Il modello Cargill, la multinazionale fantasma
lunedì 13 settembre 2010
Cargill
Cargill?
Chi sono costoro?
Una prima risposta l’avrete confrontando la foto che apre questo servizio con i dati del box qui sotto realizzati dal Financial Times in una recente analisi.
Se ciò non bastasse, non vi resta che continuare.
Box 1
1. Cargill è l’operatore più grande del mondo del cacao, interessandosi anche dei processi di trasformazione delle fave di cacao in liquore, burro e polvere, cioccolato.
2. Cargill è l’operatore più grande del mondo di zucchero.
3. Cargill ha un’attività (petrolchimica) incentrata sulla sostituzione di prodotti a base di plastica con prodotti a base di soia
4. Cargill produce steroli, composti vegetali che aiutano a ridurre i livelli di colesterolo, usato in succhi di arancia e di altri prodotti
5. Cargill è uno dei più grandi operatori di cotone.
6. Alimenti per animali sono forniti da Cargill per i produttori di latte commerciale in 28 paesi: in tutto il Nord e il Sud America, Europa e Asia
7. Cargill è l’attore più grande del mondo di mais.
8. Cargill maiale è coinvolto nella produzione di carne di maiale negli Stati Uniti e l'esportazione nel mondo.
9. Cargill Cucina Solutions è un rivenditore leader di alto valore di ovoprodotti gestiti negli Stati Uniti
10. Dal condimento utilizzato in alimenti trasformati al tipo usato su strade ghiacciate, la Cargill produce più di 1.000 tipi di sale.
11. Attraverso la sua controllata, la Compagnia Mosaico, Cargill è leader nella produzione di fertilizzanti, fornendoli agli agricoltori di tutto il mondo.
12. Cargill commercializza cereali e semi oleosi: impiega 15.000 persone in 50 paesi, 324 silos di funzionamento e 31 di import-export terminal
L’83,5% di tutto il manzo confezionato negli Stati Uniti è nelle mani di quattro aziende tra cui la Cargill.
Con altre tre aziende Cargill confeziona il 66% di tutta la carne di maiale degli Usa.
Il 71% della lavorazione della soia nel mondo è opera di tre aziende tra cui la Cargill.
Il 90% del commercio globale di cereali è in mano a tre aziende. Una di queste è la Cargill.
La Cargill possiede centri di commercio di metalli grezzi a Kiev, Istanbul e Mumbai, enormi allevamenti di polli in Tailandia, il più grande terminal di succhi di frutta ad Amsterdam, saline a Cleveland, industrie molitorie a Liverpool e in Argentina, stabilimenti per la trasformazione degli agrumi in Florida e via così. Un elenco lunghissimo che significa 160.000 dipendenti operando in 66 paesi del mondo.
Un fatturato che si avvicina ai 120 miliardi di dollari l’anno. Se vi serve un’unità di misura per capire di quanti soldi parliamo pensate che la Coca Cola ne fattura un quarto ed anche se si fondesse con il gigante McDonald’s arriverebbe solo alla metà.
Cargill è, molto semplicemente, la più grande società privata del mondo.
Eppure, provate a fare il nome Cargill alla prima persona che incontrate per strada e riceverete in risposta al massimo una faccia interrogativa.
Ciò dimostra quanto ne sappiamo del cibo che mangiamo.
Attenzione, quando parlo di società privata intendo a controllo familiare, ossia gli eredi di William Wallace Cargill che nel 1865 nell’Iowa fondò l’azienda, e della famiglia Mac Millian che controlla l’impero.
Già perché è tale la riservatezza della Cargill (e delle sue sorelle, le signore del grano, i big five-six-seven a seconda delle fusioni o dei tracolli avvenuti nella storia) che nessuna di loro è quotata in borsa: la riservatezza mal si concilia con la necessità di informare gli azionisti.
Eppure i dirigenti della Cargill sono dei fenomeni di cui andrebbe scritto. Già perché la Cargill ha una crescita esponenziale spaventosa se pensate che, prendendo in esame il periodo seguente al crollo delle Torri gemelle – del periodo di crisi scaturito, della crisi finanziaria e della crisi alimentare globale e del rialzo dei prezzi dei cereali – mentre altre multinazionali come la Coca Cola e McDonald’s, aumentavano, ovviamente, i loro fatturati negli anni con incrementi che non arrivavano al 50%, la Cargill piazzava un bel 100% raddoppiando i circa sessanta miliardi di dollari del 2002.
Quando parliamo di crisi dovremmo sempre specificare per chi.
Come ha fatto? Qual è il modello imprenditoriale?
Ce lo spiega Brewster Kneen autore di un libro inchiesta sulla Cargill (Invisible Giants: Cargill and its Transnational Strategy, London, Pluto Press/Ubc Press, 2002) quando afferma che “la Cargill non lavora veramente nell’industria alimentare, in realtà negozia beni agricoli come materie grezze che possono essere scomposte e ricomposte in prodotti a valore aggiunto che procurano utili all’impresa”.
Per capire meglio: un fattore sotto contratto con la Cargill acquista le sue semenze dalla Renessen (una Joint Venture tra Cargill e Monsanto di cui parleremo a proposito degli agrocarburanti). Il fattore è sostanzialmente costretto ad acquistare gli erbicidi dalla Monsanto e i fertilizzanti dalla Cargill. Il fattore è obbligato anche a vendere il raccolto alla Cargill ed è quest’ultima, ovviamente, a stabilire il prezzo. La Cargill lo trasforma parte in agrocarburanti, parte in foraggio per bestiame. Il foraggio lo manda in Tailandia dove lo rivende ad un produttore di polli come mangime. Ovviamente il produttore è sotto contratto con la Cargill a cui rivenderà il prodotto finito. E sarà sempre lei a stabilire il prezzo.
La Cargill trasformerà i polli, cuocendoli e confezionandoli, per rivenderli in Europa ad un McDonald’s o ad un supermercato.
La ricchezza della Cargill è fare da intermediario, guadagnandoci ad ogni passaggio.
E indovinate chi ci va a perdere?
Innanzitutto quelli ridotti in schiavitù o i minori sfruttati, stando alle accuse arrivate alla Cargill che è implicata in un po’ di scandali. Di cui non si è saputo quasi nulla, ovviamente.
“È un sistema a vantaggio delle multinazionali alimentari” sostiene Ben Lilliston, portavoce dell'Institute for Agriculture and Trade Policy (un gruppo di esperti con sede a Minneapolis) quando parla del sistema alimentare globale e dei danni provocati anche ai ricchi paesi del Nord, Stati Uniti compresi. “Stanno sostituendo gli agricoltori statunitensi con gli agricoltori del Brasile, dell'India, dell'Australia e persino della Cina. A queste aziende non interessa da dove provengono i prodotti alimentari. Vogliono solo i prezzi più bassi possibili”.
Incoraggiando l'aumento delle importazioni di generi alimentari, le multinazionali quali la Cargill, insieme alle principali catene di supermercati, mantengono bassi i costi e alti i margini di guadagno. La priorità principale di queste aziende è che i prodotti alimentari siano poco costosi, indipendentemente dalla loro provenienza.
E qual è il potere di Cargill e delle sue sorelle sulla ricerca o, soprattutto, sugli Stati Nazionali o sugli organismi mondiali?
Be’, basterebbe dire che il Governo Americano affidò il compito della ricostruzione dell’agricoltura in Iraq, dopo che il suolo era stato distrutto dai soldati di George W. Bush, a Dan Amstutz, ex vicepresidente della Cargill.
Si, lo stesso vicepresidente che, secondo alcuni, avrebbe scritto le leggi agricole del WTO (L'Organizzazione Mondiale del Commercio).
Foto 1: Financial Times
posted by Mauro Erro @ 21:32,
3 Comments:
- At 14 settembre 2010 alle ore 10:09, RoVino said...
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Mauro, complimenti, davvero. Hai scoperchiato il vaso di Pandora, perché la Cargill è l'emblema (insieme a McDonald's, Coca-cola, Monsanto, Bayer, società petrolifere ecc.) di cosa voglia dire sfruttamento, speculazione, lucro, senza guardare in faccia a nessuno e senza alcun rischio da parte della politica, che è totalmente dipendente da simili poteri.
E la gente comune, in totale ignoranza (anche colpevolmente), non ha alcun modo di difendersi. - At 15 settembre 2010 alle ore 10:53, said...
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Bravo
- At 15 settembre 2010 alle ore 20:37, Gianpaolo Paglia said...
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francamente mi sfugge un punto: di cosa sarebbe colpevole la Cargill?