Falanghina Santacroce 1990, Mustilli e la verticale storica
lunedì 25 maggio 2015
Leonardo Mustilli (foto tratta dal sito) |
Leonardo Mustilli, Mr. Falanghina.
Immagino abbia detto più o meno così l’accompagnatrice del gruppo di tedeschi che ho incrociato andando via dalla cantina, dovendo ad un certo punto presentare l’ingegnere. Li avevo visti a tavola mezz’ora prima qualche metro più in là, a piazza Trento, Palazzo Rainone a Sant’Agata dei Goti, dove i Mustilli hanno l’agriturismo. Lady Marilì – la first lady – sfornava piatti, e gli attempati tedeschi, sistemati in due ampi tavoli rotondi al centro del settecentesco salone nobile, tra ceramiche, specchi e lampadari pendenti, erano tutti brindisi declamati all’in piedi, calici di Falanghina alla mano, risate, traduzioni, fraintendimenti, ancora risate, come sono grandi i ravioli, come sono buoni i ravioli, di nuovo brindisi, e giù un altro sorso di Falanghina.
Li guardavo divertito, mentre al mio tavolo Paola e Anna Chiara, le altre due lady che si occupano dell’azienda vitivinicola, figlie dell’ingegnere, divagavano con gli ospiti di arte contemporanea.
Le bottiglie della degustazione |
La prima Falanghina che sia stata mai imbottigliata e commercializzata è davanti a me. Anno 1979. Ne furono prodotte 3.000 bottiglie. In etichetta reca l’indicazione geografica (tipica) Santacroce. Azienda Mustilli. La doc Sant’Agata dei Goti arriverà nel ’93. Già alla sua seconda annata, la 1980, la produzione salirà a 10.000 bottiglie. Vuol dire che l’ingegnere, classe ’29, che la falanghina l’aveva immaginata vino, ci credeva. È quel che penso mentre la servono a me e agli altri invitati alla verticale storica: 37 anni percorsi attraverso due degustazioni, una di greco, il primo ad essere vinificato e imbottigliato a partire dal 1976, e un’altra di falanghina.
Tralasciando i riferimenti storici più datati, rimanendo al contemporaneo, fino agli anni ’60 della falanghina non c’è traccia nei sacri testi. Appena citata come uva – e non come vino – il biotipo flegreo. Fino alla metà dei settanta, i bianchi sanniti sono a base di trebbiano, greco o grieco, e coda di volpe. Sarà dalla seconda metà di quegli anni che nella provincia Sannita si inizieranno a valutare i vitigni locali, tra questi la falanghina di Bonea, e sperimentarli in alcune aziende tra cui quella di Leonardo Mustilli. Dopo gli incoraggianti assaggi avvenuti nel ’77, ad opera di una commissione di enotecnici che valuta la Falanghina come “un vino caratteristico e di sicuro interesse sia per vinificazioni in assoluto, sia per i tagli”, l’ingegnere decide di produrla e imbottigliarla. Con un’accortezza: pianta sia il biotipo sannita, la falanghina di Bonea, più strutturata e acida, sia il biotipo flegreo. Ed il suo vino è prodotto al 50% da entrambi i biotipi.
Verticale storica: i calici e i colori |
1979, 1980, 1986, 1988, 1990, 1996, 2002*. Queste le annate degustate durante la verticale storica a cui sono stato invitato dalla famiglia Mustilli, che ringrazio per questa occasione. Unica, non rara. E devo tenerne conto. Non ho alcun termine di paragone per vini da falanghina così vecchi. Non potrei averne; e non ho alcuna idea di come possa comportarsi il biotipo flegreo in terra sannita. L’unica interpretazione di cui dispongo, il punto di vista dei Mustilli, si distribuisce in sette calici e 22 anni di storia aziendale. Pratiche e obiettivi, tanto in vigna quanto in cantina, sono cambiate e si sono aggiornate nel tempo, come è normale che sia. In considerazione di ciò, sarei portato a separare rispetto al profilo organolettico i vini dal ’79 al ’88 dagli ultimi due, 1996 e 2002. La ’90, un vino assoluto, a sé.
I primi quattro, nel profilo olfattivo, quanto a integrità, non hanno alcuna nota ossidativa. E questa già è una notizia. Nonostante il successo commerciale la Falanghina nell’immaginario collettivo è ritenuto un vino da consumarsi giovane. E al di là dell’immaginario non si ha spesso l’occasione di berne così invecchiate. La più vecchia che avrò bevuto io avrà di poco superato il decennio, senza che l’invecchiamento abbia aggiunto granché a dire il vero.
Il profilo olfattivo si muove seguendo due direttrici, da un lato le sensazioni cerealicole, dall’altro quelle più vegetali, balsamiche e resinose: che s’intrecciano tra loro fino a toni più maturi di caramella all’orzo e miele (di castagno; 1979). Dei primi quattro vini, solo ’80 e ’88, sulla carta l’annata migliore dalle informazioni desunte da Fortunato Sebastiano, l’attuale consulente agronomico ed enologico che ci accompagna nella degustazione, hanno note più scure e stanche. Al palato, invece, il discorso cambia completamente. Questi vini, figli di una viticoltura dalle rese più alte e interpretati secondo pratiche di cantina che di certo non cercavano la concentrazione (basterebbe guardare il grado alcolico, poco sotto o poco sopra i 12°), sono scarnificati. In difetto di sapore, l’impianto gustativo si regge quasi esclusivamente sull’acidità. E questa è la prima differenza rispetto agli ultimi due vini, 1996 e 2002, che invece di sapore e di succo ne hanno. Non l’unica differenza, già i colori sono diversi, più freschi, con impensabili venature di verde. Per una falanghina di 19 anni. Della ’96 stappiamo due bottiglie per un sospetto di tappo. Ma anche la seconda presenta, più sfumata, questa nota secca, quasi polvere da sparo. Una nota che percepisco, più o meno evidente, in tutti i vini assaggiati dal 96 in poi, anche i greco, e anche in quelli appena sfornati, i 2014. Al di là di questo, anche il profilo olfattivo è più fresco e le note cerealicole virano su sentori marini più evidenti (risacca, battigia, alghe), le erbe si intrecciano con note di agrumi, il profilo è genericamente più freddo, più nordico. Al palato, come ho già scritto, c’è sapore e sostanza. Al netto delle annate, entrambe fresche, i vini sono integri. Con una mia preferenza per il ’96.
Mustilli, Sant'Agata dei Goti, le cantine storiche |
Leonardo Mustilli questa volta non l’ho visto. Nonostante la sua presenza aleggiasse, sia stata evocata, sia materia liquida nelle cantine scavate nel tufo sotto l’azienda dove sono stipate bottiglie su bottiglie che raccontano il suo lavoro e i suoi sforzi. E mi dispiace che non ci sia, perché davanti alla Falanghina Santacroce 1990, avrei voluto vedere la sua reazione. Nonostante la sua capacità d’immaginazione, l’istinto, l’approccio determinato, scientifico, al di là del calcolo imprenditoriale, davvero non so come potesse reagire davanti ad una falanghina vecchia di 25 anni da lui prodotta, in questo stato di forma. Verde, verdissima, con una nota netta di anice ad aprire le danze, e un incessante rincorrersi di note linfatiche, di resine, di agrumi, di erbe. Nel profilo olfattivo spazia ricordando Matelica** e alcuni chenin blanc della Loira. Al palato ha sapore, ritmo acido/salino, pienezza orizzontale, leggera e cordiale derapata alcolica sul finale.
Di Falanghina così, vecchie di 25 anni, non so come si faccia a produrle. È l’unica che abbia mai bevuto. E neanche di vini bianchi italiani, vecchi 25 anni, ne ho incontrati tanti così buoni.
* i vini sono stati conservati presso le cantine Mustilli sotto la sede aziendale ad un temperatura costante nel tempo di 13 gradi. Prelevati e stappati un’ora prima della degustazione, avvenuta presso Palazzo Rainone a Sant’Agata dei Goti il 20 maggio.
** Paolo De Cristofaro
posted by Mauro Erro @ 14:04, ,
Note a margine
giovedì 21 maggio 2015
Gruner Veltliner Rotes Tor Federspiel 2013, Franz Hitzberg
È fibroso ma non solo. L’aspetto aromatico è solo accennato, come quello minerale. Al palato ha polpa e presa sapida, e sfila senza scalini fin giù al gargarozzo occupando gli spazi come fosse l’Empoli di Sarri: con elasticità, si allunga e si allarga. Quel che gli manca, al momento, è la loquacità che ti aspetti dopo la deglutizione, che arriverà, invece, solo con il tempo.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Austria/ Wachau
% vol: 12,5
Prezzo: 30/32 euro in enoteca
Boca 2008, Antico Borgo dei Cavalli
Non è il 2010 di cui ho scritto qualche post fa in termini di finezza, qui il finale all’assaggio è più ruvido e rigido, ma ci ritrovi il guizzo e il nervosismo del nebbiolo altopiemontese, con gli agrumi a corredo come i sacri testi recitano. Io servo questi rossi intorno ai 14, 15 gradi. Forse in questo caso è meglio qualche grado in più.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Italia/Piemonte
% vol: 14
Prezzo: sui 30 euro in enoteca
Beaujolais Brouilly Pierreux 2011, Pierre e Marie Chermette
Come il precedente non ama l’eccessiva frescura. Ché esalta sia il tratto vegetale, non disprezzabile, che la vispa acidità. Ma rispetto al precedente ha maggiore loquacità, finezza e distensione. Più semplice ma più armonico. Con l’aria e la temperatura che si alza tira fuori un bel frutto scuro e olivoso. È in un buon momento espressivo e io apprezzo la bevibilità dei buoni Beaujolais in questa stagione. Stappatelo.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Francia/ Beaujolais
% vol: 12,5
Prezzo: 20/22 euro in enoteca
Tenuta Frassitelli 2014, Casa D’Ambra
Fatevi un regalo: aspettate almeno fino ad agosto per assaggiarlo. Non è un mostro di lunghezza forse, non avrà chissà quale spinta aromatica, vedremo, ma conserva quel suo fascino fatto di erbe aromatiche, pompelmo e lime, e sale, nel corpo di un peso welter.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Italia/Campania
% vol: 12
Prezzo: 12 /14 euro in enoteca
Gruner Veltliner Federspiel 2013, Rudi Pichler
Purezza. Rivolgersi qui. Portamento e silhouette, è il vino che mi invoglia continuamente a bere e riempirmi il bicchiere. È quello il problema: riuscire ad aspettare. Perché è proprio un giovincello. Bordeggia, veleggia, guizza.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Austria/ Wachau
% vol: 12,5
Prezzo: 22/25 euro in enoteca
Pommard Grand Clos Des Epenots 1er cru 2010, De Courcel
L’esplosione di balsami peggio di un vic sinex è un marchio di fabbrica. Ha possanza ed armonia. Procede come un crucco, determinato fino alla fine. Tannino non gli manca anche se è un pinot nero. Aspettare è obbligatorio. Per chi avrà pazienza sarà meraviglioso. Tra dieci anni, o giù di lì. Così come il 2008 (più piccolo ma più luminoso) e il 2012 (meno ampio e dettagliato) che pure mi son piaciuti.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Francia/Borgogna
% vol: 13,5
Prezzo: sopra i 100 euro
Corton Charlemagne Grand Cru 2010, Bonneau du Martray
Del trittico 2008, 2009 e 2010 è quello che si beve meglio adesso. Ciò detto, dire che il legno sia integrato, ma soprattutto che questo vino abbia iniziato a dispiegare un ventaglio aromatico più ampio, ce ne passa. Al palato però ha ritmo, armonia e classe da vendere. Un continuo rincorrersi di sale, grasso, freschezza, sapore.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Francia/Borgogna
% vol: 13,5
Prezzo: sopra i 100 euro
Clos de la Roche Grand Cru 2010, Chantal Remy
Bevuto di fianco al Pommard precedente, è un'altra storia. Di delicatezza, ma anche di dettaglio. A suo appannaggio la prima, ma non il secondo. È più crudo, molto indietro nella sua evoluzione. O forse non è un buon momento adesso in quanto a espressività. Meglio al palato, non certo del tutto disteso. Come ho scritto in precedenza: seppellitelo e ne riparliamo tra qualche anno.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Francia/Borgogna
% vol: 13
Prezzo: sopra i 100 euro
Sancerre Chene Marchand 2012, Dominique Roger
Ha dalla sua la riconoscibilità. Che si tratti di Sancerre, ma anche di altra zona rispetto ai classici monti dannati – vedi quello che segue – lo si capisce subito. Lo riconosci da quel fiore bianco che fa capolino oltre alle classiche note vegetali, aromatiche e resinose. Palato medio, non di grandissimo peso, ma di ottima coerenza e, come denominazione vuole, di bel ritmo sapido.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Francia/Loira
% vol: 13
Prezzo: 23/28 euro in enoteca
Sancerre Clos la Neore 2011, Edmond e Anne Vatan
Da qualche parte credo di aver scritto che la 2011 non mi fa impazzire come annata per Sancerre. Ecco, contrordine compagni: questo, almeno, l’altro giorno mi ha rimesso in pace con il mondo. Corpo ed eleganza, con un tocco di carne cruda all’inizio ed elicriso alla fine dell’assaggio. Ecco perché è un’etichetta del cuore, non è mai prevedibile.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Francia/Loira
% vol: 14
Prezzo: sopra i 50 euro
Brunello di Montalcino 2010, Baricci
Ha delicatezza e leggerezza del tocco, cortesia e circospezione, sfumature dal viola al blu, è composto e composito nel disegno. Io me ne sono innamorato al primo assaggio. Ha bisogno di tempo.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Italia/Toscana
% vol: 14,5
Prezzo: 32/35 euro in enoteca
Brunello di Montalcino Bramante 2010, Podere San Lorenzo
Ha più peso, più aperture, il tocco è più felpato rispetto al precedente, l’estetica e la ricerca di eleganza è la stessa, con un tocco di mediterraneo più caldo.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Italia/Toscana
% vol: 15
Prezzo: sui 35 euro in enoteca
Brunello di Montalcino 2010, Fattoi
Sprizza giovialità e spontaneità. Succo, un filo di rusticità se volete, ma tanta gioia: quel che perde in sfumature lo acquista in immediatezza. E si beve che è un piacere.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Italia/Toscana
% vol: 14,5
Prezzo: 27/30 euro in enoteca
Brunello di Montalcino 2006, Pian delle Querci
Avete presente la gioia delle piccole cose? Raymond Carver ci ha fatto un racconto. Vale per questo. Piccolo sin dal prezzo, ma riuscitissimo a partire dalle note di goudron che ne sono l'incipit. In beva.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Italia/Toscana
% vol: 14
Prezzo: 20/25 euro in enoteca
Rosso di Montalcino 2013, Fattoi
Vale quel che ho scritto per Il Brunello, cambia la scala di grandezza. Rimodulate, prezzo compreso, e capirete cosa troverete in questo: meno cori, ma un pizzico di energia e giovialità in più.
Tipologia: rosso
Nazione/regione: Italia/Toscana
% vol: 14
Prezzo: 13 /15 euro in enoteca
Pinot bianco Vorberg 2009, Terlano
Quando è così giovane, e chi conosce questo vino sa le sue capacità di evoluzione nel tempo, è proprio difficile non riconoscerlo quando è servito alla cieca. Giovane ma loquace, con il suo profilo terragno a cui abbina la delicatezza di talune erbe aromatiche (salvia e alloro). Passi avanti per questa annata in termini di armonia al palato rispetto al ricordo che ne avevo dal mio ultimo assaggio, non recentissimo a dire il vero. Ha polpa, gratificazione orizzontale, spinta verticale. Forse non dettagliatissimo il finale, a voler esser pignoli come Arrigo Sacchi: per il resto abbina bel gioco e concretezza. Servito fresco (13 gradi ca.) da il meglio.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Italia/Alto Adige
% vol: 13,5
Prezzo: sui 25/30 euro in enoteca
Soave Classico Calvarino 2012, Pieropan
Floreale di lavanda, rimandi balsamici, e un diffuso senso di soffice accoglienza al naso. Stesso discorso all’ingresso al palato, più morbido e ovattato che ritmato, mentre il finale è più sottile e sfumato. Ha bisogno di tempo sia per raggiungere un maggiore dettaglio aromatico, sia per distendersi ed equilibrarsi al palato. Ha una sua eleganza e delicatezza di tocco. È solo questione di tempo.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Italia/Veneto
% vol: 12,5
Prezzo: 20/22 euro in enoteca
Fiano di Avellino 2013, Colli di Lapìo
L’annata non è di certo tra le migliori che si ricordino degli ultimi anni, detto questo non ama le temperature troppo basse, ha bisogno di ossigeno, e forse anche di un po’ di tempo per trovare qualche sfumatura maggiore al naso e maggiore equilibrio al palato, dove l’alcol tende a coprire il finale. Più sostanza che sfumature.
Tipologia: bianco
Nazione/regione: Italia/Campania
% vol: 13,50
Prezzo: 13/14 euro in enoteca
posted by Mauro Erro @ 12:58, ,
Girare al largo
lunedì 4 maggio 2015
Prendete una vanga, scavate una fossa e metteteci le bottiglie in foto (anche l’ultimo a destra è un 2010). Son fanciulli. Anche carucci, ma pur sempre fanciulli.*
*Dei due vini centrali in foto ho anche bevuto di recente le 2008. Sono abbastanza diversi, più nervosi e meno armonici dei ’10 in questo momento. Seppellite prima quelli.
ps. In tema, ma a proposito di Chablis e di Dauvissat, qui Paolo De Cristofaro stamane.
posted by Mauro Erro @ 11:57, ,