Da Peppe, Rotonda (PZ)
martedì 30 agosto 2011
Cucina: tradizionale
Proposte: a la carte 30/35 € vini esclusi
Plus: la genuinità dei prodotti e delle persone, la simpatia, il prezzo conveniente
Abbiamo bevuto: Aglianico del Vulture Canneto 2001, Azienda D’Angelo; Aglianico del Vulture Bauccio 2004, Madonna delle Grazie
Rotonda è un comune di tremila e seicento abitanti ultimo avamposto meridionale della provincia di Potenza, al confine con il territorio calabro. Insiste nel Parco nazionale del Pollino, il più grande d’Italia, essendone sede e, la sua origine, nonché la sua naturale ospitalità – vi soggiornò Garibaldi il 2 settembre 1860 – si perde lontano nel passato. In Corso Garibaldi 13, per l’appunto, dal 1980 Peppe De Marco (aiutato da sempre dalla moglie Angela) cucina e valorizza come fosse un missionario (qui da 31 anni non si va in ferie) alcune perle gastronomiche offerte da un territorio aspro e generoso al contempo (i bue che vi trovate sono da guinness dei primati, lunghi due metri e oltre). In una botte tagliata a metà e appesa al muro all’esterno potete leggere i menu, l’insegna ricorda una vecchia public house inglese o una ancor più antica Tabernae romana. All’interno due sale semplici su due piani, quella superiore vestita in modo più istituzionale, una settantina i coperti; pochi tavoli, invece, all’esterno in un vicolo laterale, stretto, fiorito e romantico. Alle proprie spalle due porte: una da sulle voci della sala, l’altra sui profumi della cucina.
La piccola e prelibata melanzana rossa (oggi presidio Slow Food), il fagiolo poverello, il paddraccio, formaggio da latte ovino e caprino, sono alcuni dei prodotti che trovate in una ricca selezione di antipasti (tortino di melanzana rossa di Rotonda e patate con cuore di pecorino; tortino di patate e vaiane, zucchine ripiene, melanzane ripiene, peperoni ripieni, paddraccio arrostito; zuppetta di fagiolo poverello di Rotonda con polvere di peperoni e peperoni cruschi) che basterebbe il viaggio.
Una cucina tradizionale, semplice, dai sapori robusti ma equilibrata ed eseguita da una mano gentile vi accompagna, mentre in sala le giovani figlie di Peppe, Flavia – colei che prepara i dolci – e Antonella, ragazze simpatiche, divertenti e preparate, vi accudiscono.
Tra i primi (consigliati gli spaccatelli con melanzana rossa e caciocavallo podolico; i raviolini di ricotta e ortiche in sugo di ortiche; gli spaghetti con tartufo e fonduta di formaggi) e i secondi (ottimo l’ agnello con patate e il baccalà alla griglia con purea di fave aromatizzata all'alloro) difficile scegliere. Dulcis in fundo la torta di melanzane rosse di Rotonda, specialità di Flavia, dove le melanzane, caramellate con zucchero e moscato di Saracena, sono mescolate alla ricotta e al cioccolato e adagiate su una base di frollini.
Carta dei vini territoriale dove trovate tutti i grandi classici dell’Aglianico del Vulture (qualche etichetta in più delle nuove leve non dispiacerebbe), proposti a prezzi estremamente corretti e potendo scegliere anche vini invecchiati il giusto.
Qui, oltre l’accoglienza, la genuinità e la bontà dei sapori, trovate consapevolezza, passione e amore del proprio territorio e del proprio lavoro: Peppe De Marco, d’altronde, è colui che ha valorizzato più di altri la melanzana rossa di Rotonda (cosa di cui dovrebbe tener conto il neonato Consorzio).
Cento metri più avanti, sempre sul corso, la bottega dove potrete comprare prodotti gastronomici e d’artigianato (ricordatevi di farvi dare, oltre alle melanzane, il libro di Flavia De Marco, ricco di ricette da replicare a casa).
Quella di Peppe De Marco è una di quelle cucine che si spera di trovare in cima, quando la salita è finita.
DA PEPPE
Corso Garibaldi, 13
Rotonda (PZ)
Tel. +39 0973 661251
Carte di credito: tutte
Orari: aperto sempre; chiuso la domenica sera e il lunedì (tranne d’estate); ferie mai.
Come arrivare: Percorrere la Salerno-Reggio Calabria, uscire a Laino Borgo e svoltare a sinistra verso Contrada Santa Foca seguendo le indicazioni per Rotonda.
ah
La piccola e prelibata melanzana rossa (oggi presidio Slow Food), il fagiolo poverello, il paddraccio, formaggio da latte ovino e caprino, sono alcuni dei prodotti che trovate in una ricca selezione di antipasti (tortino di melanzana rossa di Rotonda e patate con cuore di pecorino; tortino di patate e vaiane, zucchine ripiene, melanzane ripiene, peperoni ripieni, paddraccio arrostito; zuppetta di fagiolo poverello di Rotonda con polvere di peperoni e peperoni cruschi) che basterebbe il viaggio.
Una cucina tradizionale, semplice, dai sapori robusti ma equilibrata ed eseguita da una mano gentile vi accompagna, mentre in sala le giovani figlie di Peppe, Flavia – colei che prepara i dolci – e Antonella, ragazze simpatiche, divertenti e preparate, vi accudiscono.
Tra i primi (consigliati gli spaccatelli con melanzana rossa e caciocavallo podolico; i raviolini di ricotta e ortiche in sugo di ortiche; gli spaghetti con tartufo e fonduta di formaggi) e i secondi (ottimo l’ agnello con patate e il baccalà alla griglia con purea di fave aromatizzata all'alloro) difficile scegliere. Dulcis in fundo la torta di melanzane rosse di Rotonda, specialità di Flavia, dove le melanzane, caramellate con zucchero e moscato di Saracena, sono mescolate alla ricotta e al cioccolato e adagiate su una base di frollini.
Carta dei vini territoriale dove trovate tutti i grandi classici dell’Aglianico del Vulture (qualche etichetta in più delle nuove leve non dispiacerebbe), proposti a prezzi estremamente corretti e potendo scegliere anche vini invecchiati il giusto.
Qui, oltre l’accoglienza, la genuinità e la bontà dei sapori, trovate consapevolezza, passione e amore del proprio territorio e del proprio lavoro: Peppe De Marco, d’altronde, è colui che ha valorizzato più di altri la melanzana rossa di Rotonda (cosa di cui dovrebbe tener conto il neonato Consorzio).
Cento metri più avanti, sempre sul corso, la bottega dove potrete comprare prodotti gastronomici e d’artigianato (ricordatevi di farvi dare, oltre alle melanzane, il libro di Flavia De Marco, ricco di ricette da replicare a casa).
Quella di Peppe De Marco è una di quelle cucine che si spera di trovare in cima, quando la salita è finita.
DA PEPPE
Corso Garibaldi, 13
Rotonda (PZ)
Tel. +39 0973 661251
Carte di credito: tutte
Orari: aperto sempre; chiuso la domenica sera e il lunedì (tranne d’estate); ferie mai.
Come arrivare: Percorrere la Salerno-Reggio Calabria, uscire a Laino Borgo e svoltare a sinistra verso Contrada Santa Foca seguendo le indicazioni per Rotonda.
ah
posted by Mauro Erro @ 11:12, ,
Le virtù dei frutti di bosco e la ricetta della Cheese Cake
mercoledì 24 agosto 2011
posted by Mauro Erro @ 13:01, ,
Argomenti Tabù: crescita demografica, cibo e sostenibilità
venerdì 19 agosto 2011
“Avete paura di tutto perché vi sapete mortali, ma tutto bramate, come se foste immortali”
Lucio Anneo Seneca
Lucio Anneo Seneca
A ottobre saremo 7 miliardi. Lo scrive Giovanni Sartori nel suo editoriale di ferragosto sul Corriere della Sera riprendendo, in una lucida analisi, la notizia che arriva dai palazzi vaticani. A ciò aggiunge la nuova previsione riguardante la crescita demografica: se fino ad oggi si stimava che nel 2050 saremmo arrivati a 9 miliardi di abitanti sul pianeta Terra, per poi cominciare a decrescere, i nuovi calcoli prevedono, invece, che a fine secolo, nel 2100, toccheremo i dieci miliardi.
L’aumento demografico comporta aumenti moltiplicati di cibo e comodità, ma il “carico ecologico” diventa così sempre più insostenibile, continua Sartori: l’altra faccia del problema è che la sovrappopolazione fa salire l’inquinamento e anche il riscaldamento dell’aria (si calcola un aumento della temperatura, nel 2100, di 4 gradi con le evidenti conseguenze su clima e livello delle acque) mentre nel frattempo si assottigliano le nostre risorse, falde acquifere per l’agricoltura innanzitutto.
Che fare? Fermare la crescita demografica, anche se nessuno osa dirlo e l’argomento è proibito, conclude.
Un nuovo studio dell’Inter-Research Science Center, ripreso ieri da Andrea Bertaglio su IlFattoQuotidiano.it, evidenzia come nel mondo gli oltre 19 milioni di chilometri quadrati di riserve naturali esistenti (marine e terrestri) siano un importante traguardo, non in grado, però, di frenare l’allarmante perdita di biodiversità in corso, il cui ritmo è il più rapido degli ultimi 500 milioni di anni. Fra i problemi che limitano un’ulteriore diffusione delle aree protette, spiccano i tagli ai fondi (6 miliardi di dollari a livello globale, contro i 1.600 destinati agli armamenti), il contrasto con lo sviluppo industriale e soprattutto la costante crescita della popolazione mondiale, che raggiungerà, come scritto, i 7 miliardi di individui entro la fine di quest’anno.
“Stiamo parlando della perdita del 50% delle specie entro la prossima metà del secolo”, avverte il dottor Camilo Mora, co-autore del rapporto. Siamo nel bel mezzo di un’estinzione di massa, affermano molti scienziati. Di questo passo, fanno presente gli autori, entro il 2050 per sostenere i nostri livelli di consumo avremo bisogno di ben 27 pianeta Terra.
Sullo stesso canale del giornale, Ambiente e Veleni, lo stesso Bertaglio in un articolo di qualche giorno fa riportava uno studio dell'organizzazione americana Environmental Working Group che stila la classifica dei prodotti che causano più emissioni di gas serra: agnello, manzo e formaggio i primi tre.
Ciò che mi ha colpito sono i commenti a margine dello scritto della maggior parte dei lettori. Non una novità d’altronde quando si toccano questi argomenti: un misto di fatalismo e arroganza che, apparentemente, rende impossibile non l’attuazione e il cambiamento dei comportamenti, ma il solo pensare di poter affrontare la vita in un modo del tutto diverso.
Si parla di catastrofismo inutile, si bolla qualcuno come jettatore, una grattatina e via con le proprie insane abitudini.
Vale la pena, quindi, ricordare la storia di Marcin Jakubowski già raccontata qualche giorno fa da Jaime D’Alessandro su La Repubblica. Classe 1973, laureatosi a Princeton con dottorato in Fisica all’Università del Wisconsin, nel 2003 Marcin decise di fare l’agricoltore. Si trasferì in Missouri, comprò una fattoria e un trattore. Gli si ruppe. Lo riparò. Gli si ruppe nuovamente. Lo riparò ancora e così di seguito fino a quando non finì i soldi.
Marcin è il fondatore del movimento Open Source Ecology (vedi qui): “Poter accedere a strumenti low cost fatti con materiali riciclabili e pensati per durare una vita e non una una manciata di anni è vitale. Ed è esattamente quello che ho fatto: progettare quello che veramente mi serviva, condividendolo online”.
Entro il 2012 nascerà in America, a nord di Kansas City il primo villaggio “globale” interamente autosufficiente ed ecologico. Un équipe sta costruendo 50 macchinari low cost e open source con cui vivrà “fai da te” una comunità di duecento persone.
La filosofia che muove Jakuboswski, scrive D’Alessandro, è la stessa del software libero, applicata però al mondo reale. Un movimento che dietro l’innocua facciata del costruirsi da soli le cose, rifiutando sprechi e consumi inutili, sta diventando un modo radicalmente diverso di pensare l’esistente.
Quanto a noi e il nostro microcosmo?
Bisognerebbe separare l’utile dall’inutile, il valore nutritivo del cibo prima di attraversare l’universo del gusto, delle sensazioni ed il significato soggettivo che vi attribuiamo, il suo valore di medium e la rappresentazione di noi stessi, attraverso esso, in relazione con l’altro.
Fare educazione alimentare prima del gossip gastronomico, distinguere uno chef colto da un bruciapadelle ignorante, la dote di un vino contadino dal superfluo di una bevanda industriale, sperare di diventare gastronomi e non aspirare ad essere gastrofighetti, scegliere di leggere un giornalista e non un pennivendolo, e via così.
Provarci almeno.
Sarebbe un buon inizio.
ah
L’aumento demografico comporta aumenti moltiplicati di cibo e comodità, ma il “carico ecologico” diventa così sempre più insostenibile, continua Sartori: l’altra faccia del problema è che la sovrappopolazione fa salire l’inquinamento e anche il riscaldamento dell’aria (si calcola un aumento della temperatura, nel 2100, di 4 gradi con le evidenti conseguenze su clima e livello delle acque) mentre nel frattempo si assottigliano le nostre risorse, falde acquifere per l’agricoltura innanzitutto.
Che fare? Fermare la crescita demografica, anche se nessuno osa dirlo e l’argomento è proibito, conclude.
Un nuovo studio dell’Inter-Research Science Center, ripreso ieri da Andrea Bertaglio su IlFattoQuotidiano.it, evidenzia come nel mondo gli oltre 19 milioni di chilometri quadrati di riserve naturali esistenti (marine e terrestri) siano un importante traguardo, non in grado, però, di frenare l’allarmante perdita di biodiversità in corso, il cui ritmo è il più rapido degli ultimi 500 milioni di anni. Fra i problemi che limitano un’ulteriore diffusione delle aree protette, spiccano i tagli ai fondi (6 miliardi di dollari a livello globale, contro i 1.600 destinati agli armamenti), il contrasto con lo sviluppo industriale e soprattutto la costante crescita della popolazione mondiale, che raggiungerà, come scritto, i 7 miliardi di individui entro la fine di quest’anno.
“Stiamo parlando della perdita del 50% delle specie entro la prossima metà del secolo”, avverte il dottor Camilo Mora, co-autore del rapporto. Siamo nel bel mezzo di un’estinzione di massa, affermano molti scienziati. Di questo passo, fanno presente gli autori, entro il 2050 per sostenere i nostri livelli di consumo avremo bisogno di ben 27 pianeta Terra.
Sullo stesso canale del giornale, Ambiente e Veleni, lo stesso Bertaglio in un articolo di qualche giorno fa riportava uno studio dell'organizzazione americana Environmental Working Group che stila la classifica dei prodotti che causano più emissioni di gas serra: agnello, manzo e formaggio i primi tre.
Ciò che mi ha colpito sono i commenti a margine dello scritto della maggior parte dei lettori. Non una novità d’altronde quando si toccano questi argomenti: un misto di fatalismo e arroganza che, apparentemente, rende impossibile non l’attuazione e il cambiamento dei comportamenti, ma il solo pensare di poter affrontare la vita in un modo del tutto diverso.
Si parla di catastrofismo inutile, si bolla qualcuno come jettatore, una grattatina e via con le proprie insane abitudini.
Vale la pena, quindi, ricordare la storia di Marcin Jakubowski già raccontata qualche giorno fa da Jaime D’Alessandro su La Repubblica. Classe 1973, laureatosi a Princeton con dottorato in Fisica all’Università del Wisconsin, nel 2003 Marcin decise di fare l’agricoltore. Si trasferì in Missouri, comprò una fattoria e un trattore. Gli si ruppe. Lo riparò. Gli si ruppe nuovamente. Lo riparò ancora e così di seguito fino a quando non finì i soldi.
Marcin è il fondatore del movimento Open Source Ecology (vedi qui): “Poter accedere a strumenti low cost fatti con materiali riciclabili e pensati per durare una vita e non una una manciata di anni è vitale. Ed è esattamente quello che ho fatto: progettare quello che veramente mi serviva, condividendolo online”.
Entro il 2012 nascerà in America, a nord di Kansas City il primo villaggio “globale” interamente autosufficiente ed ecologico. Un équipe sta costruendo 50 macchinari low cost e open source con cui vivrà “fai da te” una comunità di duecento persone.
La filosofia che muove Jakuboswski, scrive D’Alessandro, è la stessa del software libero, applicata però al mondo reale. Un movimento che dietro l’innocua facciata del costruirsi da soli le cose, rifiutando sprechi e consumi inutili, sta diventando un modo radicalmente diverso di pensare l’esistente.
Quanto a noi e il nostro microcosmo?
Bisognerebbe separare l’utile dall’inutile, il valore nutritivo del cibo prima di attraversare l’universo del gusto, delle sensazioni ed il significato soggettivo che vi attribuiamo, il suo valore di medium e la rappresentazione di noi stessi, attraverso esso, in relazione con l’altro.
Fare educazione alimentare prima del gossip gastronomico, distinguere uno chef colto da un bruciapadelle ignorante, la dote di un vino contadino dal superfluo di una bevanda industriale, sperare di diventare gastronomi e non aspirare ad essere gastrofighetti, scegliere di leggere un giornalista e non un pennivendolo, e via così.
Provarci almeno.
Sarebbe un buon inizio.
ah
posted by Mauro Erro @ 10:27, ,
Segnalazioni: a proposito di melone...
sabato 6 agosto 2011
Su il fattoquotidiano.it Adele Chiagano e il melone...(vedi qui)
Ah
posted by Mauro Erro @ 10:02, ,