Argomenti Tabù: crescita demografica, cibo e sostenibilità


“Avete paura di tutto perché vi sapete mortali, ma tutto bramate, come se foste immortali”

Lucio Anneo Seneca


A ottobre saremo 7 miliardi. Lo scrive Giovanni Sartori nel suo editoriale di ferragosto sul Corriere della Sera riprendendo, in una lucida analisi, la notizia che arriva dai palazzi vaticani. A ciò aggiunge la nuova previsione riguardante la crescita demografica: se fino ad oggi si stimava che nel 2050 saremmo arrivati a 9 miliardi di abitanti sul pianeta Terra, per poi cominciare a decrescere, i nuovi calcoli prevedono, invece, che a fine secolo, nel 2100, toccheremo i dieci miliardi.

L’aumento demografico comporta aumenti moltiplicati di cibo e comodità, ma il “carico ecologico” diventa così sempre più insostenibile, continua Sartori: l’altra faccia del problema è che la sovrappopolazione fa salire l’inquinamento e anche il riscaldamento dell’aria (si calcola un aumento della temperatura, nel 2100, di 4 gradi con le evidenti conseguenze su clima e livello delle acque) mentre nel frattempo si assottigliano le nostre risorse, falde acquifere per l’agricoltura innanzitutto.

Che fare? Fermare la crescita demografica, anche se nessuno osa dirlo e l’argomento è proibito, conclude.

Un nuovo studio dell’Inter-Research Science Center, ripreso ieri da Andrea Bertaglio su IlFattoQuotidiano.it, evidenzia come nel mondo gli oltre 19 milioni di chilometri quadrati di riserve naturali esistenti (marine e terrestri) siano un importante traguardo, non in grado, però, di frenare l’allarmante perdita di biodiversità in corso, il cui ritmo è il più rapido degli ultimi 500 milioni di anni. Fra i problemi che limitano un’ulteriore diffusione delle aree protette, spiccano i tagli ai fondi (6 miliardi di dollari a livello globale, contro i 1.600 destinati agli armamenti), il contrasto con lo sviluppo industriale e soprattutto la costante crescita della popolazione mondiale, che raggiungerà, come scritto, i 7 miliardi di individui entro la fine di quest’anno.

“Stiamo parlando della perdita del 50% delle specie entro la prossima metà del secolo”, avverte il dottor Camilo Mora, co-autore del rapporto. Siamo nel bel mezzo di un’estinzione di massa, affermano molti scienziati. Di questo passo, fanno presente gli autori, entro il 2050 per sostenere i nostri livelli di consumo avremo bisogno di ben 27 pianeta Terra.

Sullo stesso canale del giornale, Ambiente e Veleni, lo stesso Bertaglio in un articolo di qualche giorno fa riportava uno studio dell'organizzazione americana Environmental Working Group che stila la classifica dei prodotti che causano più emissioni di gas serra: agnello, manzo e formaggio i primi tre.

Ciò che mi ha colpito sono i commenti a margine dello scritto della maggior parte dei lettori. Non una novità d’altronde quando si toccano questi argomenti: un misto di fatalismo e arroganza che, apparentemente, rende impossibile non l’attuazione e il cambiamento dei comportamenti, ma il solo pensare di poter affrontare la vita in un modo del tutto diverso.
Si parla di catastrofismo inutile, si bolla qualcuno come jettatore, una grattatina e via con le proprie insane abitudini.

Vale la pena, quindi, ricordare la storia di Marcin Jakubowski già raccontata qualche giorno fa da Jaime D’Alessandro su La Repubblica. Classe 1973, laureatosi a Princeton con dottorato in Fisica all’Università del Wisconsin, nel 2003 Marcin decise di fare l’agricoltore. Si trasferì in Missouri, comprò una fattoria e un trattore. Gli si ruppe. Lo riparò. Gli si ruppe nuovamente. Lo riparò ancora e così di seguito fino a quando non finì i soldi.
Marcin è il fondatore del movimento Open Source Ecology (vedi qui): “Poter accedere a strumenti low cost fatti con materiali riciclabili e pensati per durare una vita e non una una manciata di anni è vitale. Ed è esattamente quello che ho fatto: progettare quello che veramente mi serviva, condividendolo online”.
Entro il 2012 nascerà in America, a nord di Kansas City il primo villaggio “globale” interamente autosufficiente ed ecologico. Un équipe sta costruendo 50 macchinari low cost e open source con cui vivrà “fai da te” una comunità di duecento persone.

La filosofia che muove Jakuboswski, scrive D’Alessandro, è la stessa del software libero, applicata però al mondo reale. Un movimento che dietro l’innocua facciata del costruirsi da soli le cose, rifiutando sprechi e consumi inutili, sta diventando un modo radicalmente diverso di pensare l’esistente.

Quanto a noi e il nostro microcosmo?
Bisognerebbe separare l’utile dall’inutile, il valore nutritivo del cibo prima di attraversare l’universo del gusto, delle sensazioni ed il significato soggettivo che vi attribuiamo, il suo valore di medium e la rappresentazione di noi stessi, attraverso esso, in relazione con l’altro.
Fare educazione alimentare prima del gossip gastronomico, distinguere uno chef colto da un bruciapadelle ignorante, la dote di un vino contadino dal superfluo di una bevanda industriale, sperare di diventare gastronomi e non aspirare ad essere gastrofighetti, scegliere di leggere un giornalista e non un pennivendolo, e via così.
Provarci almeno.
Sarebbe un buon inizio.
ah

posted by Mauro Erro @ 10:27,

3 Comments:

At 19 agosto 2011 alle ore 12:34, Blogger Salvatore LANDOLFO said...

Carissimo Mauro,
correva l'anno 2002. Il post Torri Gemelle, ero papà da meno di un anno e in una libreria mi salta all'occhio questo libro " la terra scoppia " di Sartori e Mazzoleni e già li queste cose, e tante altre che man mano stanno succedendo si stanno verificando e la cosa peggiore esistono persone stupide da una grattatina e via o che mosse dai propri interessi o dalla volontà di non rinunciare a inutili comodità danno pareri fuorvianti.
La sovrappopolazione e il vero problema del pianeta e che le comunità, ecclesiali e non, non vogliano, bisogna immediatamente affrontarlo altrimenti la razza umana farà la fine dei dinosauri.

 
At 19 agosto 2011 alle ore 18:08, Blogger Gianpaolo Paglia said...

Intanto si sta formando un pensiero unico, quanto profondo non saprei, che non solo si possa fare a meno della scienza, ma che anzi essa sia in gran parte responsabile del degrado ambientale e della perdita della biodiversità. Peraltro bisognerebbe capirsi bene quando si parla di biodiversità, perche' dentro si tende a metterci di tutto, persino i cloni delle vigne.
Norman Borlaug fu insignito del Nobel della pace, e nelle motivazioni si legge che è stato stimato che abbia salvato dalla fame centinaia di milioni di persone. Norman era un genetsita agrario, padre della rivoluzione verde, che si basava sull'uso della chimica di sintesi e del miglioramento genetico. Piu' alte produzioni per ettaro, diceva Norman, vogliono dire meno ettari necessari per l'agricoltura e piu' spazio per boschi, riserve, ecc. Eppure oggi a dire queste cose si rischia il linciaggio. Bisognerà vedere come andranno le cose, e anche quanti danni farà il luddismo nel frattempo.

 
At 22 agosto 2011 alle ore 10:38, Anonymous Anonimo said...

sì, ok, l'uomo si estinguerà, magari tra una manciata di secoli. e allora? qual è la nostra paura?
etica e morale devono guardare, con serietà certamente, ai figli, ai nipoti, ai bisnipoti, ma oltre no, no e no.
di cosa abbiamo così tanta paura, della quale priveremo i nostri posteri? della bellezza di quale pianeta?
è solo ideologia, anzi tautologia. dobbiamo respirare l'aria che ci circonda, integrarci in essa, ma senza abbandonarci, questo sì, mai.
gp

 

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