Ristorante Casal di Gioia, estro e qualità a Km 0
martedì 31 agosto 2010
Ricavato da un vecchio casolare degli inizi del ‘900 il ristorante, aperto da maggio 2002, è gestito dalla famiglia Di Gioia: Carmine in sala e Giuseppe in cucina, coadiuvati dalla presenza instancabile della mamma e della giovane Elena Mancini dedita ai pani e ai dolci.
Giuseppe, lo chef, è una persona di grande esperienza, la sua umiltà va a cavallo con una grande passione e professionalità fatta di conoscenze e di esperienze maturate sul campo dalla tenera età di tredici anni quando lascia la famiglia per approdare in Nord Italia a Tarvisio. Da allora comincia per lui un excursus lavorativo che lo vede in giro per l’Italia, da Napoli ad Heinz Beck a Capri al ristorante dell’Hotel La Palma, prima di approdare nel suo territorio d’origine. La cucina di Casal di Gioia è una cucina prettamente territoriale, in stretto legame con i piatti della tradizione interpretati in chiave moderna: cotture sottovuoto e a bassa temperatura sostituiscono per alcuni piatti tecniche di cottura più tradizionali, mantenendo intatti i sapori e le proprietà organolettiche di materie prime già di altissima qualità.
Grande attenzione e cura nella scelta dei formaggi quindi per i quali c’è una vera e propria carta, ma anche per gli oli extravergine di oliva, questi davvero a chilometro zero e scelti in base alle cultivar e alle spremiture che più si adattano ai suoi piatti. Un bonus per i pani, rigorosamente con lievito madre, periodicamente rinfrescato. Chiusura d’eccellenza con i dolci, tra cui spiccavano un cremoso al cioccolato – cioccolato fondente al 75% e una piccola percentuale di cioccolato bianco con all’interno more appena colte che ne contrastavano l’amaro, su un biscotto di arachidi che lasciava in bocca una sottilissima scia di sapidità – e la tartellette ai fichi su una delicatissima crema di noci.
In sala troverete sempre ad accogliervi il fratello Carmine che si occupa personalmente della cantina e la mamma.
Il ristorante propone tre menù tutti a prezzi competitivi: il menù della tradizione con piatti rigorosamente locali a 23 €; il menù degustazione a 25€ e il menù alla carta sui 35 €.
Ristorante Casal di Gioia
Via Calore, 228 – Amorosi (BN)
0824 970416
Giorno di chiusura, Martedì
La Domenica aperto solo a cena su prenotazione
www.casaldigioia.it
Adele Chiagano
posted by Mauro Erro @ 13:28, ,
Ca’ Nova, Ghemme 2005
lunedì 30 agosto 2010
posted by Mauro Erro @ 11:51, ,
Wine Experience: il filo di Arianna
venerdì 27 agosto 2010
Se nella mitologia greca fu Dionisio (Bacco per i romani) a consolare l'Arianna abbandonata da Teseo con una meravigliosa corona d'oro forse che oggi sia arrivata un'altra Arianna decisa a ricompensarlo trasformando in un nettare davvero divino il frutto a lui più caro?!
Fabio Cimmino
posted by Mauro Erro @ 07:18, ,
Riflessioni sotto l'ombrellone: da Montalcino a Cirò, il paese degli italioti
mercoledì 25 agosto 2010
Si, Consorzi.
Complice il rilassamento agostano e le letture sprofondo nella malinconia dei ricordi.
Montalcino, Brunellopoli, L’Espresso. Ci si mette Soldera, il produttore di Montalcino, che rilascia un’intervista a Gian Luca Mazzella per il Fatto Quotidiano. Come non fosse bastata l’elezione di Ezio Rivella, fondatore e amministratore per 22 anni della Castello Banfi, tra le aziende indagate in riferimento allo scandalo Brunellopoli, a Presidente del Consorzio di Montalcino, il provocatore Gianfranco afferma che la critica in Italia è quasi del tutto inesistente.
Già Carlo Macchi, in un raro lampo di vero giornalismo nel nostro orizzonte, ci si era messo con una lunga intervista al Cavaliere, mostrando il machismo abbondante dei nostri tempi: l’assoluta mancanza di pudore, qualità appartenente sovente al gentil sesso e a cui noi maschietti dovremmo aspirare.
Il tutto rimbalza sulle pagine di Intravino.
Ripesco un mio vecchio pezzo, ottobre 2008, all’epoca dello scandalo. Pareva di vivere momenti decisivi, di svolta, erano i tempi dell’appello di Sangiorgi e Marco Arturi sull’identità del vino Italiano.
E come è andata a finire a due anni e più dallo scandalo, mi chiedo.
Produttori sfuggenti.
Nel frattempo in cui la stampa specializzata italiana in un gioco di raro equilibrismo, tenendo conto dei numerosi interessi in gioco e certo non aiutata dalla sua debolezza economica – nessuno se ne abbia a male, è una semplice questione di numeri: copie e lettori; non rimane che aggrapparci alle speranzose parole per adesso – ponderava soluzioni, proponeva aggiustamenti cercando di non scontentare nessuno: brunello superiore, brunello da sole uve sangiovese, controetichetta, collare o almanacco delle vigne di Montalcino in allegato alle bottiglie, i produttori di Montalcino – memori della congiura dei Pazzi – si mettevano d’accordo.
Sottotraccia.
L’unico che tentava di tenerci aggiornati era Franco Ziliani, ma le sue missive, purtroppo, apparivano mano a mano che il tempo passava litanie che accompagnavano il morto.
Il massimo che abbiamo saputo fare dalla copertina Velenitaly dell’Espresso e lo scandalo Brunellopoli è la formulazione di un paradosso di Epimenide: l’Oscar del Vino premio speciale – trasmesso sulla tv di stato – alla Castello Banfi.
Ecco, penso, ciò che ha saputo fare una giovane critica inconsapevolmente complice che aderisce all’assioma dell’ultimo libro del mio concittadino regista Paolo Sorrentino: hanno tutti ragione.
No, non hanno tutti ragione.
E Rivella non c’entra quasi nulla, adesso. Basterebbe pensare alle parole scritte da Jeremy Parzen per capire che Rivella è sempre stato più americano che italiano. Sornione, spavaldo, con il petto in fuori tossisce le sue convinzioni con sorriso beffardo, sbeffeggiando, talvolta paternamente, colleghi e giornalisti. Gli basterebbe un cappello da cowboy e gli stivali a punta per somigliare ad un George W. Bush qualsiasi.
Fa quasi sorridere suscitando impensabili simpatie nella sua schiettezza Rivella l’ammerricano.
Quello che c’è da chiedersi è dove sono i produttori che sdegnati gridavano al sangiovese in purezza tout court. I duri e puri.
Quelli che, nella lingua italiana, si definiscono anch’essi complici di questo stato di cose.
Silenzio assoluto, ovviamente.
Quindi niente gaglioppo in purezza, che in alcune vette espressive fa mirabilie – d’altronde basterebbe ricordarsi le quintalate d’uva che negli anni ’60 (o le cisterne di vino poi) partivano per il nord destinate a rinomate zone –, per aggiungervi un 20% di vitigni altri. Ultimi rumors vedrebbero gli incriminati merlot e cabernet sauvignon relegati ad un solo 10%, mentre godono di maggiore considerazione montepulciano, barbera ed altri sino al 20.
Perché?
E soprattutto chi vuole questo cambiamento?
Le grandi aziende?
Non si capisce. Si rincorrono voci, sussurri, talvolta contrastanti: “gli Ippolito sarebbero divisi”, “i Senatore a favore”.
E Iuzzolini? I Malena? La San Francesco dei Montresor? Librandi che fa? Ah, già, Librandi è fuori dal Consorzio. Librandi ha dalla sua il brand.
Sì, ma perché?
Altre voci: “dopo i vari scandali e scandaletti si cerca di mettere la copertina. Qui cabernet e merlot non è certo da oggi che ci sono nei vigneti. E in passato nei vini…”.
Pare che tra i promotori del cambio del disciplinare ci sia Gaetano Cianciaruso, presidente del consorzio nonché a capo di Enotria, la cooperativa che raggruppa tanti agricoltori associati e 150 ettari di vigna per un milione di bottiglie prodotte.
Pare.
Frasi sospese.
O silenzio con l’unica lodevole eccezione di Francesco De Franco che dall’alto delle sue due vendemmie e delle diecimila bottiglie di vino prodotte, coinvolgendo altri piccoli produttori, tenta di destare in noi un minimo d’attenzione al problema.
Già, perché alla fine questo non è un pezzo di cronaca, perché i fatti mancano.
Come sempre.
Queste sono solo divagazioni.
Ed è questo il punto, la mancanza di trasparenza.
Eppure, non parliamo di decidere l’esito di un condannato a morte, né tantomeno discutiamo di una condanna all’ergastolo, ma del cambiamento di un disciplinare vitivinicolo di denominazione. Ognuno potrebbe esporre le proprie idee in pubblico e cercare di far valere le proprie ragioni.
So che i calabresi ci tengono in particolar modo a mostrare un aspetto della loro indole, l’accanimento a perseguire il silenzio, a nascondersi, a far sì che ci si dimentichi di loro; che la Calabria sia un buco nero su una cartina geografica, ma è in Italia che qualsiasi cosa deve essere strisciante, un complotto anche quando non ve n’è motivo.
Aumma aumma e un occhiolino a suggello dell’accordo.
Machiavellici ad oltranza.
E ricordarsi del consumatore?
P.S. Mi sarebbe piaciuto concludere queste riflessioni scrivendo in attesa di una cortese smentita. Dovrò contentarmi – eufemismo per ne sarei lietissimo – che i vari operatori citati, i produttori in particolar modo, intervenissero per chiarirci un po’ le idee.
posted by Mauro Erro @ 14:35, ,
Venerdì 27 Agosto, le Piccole vigne a Castelvenere
martedì 24 agosto 2010
Ci siamo, questo il piccolo trailer che presenta i protagonisti del Festival delle Piccole Vigne che sarà ospitato nuovamente alla Festa del vino di Castelvenere giunta alla sua trentatreesima edizione, venerdì prossimo 27 agosto.
posted by Mauro Erro @ 10:00, ,
Se n'è andata Lidia Alciati
lunedì 23 agosto 2010
Quando il rientro delle vacanze si fa più duro del solito, ho pensato apprendendo la notizia dal blog di Marco Bolasco.
Degli agnolotti del plin di Lidia Alciati avevo accennato al rientro da Pollenzo (qui), dove ero stato, tra l’altro, da Guido, il ristorante dove Piero, suo figlio, me li aveva serviti al ragù, facendomi anche assaggiare quelli al tovagliolo: non conditi, ma semplicemente serviti nel piatto e custoditi in un tovagliolo. Come fossero caramelle.
Caramelle pregiate che raccontavano una storia, una tradizione, una famiglia e un luogo: un certo Piemonte Langarolo e Monferrino.Non ho mai conosciuto Lidia Alciati. Non ne ho avuto modo.Ed è uno dei rimpianti che mi porterò dietro.
foto (Consorzio Costigliole)
posted by Mauro Erro @ 10:04, ,
L'arte della pizza e/o dell'imbruoglio (fate Voi!).
sabato 14 agosto 2010
Mia Moglie: " E' troppo presto per mangiare una pizza?"
Cameriere: "No, assolutamente, potete pure accomodarVi".
Ci accomodiamo.
Dopo qualche minuto il Cameriere ci raggiunge al tavolo...
Cameriere:"Visto che il forno non è ancora pronto... (?!) Vi posso portare qualche antipasto ?"
Mia Moglie (visibilmente sorpresa e contrariata) mi guarda. Io per quieto vivere acconsento. Alla fine, per la cronaca, ci ritroveremo nel conto 26 €uro di antipasti per una fritturina all'italiana, 4 bruschette, un fritturina di gamberetti ed una di seppioline.
Nel frattempo che ci servono gli antipasti vediamo allontanarsi una persona con 2 fumanti pizze da asporto...
Taciamo, del resto siamo usciti per trascorrere una serena serata in famiglia (o almeno quella era l'intenzione).
Arrivano le pizze. Discrete.
Chiediamo il conto.
Arriva come al solito un fogliettino di carta volante. Chiedo la ricevuta...
Conto di 61 €uro. Ho dato 70 ma mi arriva il resto solo di 5.
Mi accorgo di aver dato più soldi del dovuto, lo faccio notare. Ma alla cassa devono essersi già accorti del mio errore solo che fanno finta di nulla.
Chiedo, comunque, gli altri 5 che avanzano.
Camiere: "Hanno fatto il conto paro!"
Mia moglie: "Il conto paro per chi ? Per Voi?"
Il Cameriere sembra non capire, torna confuso alla cassa e mi porta gli altri 5 €uro.
Lascio altrettanti di mancia.
Mi allontano verso l'uscita giochicchiando con mia figlia mentre sullo sfondo continuo a sentire la voce, incalzante, del cameriere: "Tutto bene Signora, tutto a posto Signora,.."
Napoli, punto e indietro!
posted by Mauro Erro @ 08:14, ,
Pausa caffè: Contrasti
venerdì 13 agosto 2010
La gente ha bisogno di cose facili.
Dolci e melliflue.
Molli, semplici, facilmente capibili.
Dei contrasti ha paura.
Pensa Napoli.
O Caravaggio.
O la Calabria.
Le ‘ndrine e il mare.
Però in Calabria non c’è solo il mare, ma meravigliose montagne e vallate, gole e dirupi. In Calabria le vacche fanno la transumanza e i formaggi stagionati sono buonissimi.
La Sila e l’Orsomarso, il Pollino e l’Aspromonte.
Ed è bellisima la Calabria.
E il Moscato di Saracena la descrive, nei toni bruschi e ossidati, severi, terrosi e metallici. Nella lussuria della dolcezza, nel bagliore mediterraneo di frutta secca e datteri, miele ed erbe aromatiche. Nella lunghezza aromatica di questo calice, ancor denso al palato nel suo incedere e acido, quanto basta, per pulire il palato e dimenticare la stupidità.
Nostra.
Biagio Diana
Moscato Passito di Saracena 2007
cl. 0,50 - € 25
posted by Mauro Erro @ 08:21, ,
The Bottle: Zappa reloaded - Jazzland -
giovedì 12 agosto 2010
Si racconta di un contadino che quando conquistò il posto fisso come bidello prese la zappa la buttò in un fosso e ci sparò un paio di colpi sopra con la doppietta.
Zappare è terribile. E c’è chi l’ha fatto per una vita intera, non per scelta.
Zappare è terribile.
e ti chiedi chi te lo fa fare.
Ti senti come uno schiavo al servizio della terra, terra che ti ha rapito e non ti molla più.
E sudi, sudista insudiciato, sudi come se ti sciogliessi, capisci di essere acqua che affiora sull’epidermide e scivola giù e torna alla terra come tributo.
Meccanizzare tutto nella mia vigna non è possibile, neanche lo vorrei.
Non sarà mai tutto dritto e liscio e uguale per una macchina che possa zappare il filare al posto mio e di Pinuccio. E le viti giovani vanno zappate, anche due tre volte l’anno.
I creaturi fanno buttare il sangue.
Il bello è che poi li vedi crescere, cerchi di difenderli da tutto il resto. E alla fine la vigna sembra una grande opera di land art, composta da migliaia di esseri viventi in continua mutazione. Questo ti ridà la forza che sembrava svanita, rimette a posto la schiena spezzata: tu e la terra, e quello che è stato fatto si vede a distanza.
Ad agosto i filari sono di un verde brillante, come ramarri. Si respira un tempo sospeso, come se si aspettasse solo il concerto dopo le ultime prove. Sotto le foglie, l’uva comincia a colorarsi, come se un inchiostro stesse scrivendo sugli acini la partitura di una vendemmia. Il crescente lavoro cominciato in autunno, rafforzato in inverno, esploso in primavera, adesso vive la pausa prima dello spettacolo finale.
E il blues della fatica diventa il jazz della contemplazione. Di una bellezza struggente e appagante. I grappoli sono note disegnate sul pentagramma dei filari, e la brezza è il fiato che fa vibrare un’ancia di contralto.
Colonna sonora e credits:
John Coltrane: My favourite things
Bud Powell: Blue pearl
Bill Evans: Beautiful love
foto: Vigna Località Cigno, Rutino (Sa) - Azienda Agricola Salvatore Magnoni
Salvatore Magnoni
posted by Mauro Erro @ 14:36, ,
Good Luck & Good Night: Outra Caiprinha
domenica 8 agosto 2010
Sì! Sono uno di quelli per cui l’anno è quello scolastico, che si indica con la doppia annata, che si entra sempre alla seconda ora, che vorrebbe a vita le ferie da Giugno a Settembre, che la pausa caffè si chiama intervallo.
E non sono uno invece cha fa pubblici bilanci o proclami di belle speranze. Non sono un tipo da Quirinale e da discorso di fine anno: non so neanche se il prossimo sarò qui o na beira do mar, di un mare lontano, dove la sabbia sembra zafferano e l’aria profuma di sandalo e salmastro.
Ora è tempo di rilassarsi, mettere in ordine i pensieri e bere una (o più, ma bevete responsabilmente) caipirinha.
Ci si risente un giorno, sempre on-air.
Good night ma soprattutto Good Luck.
Sigla.
Caipirinha
6 cl di Cachaça
mezzo lime tagliato a cubetti
zucchero di canna lavorato bianco
ghiaccio tritato
Roberto Erro
posted by Mauro Erro @ 16:14, ,
Pausa Caffè: Lungo e macchiato
venerdì 6 agosto 2010
Adesso che manco da un po’.
Non che siano mancate le pause caffè, figurarsi, sono partenopeo e cafettiero, ma non ci siamo rilassati, fermati un solo secondo.
Prima siamo andati a Bra e Pollenzo, in Piemonte, dove in una giovane redazione abbiamo passato una settimana di lavoro intensa, cogliendo però l’entusiasmo di un gruppo di ragazzi presi dal nuovo progetto della guida ai vini di Slow Food.
Qualche anticipazione?
Ho trovato tanti Barolo 2006 succosi e leggiadri e ricordato che il Piemonte può davvero essere terra di meravigliosi bianchi.
Che un buon Grignolino è l’ideale per accompagnare il pasto.
Che qualche Amarone può anche piacermi.
Ops.
Che ci sono regioni tutte da scoprire e regioni da valorizzare di più.
Che la Campania è terra di grandi bianchi.
Ed il Vulture di favolosi aglianico.
Che di vigneron matti ce n’è tanti.
Per fortuna.
Che gli Agnolotti del Plin di Lidia Alciati, la mamma di Piero dovrebbero diventare patrimonio dell’Unesco.
Che i micro birrifici italiani stanno producendo cose estremamente interessanti.
Ma soprattutto buone.
Che è piacevole lavorare con persone giovani e competenti, che ti da entusiasmo e ti fa credere in ciò che fai.
Mi ha fatto piacere tramutare una conoscenza virtuale in pacche e abbracci.
E vedere questa grande curiosità negli occhi delle persone.
E mangiare il pane di Matera e i peperoni cruschi.
Adesso si va a Saracena, in Calabria, tra i moscatari.
Ci sentiamo presto.
Giuseppe Rinaldi
Barolo Brunate – Le Coste 2006
€ 40 .ca
foto 1: Davide Panzieri e Fabio Pracchia
foto 2: Dario Ferro e Giancarlo Gariglio
foto 3: Fabio Giavedoni; Fabio Pracchia e Jonathan Gebser
foto 4: di Adele Chiagano, i twitterini dell'aglianico nella cantina Carbone a Melfi
posted by Mauro Erro @ 13:53, ,
Wine experience: Vintage
martedì 3 agosto 2010
Fabio Cimmino
posted by Mauro Erro @ 08:31, ,