Francesismi: Muscadet (Granite de Clisson 2008, Bruno Cormerais)


È indubbio che la conoscenza del vino faccia piccoli passi in avanti con il trascorrere del tempo. Vale per il singolo bevitore quanto per l’intera categoria di appassionati. Niente di trascendentale, per carità, oggi l’Italia non è attraversata da milioni di piccoli Veronelli, ma di certo non possiamo dire che la situazione sia la stessa di 20 o 30 anni fa, storture ed eccessi compresi. 
Molto dipende ovviamente da un mercato più ricco di proposte, si sono moltiplicati gli esercizi commerciali, i produttori, i vini, i distributori, gli scriventi. Oggi la Francia non è più un mondo oscuro riservato a pochi eletti, e di Borgogna o di Bordeaux si possono leggere o ascoltare molteplici opinioni, confutabili, fin quando le tasche lo permettono, con l’acquisto di una bottiglia nell’enoteca sotto casa o attraverso internet. 
Ma i Muscadet, continua a non filarseli nessuno. Perché? 
Ho un mio rapporto innanzittutto affettivo con questo vino, quando da ragazzo divoravo i libri di Hemingway e immaginavo, come lui, di trovare un bistrot dove rifocillarmi, dopo una lunga passeggiata o una partitella a calcio, con un Muscadet gelato e un piatto di frutti di mare. Altro che Gatorade per rimpolpare i sali minerali. 
Trovo questo bianco della Loira un vino moderno come pochi, capace di accompagnare non solo le ostriche, ma tanto altro oggi che la cucina si è alleggerita e non abbiamo le stesse abitudini alimentari dei nostri nonni. Un vino discreto da aperitivo, per guardarsi la partita alla televisione, un vino che non necessita come altri di invecchiamenti ultra ventennali, che si esprime meravigliosamente tra i tre e i sei anni dalla vendemmia, e adatto per altre centinaia di momenti. E cosa non di poco conto, proposto a prezzi abbordabilissimi. 
Come quest’ultimo che ho bevuto del 2008, il Granite de Clisson di Bruno Cormerais, dal minuzioso e sottile intreccio di erbe, resine e roccia. E di bocca ricca di energia sapida e tensione, di leggerezza e sapore.

posted by Mauro Erro @ 10:16, ,


Novità editoriali



In attesa che mi arrivi il numero 0 della nuova rivista Dispensa, diretta da Martina Liverani, e nella speranza di trovare un po’ di tempo per dare uno sguardo più approfondito a Vino in Valle, il viaggio tra vignerons della Valle d'Aosta di Fabrizio Gallino, di cui già si parla diffusamente in rete – scriverò di entrambi prossimamente - oggi è il turno di novità digitali che riguardano anche il sottoscritto. 

Proprio da poche ore, infatti, sono usciti su iTunes store i nuovi ibook di Enogea per la collana I Cru, e visto che ne ho curato la redazione entro subito nel dettaglio. 


Innanzitutto per dire del formato, leggibile su iPad, su iPhone e iPod Touch, e da novembre anche sul pc, con il nuovo sistema operativo OS X Mavericks. A differenza di altri formati e ebook, questi conservano elementi di grafica e impaginazione tipici del cartaceo – e la cosa mi garba particolarmente – che, ovviamente, non permettono di scalare a proprio piacimento le dimensioni del testo. A questo si aggiungono poi una serie di funzioni interattive, video, animazioni, 3d, gallerie fotografiche e altro ancora. 

Al momento, sia in lingua italiana che inglese, sono usciti Bolgheri e La classificazione dei cru di Barolo e Barbaresco redatta da Masnaghetti, al prezzo di 3,99 €. Nel primo avrete la possibilità di navigare grazie alle cartine dentro le vigne della rinomata denominazione toscana, avere una descrizione del territorio suddiviso in tre settori, avere sottomano l’elenco completo delle aziende, con i dettagli cartografici delle vigne di ciascuna, le informazioni utili di contatto e l’elenco dei vini prodotti. Nell’altro la Classificazione ufficiosa redatta da Masnaghetti dei cru di Barolo e Barbaresco, da uno a cinque stelle, arricchita dalle mappe comunali in cui navigare. 
Prossima uscita, Valtellina.

posted by Mauro Erro @ 12:14, ,


Vini naturali?

Nel variegato mondo del vino, ricco di sfumature e di eccezioni più che di regole, c’è una costante che mi accompagna da sette anni. Da quando ho iniziato a tenere dei corsi di approccio al vino per il consumatore. 
Alla domanda qualcuno conosce o hai mai sentito parlare o ha assaggiato un vino naturale, le risposte sono facce spaesate e silenzio mentre si scuote il capo. Questa volta, qualcuno ha timidamente abbozzato i vini biologici?



Da un punto di vista strettamente statistico non è certo una grande performance. Su oltre duecento “intervistati”, zero assoluto. 
A questo punto, sempre a proposito di dati, con colpevole ritardo devo citare l’ottimo lavoro giornalistico, l’utile libro per chi, tra gli addetti ai lavori, voglia approfondire la materia, Il vino “naturale”; i numeri, gli intenti e altri racconti a cura di Simona Centi, Gianpaolo Di Gangi, Alessandro Franceschini, Maurizio Paolillo e con il contributo di altri amici autori e colleghi. 

Stando ai numeri che escono dal censimento fatto dagli autori, sono solo 771 le aziende italiane definibili naturali (in tutte le possibili accezioni). Per cui la non conoscenza dei consumatori deriva dalla sostanziale non presenza, nei numeri, dei vini naturali sul mercato. Manca la cosiddetta massa critica. 

Oltre i numeri, però, credo che ci sia spazio per ulteriori suggestioni e riflessioni. 
Trovo molta verità nella frase di Angelo Gaja, il celebre produttore langarolo, i vini naturali saranno il futuro. Su quando questo futuro arriverà, però, nutro maggiori dubbi.

posted by Mauro Erro @ 12:57, ,


Rocca del Principe, Lapio, Fiano di Avellino 2009


Più passa il tempo e più questa versione del fiano di Aurelia Fabrizio e Ercole Zarrella (0825.982435 - per maggiori informazioni sull’azienda e i suoi vini vedi qui) diviene affascinante e particolarmente adatta al mio gusto. La bottiglia bevuta l’altro giorno tanto era loquace quanto chiara nel suo discorso, in un momento di espressività ottimale, e soprattutto in una fase del suo racconto molto intrigante. 
Sul mio quadernetto degli appunti ho segnato parole come chiarezza, purezza, lucentezza, brillantezza, luminosità, energia, senza indugiare troppo sui termini strettamente legati alle caratteristiche organolettiche dove minerale e roccia si ripetevano spesso, che mi riportano ad una delle possibili origini della parola Lapio, ad una delle sue probabili etimologie: lapis/lapidis – pietra, roccia, appunto. 
È facile formulare l’ipotesi che questa annata, non semplice da gestire per l’andamento climatico, ci restituisca oggi un vino in cui la carica aromatica del fiano è meno intensa tanto da far emergere un carattere e un aspetto che definirei più territoriale, non sempre e non facilmente riscontrabile, per molteplici motivi, nei vini che provengono da questa zona. O almeno mi piace pensarla così. Il punto, in ogni caso, è che spicca un ulteriore aspetto o tassello di uno dei vini bianchi più buoni d’Italia quale è il fiano, proposto tra l’altro a prezzi estremamente convenienti per il consumatore, e di Lapio, dove la storia moderna di questo vino ha avuto inizio. Un orizzonte ben diverso da quelli a cui ci hanno abituati i vini, a me particolarmente cari, provenienti dal comprensorio di Montefredane, con le loro fascinose note torbate: per dirla in colori passiamo dalle pennellate giallo dorate alla luminosità del bianco. 
Non so quanto durerà questo paesaggio, nel tempo la fabula del vino vedrà il suo intreccio susseguirsi, sulla scena si ripresenterà il vitigno, forse il profilo si farà più severo, le note idrocarburiche faranno capolino, oppure sarà altro ancora. Vedremo. Ma, nell’attesa, so cosa bere: godendomi questo vino per come è adesso.

posted by Mauro Erro @ 10:44, ,


Cannubi, notizie confuse e frammentarie...


Secondo voci di corridoio parrebbe che sull'annosa questione delle vigne Cannubi in Barolo (vedi qui e qui), il Consiglio di Stato abbia dato ragione alla Marchesi di Barolo, sconfessando così il Tar del Lazio.
Parrebbe. Nel frattempo cercherò di verificare adeguatamente la notizia.

posted by Mauro Erro @ 13:23, ,


Romagna mia


I vini dell’Emilia Romagna non sono per me un argomento frequente; in fondo, le mie soste più lunghe in questa regione risalgono ai tempi dell’adolescenza in cui, almeno una volta, il passaggio sulla riviera era obbligato. Ultimamente invece capita che mi interessi maggiormente a questo territorio, merito innanzittutto dei puntuali report di Francesco Falcone su Enogea, e di trovarvi qualche intrigante bevuta proposta, tra l’altro, a prezzi più che convenienti per il normale uomo della strada. Tra le ultimissime annate ad esempio mi fa piacere consigliarvi i vini della storica azienda Fattoria Zerbina (0546.40022): il Ceregio Rosso 2012, che è un sangiovese di Romagna Superiore deciso ma non privo di sfumature, a cui Falco ha assegnato il punteggio di 87/centesimi sull’ultimo numero di Enogea, e che dovrebbe costare non più di 8/9 euro in enoteca, e il Bianco di Ceparano 2012, che è, invece, un'albana secco di bella stoffa e vivace energia - un vino succulento e sapido che dovreste trovare intorno ai 10/12 euro. 
E come un mantra ripeto a me stesso: c’è altro, oltre il lambrusco.

posted by Mauro Erro @ 09:45, ,






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