionato, grande comunicatore, persona estremamente semplice e umile, Kuaska, ligure e tifoso rossoblu, ha guidato ieri la serata di degustazione di alcune birre artigianali nostrane: le campane, del birrificio Karma di Alvignano in provincia di Caserta, e quelle di Almond’22, birrificio pescarese di Yuri Ferri.
Solo un paio di considerazioni: trent’anni fa, nel libro di Michael Jackson, all’Italia erano dedicate tre righe. Nell’edizione del 2007, se non ricordo male, sette pagine. L’Italia si classifica al sesto posto nella graduatoria, ad una pagina di distacco dalla Repubblica Ceca, davanti alla “sopravalutata” Olanda e dietro a paesi di forte tradizione brassicola come Belgio, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Anzi, per essere più precisi, è proprio la mancanza di una tradizione ad essere la nostra carta vincente: niente paletti, niente solchi, possiamo divertirci a sperimentare dedicandoci a tutti gli stili, inventandone, grazie alle nostre eccezionali materie prime, di nuovi.
E poi siamo bravi.
Tenetelo a mente: microbirrifici italiani, non solo vino.

Eric Clapton.

posted by Mauro Erro @ 12:52, ,


Intervista a Luciano Pignataro

Ciò che separa principalmente me e Luciano Pignataro sono vent’anni d’età. Non solo. Guardiamo il vino da posizioni diverse: io, come operatore di questo settore; lui, da cronista. Il nostro confronto è sempre stato schietto e sincero, fatto, quando occorreva, anche di scambi polemici e battute pepate. Un “carteggio” lungo un anno e più di una scrittura densa, ricca di spunti personali, a cavallo tra filosofia e mercato: dal generale al “particulare guicciardiniano”.Classe 1957, caposervizio al quotidiano Il Mattino, Luciano Pignataro si occupa di vino nella sua rubrica settimanale dal 1994 e sul suo sito dal 2001. Affiancato da tanti giovani collaboratori ha raccontato, soprattutto attraverso le sue guide, divenute strumento quasi imprescindibile per gli operatori, il mondo del vino campano da quindici anni a questa parte nel momento della nascita e della successiva trasformazione della maggior parte delle aziende. In occasione della presentazione di Giovedì 29 gennaio, alle ore 18.00, presso la libreria La Feltrinelli di Napoli in Piazza dei Martiri della sua guida ai vini della provincia di Napoli, propongo un estratto di questo nostro scambio, consapevole che, almeno per quanto mi riguarda, tante curiosità sono ancora da saziare.

Le parole che avete appena letto, introducono l'intervista che ho fatto a Luciano Pignataro e che potete leggere qui sul blog dell'Associazione Italiana Sommelier di Napoli.
Aggiungo un paio di considerazioni personali: persona di grande intelligenza e cultura, con Luciano Pignataro mi accomuna la passione per la Filosofia e quella per il vino. Ci separano, invece, venti anni d'età, vent'anni d'esperienza, ma anche una trascorso culturale diverso. Non solo.
Guardiamo al vino da posizioni diverse e di conseguenza, anche allo strumento del comunicare e alla sua forma diamo interpretazioni e visioni discordi. Senza dimenticare, però, il lavoro che, insieme a tanti giovani collaboratori, è stato svolto: raccontare quindici anni di vino campano, attraverso i suoi articoli e attraverso le sue guide.

posted by Mauro Erro @ 11:37, ,


De degustazione (con rassegna stampa)



Ultimamente mi è capitato di trovarmi a discutere con vari bevitori di questo argomento e di leggere, in giro per il web, spunti interessanti circa la degustazione e, complice la nuova edizione di una fortunata trasmissione televisiva, del cosiddetto fattore x: ripensandoci, credo di non averne mai parlato su questo blog. De degustazione e affini.
Ricordo una volta che ne discutevo con Francesco Annibali, che ribattendo ad una mia considerazione riguardo l’intuito che occorre ad un degustatore, mi rispondeva così: Penso significhi (degustare un vino, n.d.a.) soprattutto discernere e paragonare. La degustazione è un atto squisitamente semiosico, una catena ininterrotta di abduzioni. Cioè di tentativi, ed interpretazioni. Un po’ come fare le parole crociate. Resto basito di fronte a quanti pensano si tratti di una intuizione.
Nessuno dei due aveva torto. Si potrebbe dividere la degustazione in due momenti, il primo prettamente sensoriale, il secondo analitico-deduttivo. Questa premessa è fondamentale.
Non so quanti di voi abbiano sentito parlare di degustazione trascendentale o di degustatore trascendentale? E del Fattore x?
Potreste iniziare leggendo qui, ciò che asserisce Ernesto Gentili circa il fattore x: cioè la capacità di un vino di emozionare (in un certo senso inspiegabilmente) più di un vino stilisticamente e tecnicamente fatto meglio. Un esempio? Leggete qui ciò che scrive Roberto Giuliani a proposito del celebratissimo Solaia versione 1997.
Per fare un paragone blasfemo, è come avere due donne innanzi, una carina, con quel non so che di attraente. L’altra, bellissima, forse anche rifatta da capo a piedi, dai seni alle labbra, ma anonima.
Ma cosa sarebbe la degustazione trascendentale o il degustatore trascendentale? Argomento che spesso ricorre e di cui, se siete Porthosiani della prima ora, avrete sicuramente sentito parlare. Il degustatore trascendentale è colui che oltre ad essere pienamente padrone della tecnica degustativa, oltre ad avere una capacità di analisi di rara profondità, è un visionario: ha una determinata sensibilità che gli permette di vedere il vino nel suo insieme e nella sua essenza più profonda, cogliendone l’Uno (al di là del proprio gusto personale: cogliendolo tanto in un Amarone, tanto in una chiavennasca). Secondo Rizzari, sul pianeta ce ne sarebbero giusto tre o quattro di questi degustatori: io forse non sono così estremo, ma considerando che di bravi o ottimi degustatori in giro ce ne pochini, figuriamoci di trascendentali.
Attenzione, è meglio chiarire un aspetto. Mi è capitato qualche volta di intravedere questa particolare sensibilità in giovani bevitori alle prime armi: una sorta di orecchio assoluto; la capacità di avvertire la nota stonata in un vino tecnicamente perfetto o l’equilibrio tra le parti, il respiro vitale o come caspita vogliate chiamare il fattore x, in vini tecnicamente anche imperfetti, pur non riuscendo a motivarlo e darne spiegazione. Ma onde evitare inutili bla bla bla o sparare cazzate, o che ognuno di voi si svegli al mattino credendosi il nuovo Veronelli, tutto ciò di cui sto scrivendo è imprescindibile da una grande esperienza di bevute, ripetuti assaggi, padronanza della tecnica della degustazione, continuo studio e approfondimento – dalle tecniche enologiche alla chimica fino ai terreni –
Per fare un parallelo con la scrittura, se aspirate per ambizione, per passione, per curiosità o per pignoleria ad arrivare a certi livelli, conoscere non solo la grammatica, ma la tecnica di scrittura, sapere cosa sia un chiasmo o un’allitterazione aiuta: poi potrete anche consapevolmente essere sgrammaticati e lasciarvi andare alla poesia.
Seguite tre consigli. Il primo: bere con chi è più bravo di voi. Vi aiuta a non ripetere i soliti errori di valutazione o deduzione. Secondo: non abbiate preconcetti o sovrastrutture. Terzo: prendete coscienza che per arrivare a certi livelli bisogna avere tempo, pazienza e soldi. Con una amico abbiamo stabilito che la media di spesa è di circa due o tremila euro mensili da reinvestire nella propria cantina. Capito?
Per cui, agli amici dell’ais che mi seguono in tanti: non bastano i vini che bevete durante i corsi, né quelli gratuiti dei banchetti durante le manifestazioni di settore. Quando avete conseguito il vostro diploma, se siete stati fortunati con i relatori che avete avuto, siete in possesso degli strumenti rudimentali (due pietre e la paglia per accendere il fuoco) che vi occorrono, ma il bello deve ancora iniziare.

E ora, Horace Silver.

Nota: L'espressione "Degustazione Trascendentale" è un termine coniato da Fabio Rizzari che ne ha circoscritto anche i confini teorici.

posted by Mauro Erro @ 13:17, ,


Spunti di riflessione...


“Non sei su feisbuk?! Noooo, non è possibile, ti devi iscrivere!”
Già sentita, vero? Ormai su Facebook ci sono un po’ tutti, cardinali, politici, mafiosi, studenti, nonne, architetti, traduttori, cuochi, enotecari e sommelier.
Da sito nato per ritrovare compagni di scuola a enorme raccoglitore di persone, mestieri, passioni, pensieri, parole, opere e omissioni di varia (f)utilità.
Ma si sa, la rete, e in particolare Facebook, è il mezzo ideale, forse l’unico, che premia e asseconda la nostra voglia di comunicare all’universo, conosciuto e non, cosa stiamo facendo, magari con una strizzatina d’occhio al nostro piccolo grande ego, grazie al possibile utilizzo di un’inquietante terza persona.
E proprio in questo magma Lucio si è imbattuto in un'idea interessante. Mauro, probabilmente in maniera casuale, ma a volte nulla sa essere più voluto del caso, ha comunicato su Facebook alcuni momenti di un suo "tour" eno-vacanziero postnatalizio in Irpinia. Ci ha tenuti al corrente di alcune sue piccole scoperte e di qualche delusione in bottiglia, delle difficoltà legate al maltempo, di dolci spettacolarmente buoni, di campioncini, gregari e mai giunti all'arrivo.
Al suo ritorno ha pubblicato alcune foto e, forse anche istigato da alcuni amici, ha lanciato l'idea di una serata di degustazione di Fiano, sette etichette di sette annate diverse (come si chiama? obliqua?).
Qualcuno ha iniziato a commentare la foto che annunciava l'imminente degustazione e Mauro, sempre in maniera "volutamente casuale", ha deciso che gli estensori dei commenti avrebbero avuto il diritto di prelazione per la serata.
Dopo una decina di commenti ho realizzato cosa stava accadendo.
(Mode rullo di tamburi ON)
Signori, siamo di fronte alla prima degustazione concepita, proposta e prenotata su Facebook!
(Mode rullo di tamburi OFF)
Io stesso ho utilizzato la rete per prenotare vacanze, acquistare biglietti ferroviari o per uno spettacolo, questo stesso testo è scritto interamente sulla rete usando Google Docs©, ma qui c'è stato un passo avanti, la serata dedicata al Fiano non è stata semplicemente preparata con l'ausilio della rete, ma di questa ha utilizzato uno dei suoi strumenti più penetranti, il social network, ossia una rete sociale, un insieme di persone connesse tra loro da diversi legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari, alla condivisione di interessi di varia natura.
Ma, riflettendo sulla parola "sociale", pensavo: cosa c'è di più sociale del vino? Non c'è attività più sociale di stappare una bottiglia con gli amici, di parlarne con persone che il vino lo conoscono e lo sanno apprezzare o di provare a farlo apprezzare a persone che non lo conoscono abbastanza, di discuterne le caratteristiche e di confrontarne le differenze, di provare nuove etichette o di scoprire ignoti vitigni. E cosa c'è di più sociale di Facebook? Se vuoi, ti permette di condividere momenti importanti della tua vita privata, sentimentale o professionale, puoi ridere o piangere, da solo o in compagnia, puoi mostrarti a tutti restando online o celarti dietro un più discreto e rassicurante pallino rosso.
Allora, dopotutto, esiste un nesso tra Facebook e il Vino, tra una delle ultime frontiere del cyberspazio e quanto di più reale, solido e legato alla terra ci sia, sono entrambi strumenti che ci consentono di stabilire contatti, conoscere nuove persone o approfondire amicizie consolidate, esprimere opinioni e condividere una passione.
Sono un mezzo, appunto. Non il fine.
Un mezzo che ci aiuta a capire che, in fondo, viviamo qui e ora, ma siamo quello che ci hanno saputo trasmettere, usiamo mezzi di comunicazione raffinati ma trasmettiamo significati pescati nei meandri della nostra memoria collettiva.
Un mezzo che, se usato bene, ci consente di diventare persone maggiormente consapevoli e ci aiuta a conoscere meglio noi stessi, il nostro mondo e i tanti universi con i quali veniamo a contatto. E magari ad invecchiare bene. Come un buon vino.

Lucio Grande

Nota: a dire il vero non credo di essere stato il primo, su questo aspetto si soffermò Stefano Bonilli sul suo Papero Giallo un mesetto fa.
(Mauro Erro).

posted by Mauro Erro @ 09:18, ,


La casa di LeM

Io e mia moglie siamo antidecisionistiorganizzati, cioè, non amiamo decidere con molto anticipo quello che dobbiamo fare, soprattutto se si tratta dell’utilizzo del tempo libero (Se è libero non facciamolo diventare come il lavoro, quindi….). Il 22 settembre alle ore 20.30 ci viene una voglia matta di farci coccolare in un ristorante prima di coccolarci a vicenda nel letto. Prendiamo la nostra macchina della domenica e ci avviamo per le sinuose curve dell’Irpinia. Quindici minuti, fino ad arrivare alle falde del monte Faro e precisamente in località Cortecce nel comune di Costabrito. Un piccolo borgo contadino magnificamente tenuto in vita da una decina di famiglie che continuano a preferire la terra all’asfalto. Arriviamo nell’ampio parcheggio e le soffici voci di un gruppo di bambini ci accolgono con gioia. Chiediamo di accompagnarci al ristorante, loro ci guidano per le stradine fino alla porta di ingresso come i Santi vengono accompagnati dai fedeli in processione. “La Casa di LeM” è un concetrato di famiglia e antifamiglia. La prima è sottolienata dall’armonia che aleggia in tutto quello che si muove tra queste mura, dall’arredamento e dalle pareti, sopra le quali spiccano una serie interminabile di disegni coloratissimi fatti dai bambini del paese. La seconda è da ricercarsi nel fatto che Lucia e Maria sono famiglia di fatto e non di codice. Maria, responsabile del servizio ed espertissima Sommelier, ci accoglie in sala e subito ci presenta la “Cheffa” Lucia, non alla fine, come succede di solito, solo per i complimenti. Queste due non hanno paura di niente. Ci sediamo, e mia moglie non può fare a meno di notare la originalissima Hotellerie che si para davanti a noi. Dai bicchieri di cristallo Austriaco alle posate, dalle bianche tovaglie con finale ricamato al centrotavola con fiori di stagione. Io mi soffermo un po’ di più sulla quarta di Maria. Non abbiamo voglia di decidere nulla, quindi facci stare bene, massaggiaci cervello e palato. I piatti di “LeM” non hanno nè tempo e nè luoghi da raccontare se non quelli delle nostre due amiche. Ogni casa ha una storia e le due donne la spingono fin dentro i fornelli. “Insalata di gamberi di fiume con radicchio e mango”. Non siamo in nessun posto e in nessun tempo tutto cuoce solo nelle menti delle persone. Un piatto croccante che Mary (ormai siamo arrivati ai nomignoli) ci abbina alla Coda di Volpe 2005 di “Vadiaperti”. La “Pralina di spigola con fondo di erba limoncina” per berci il Fiano di Avellino 1999 “Colli di Lapio della Signora Clelia” e un “Petto di quaglia con agretti e finferli” con due calici di La Tache 1995 “Romanee Conti”. Sono le 23.30, prendo la mano di Monica appoggiata sul lato sinistro del tavolo, sarebbe il momento perfetto per chiedergli di sposarmi, ma lo siamo già, gli sorrido e continuiamo. Anche Lucia esce dalla cucina e viene al nostro tavolo per portarci qualche “Tartarelle alle noci di Macadamia” e ci scoliamo insieme una boccia d’Yquem 75. I vini sono tutti al bicchiere, ma lasciatevi guidare senza remore dalla mano di Maria. Il conto? € 75.00 in due. DDDDDRRRRRIIINNNNNN!!! Lelloooo! Svegliaaaa! è ora di andar a lavoro… Questo è il sogno, dal prossimo numero inizierò a raccontarvi la realtà…Sigh!! Sigh!!

La Casa di LeM
C.da Cortecce
83666 Costabrito (AV)
Tel. 0825 548796255377
Sito http://www.lacasadilem.it/ - info@lacasadilem.it


Lello Del Franco

Nota: il disegno che vedete è tratto dal blog
http://giovaneari.blog.kataweb.it/

posted by Mauro Erro @ 10:54, ,


Cantina Giardino





Nella mia recente visita in Irpinia non potevo certo non andare da Antonio e Daniela Di Gruttola di Cantina Giardino (già quelli del rosato dell'anno 2008, vedi post). Prossimamente scriverò dei vini che più mi hanno colpito, nel frattempo, potete leggere qui, sul sito di Luciano Pignataro, il racconto della visita.

posted by Mauro Erro @ 17:03, ,


Brunello di Montalcino Il Colle, riserva 1978, Caterina Carli

Trent’anni*.
A trent’anni sono finiti i giochi, i trucchi, a trent’anni sei quel che sei, forse quello che volevi essere o forse no. A trent’anni il cinismo talvolta ti abbranca e ti tormenta, a trent’anni il profumo è di cuoio conciato, lavorato, tirato, usato, nudo e crudo, di catrame, intensamente terroso, misterioso, sono lontani gli echi della carnosa frutta giovanile. A trent’anni hai barlumi di consapevolezza, a trent’anni hai capito le regole e come funzionano i meccanismi e sulla sottile lama della rassegnazione balli. A trent’anni non sei ancora vecchio, ma non sei più giovane. A trent’anni sei adulto, ma non ti senti pronto, sei infantile e non sei più un ragazzo, a trent’anni non vuoi separarti dalle tue speranze. A trent’anni sei maturo?
A trent’anni forse cogli il senso delle cose negli occhi di un donna, guardando la sua schiena nuda al mattino appena sei sveglio o in un bicchiere di vino.
A Trent’anni l’equilibrio può apparire precario, l’essenza sfuggente, impalpabile: tutto appare dritto come una lama, essenziale, senza fronzoli, addirittura scarno. Ma se ti fermi un attimo ed aspetti, senza che ti colga l’ansia e il panico, senza che tu perda l’innocenza che ti ha accompagnato, senza che t’incarognisca, se solo sai attendere, cogliere la fortuna piuttosto che aspettarla, afferrare il tuo tempo invece di inseguirlo allora sentirai il rigurgito del vigoroso frutto giovanile, e le passioni e le speranze e le visioni che sono sfumature floreali ornate dagli aromi, dalle spezie, dalle erbe, dal sale dell’esperienza, di ciò che speravi essere e sei; e quel finale metallico, ematico, il sapore del sangue che sulle labbra ti lascia l’ultimo sorso è il particolare interessante che lo rende diverso.
A trent’anni puoi ancora guardare avanti.
Sorridendo.

Doors, Riders on the storm.

posted by Mauro Erro @ 13:09, ,


Greco di Tufo 2005 "Pietrarosa" - Pasqualino Di Prisco

Dopo le vicissitudini commerciali legate al vecchio distributore, Pasqualino Di Prisco torna in carreggiata. Taurasi, Aglianico, Greco di Tufo, Fiano di Avelino e Coda di Volpe i suoi vini, Carmine Valentino l’enologo e Fontanorosa la sede della sua cantina. Molti lo conoscono per il suo Taurasi che in alcune annate come la 2004 ha primeggiato, ma io ho spesso apprezzato anche i suoi bianchi. In questo caso il Greco, vitigno per me che sono un “fianista”, sempre complicato con cui relazionarmi. Il colore è ancora giovanile nelle sue nuances paglierine attraversato da lampi dorati, al naso esprime un netto sentore di nocciola tostata, fiori e frutta bianca, erbe aromatiche e un timbro mentolato. Al palato, contrariamente a quanto mi aspetterei dal Greco è più verticale che orizzontale. Molto persistente, grande freschezza acida, chiusura leggermente amara. Sono passati tre anni per questo cru ed è ancora un pargoletto, costa 12 euro o giù di lì e durerà ancora tanto. Un vero affare.

Garbage, Thirteen

posted by Mauro Erro @ 13:03, ,


Taurasi 2004, Contrade di Taurasi - Lonardo

Mi rimbombano nella testa le parole te l’avevo detto e il faccione di Paolo De Cristofaro, responsabile del Gambero Rosso in Campania, che più o meno un mesetto fa durante una bevuta serrata mi diceva: “l’hai saggiato il 2004 di Lonardo?”
No, ma rimediamo subito.
La cantina di Sandro Lonardo è di quelle che mi piacciono particolarmente. Una piccola bottega di alto artigianato e un laboratorio di sperimentazione che sforna intorno alle ventimila bottiglie: la testardaggine dei Lonardo e il contributo tecnico dell’enologo Maurizio De Simone e del microbiologo dell’Università di Palermo Giancarlo Moschetti regalano vini unici (unici, sottolineo) che meritano sempre l’assaggio e la conseguente e gaudente bevuta. Nonostante alcuno, se non un minimo, aiuto, qui si lavora sulla selezione dei lieviti indigeni, sui legni d’affinamento, sui terreni; sperimentazioni che richiedono non solo sforzi economici, ma anche tanta pazienza e tempo. Allora ecco il 2004 dei Lonardo (degli altri, il Grecomusc’ in particolare, scriverò in seguito) da lieviti indigeni, dal colore ancora denso e carico che al naso stupisce per la sua eleganza, marchio di fabbrica dei Taurasi di questa cantina. Sia chiaro, ancora giovane, ma tanto elegante da dubitare che si tratti di un bambinello di appena 4 anni, con il suo timbro agrumato che lo contraddistingue, le sfumature speziate, il frutto sussurrato ed accompagnato da rimandi floreali, la nota minerale: insomma tanto ampio e tanto complesso per cui si può immaginare solo un futuro radioso. Al palato c’è maggiore concentrazione, una leggera discrasia rispetto a ciò che si percepisce al naso: bella stoffa, tannino seppur levigato, non ancora domo, e sensazioni che si devono ancora dispiegare con nitidezza sull’intero cavo orale.
Inno all’eleganza, alla bevibilità e alla snellezza. Una bella figliola che diverrà, con buone probabilità, una gran donna.

Joan Baez, House of the Rising Sun

posted by Mauro Erro @ 11:40, ,


Senza parole

a
aBecause, Beatles.

posted by Mauro Erro @ 10:23, ,


Alto Adige, Val Venosta, Pinot Nero - Castel Juval 2006

Riprendono le trasmissioni.
Scusatemi, ma il periodo natalizio coincide con il momento più stressante per il mio lavoro, poi bilanci, conti e il tempo per condividere raccontandovi emozioni di lieti calici si è esaurito, ma rimedio subito dopo avervi augurato un grandioso 2009.
Eccovi il più buono pinot nero italino che abbia mai saggiato. La boccia in foto mi è stata regalata da un amico alla fine di quest'estate ed ha trovato la sua fine sul tavolo in questi giorni del 2009 dopo aver riposato per un po' in cantina. Non ha la pesantezza del legno che solitamente i Pinot nero nostrani scontano sempre, ponendosi con leggiadria e grazia: di una bevibilità disarmante, piccoli frutti rossi, note animali, fiori freschi, tanta mineralità al naso come al palato dove si aggiunge tanta freschezza e tannini risolti. Mi hanno detto che la 2005 è ancora più buona...non so, cercherò, nel frattempo voi cercatevi questo, non facile da trovare: intorno ai 15 euro. Finalmente!

Portishead - Sour Times

posted by Mauro Erro @ 12:26, ,






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