CARO AMICO (TI) SCRIVO

Caro Mauro,
come avrai notato un po’ di tempo è passato dalla mia ultima visita su questo blog, come autore/coautore con il poliedrico Polini, ma vari eventi accaduti nell’ultimo anno mi hanno allontanato da questo piacevolissimo diletto.
Molte potrebbero essere le motivazioni da addurre per giustificare questa sosta forzata, ma quella che ritengo più valida è legata al fatto che credo che una persona non debba scrivere se non quando abbia davvero qualche cosa che valga la pena scrivere. Ed io, sinceramente, in questi mesi, nonostante qualche idea e qualche spunto abbozzato ed abbandonato in non so quale pen drive, non avevo molto da trasmettere, da commentare e soprattutto da condividere. Questo è sempre stato lo spirito che mi ha animato: condivisione di informazioni, di sensazioni, di pensieri, ma anche di semplici indirizzi o appunti. Tutte le volte che Gianluca ed io abbiamo qui scritto, lo abbiamo fatto per proporre le nostre esperienze a chi aveva il piacere o, quanto meno, la pazienza di leggere. Ed è per questo che, a parte a qualche svarione grammaticale che sempre può sfuggire, ogni volta che abbiamo iniziato a mettere le dita sulla tastiera abbiamo prima pensato, ponderato, considerato e soprattutto studiato e valutato le fonti, anche quando le informazioni che davamo erano autorevoli, poiché provenienti dagli stesso mastri birrai. Sì, perché se qualcuno se ne fosse dimenticato o si fosse distratto, qui è di birra che si parla. Il problema nasce quando si passa dal parlare allo sparlare, quando si raggiunge quell’overdose di informazione che, al posto di incrementare l’interesse del fruitore, lo porta ad una nausea da abuso.
Pur non scrivendo di birra, in questi mesi, ho continuato a leggere nel web sulla birra, ma mi sono trovato sempre più costretto a dover effettuare screening molto restrittivi per poter discernere tra l’informazione e la bufala, per capire se si trattava di sensazionale scoperta (di birrificio, di prodotto, di sapiente utilizzo di materia prima o ancora di tecnica brassicola) o solo mera, ma massiva, operazione di marketing. Si parla di Rinascimento della Birra Artigianale Italiana quando ancora molti, compresi alcuni “esperti” del settore, vivono in un medioevo nozionistico e per giunta errato.
Qui non è in discussione la realtà produttiva artigianale nazionale, ma le informazioni che circolano su di essa e sul mondo della birra in generale. La crescita del movimento italiano è un dato di fatto, ma per poter favorire ulteriormente il suo sviluppo e far uscire la birra definitivamente dal suo status di prodotto di nicchia è necessario continuare a coinvolgere le persone, ad accendere le loro curiosità, ma soprattutto ad educarle e formarle al piacere della bevuta senza mai cadere in facili populismi, in imposizioni di etichette e di mode e, soprattutto, senza mai diffondere informazioni grossolanamente sbagliate solo per poi vantarsi di averlo detto/scritto per primi.
Chiunque è in grado e, soprattutto, libero di scrivere, ma è importante che lo faccia con cognizione di causa e consapevole del fatto che un suo parere, una sua considerazione e una sua informazione può forviare tanti neofiti che da poco hanno fatto capolino in questo fantastico mondo.
Eppure, con l’andazzo degli ultimi tempi la birra artigianale sta diventando schiava di se stessa e dei clichè che le stanno appiccicando addosso. Non è vero che tutta la birra artigianale è buona: ci sono in giro dei prodotti di livello mediocre e talune birre sono addirittura improponibili. Se ogni prodotto che esce viene sempre e soltanto elogiato, un giovane bevitore quando si troverà a bere quel prodotto, peraltro non apprezzandolo, crederà che quello è il livello delle “buone” birre artigianali provocando uno sgradevolissimo effetto domino verso altri neofiti. Se si continua a dire che solo Tizio o Caio producono ottimi prodotti i nuovi discepoli di Gambrinus cercheranno in maniera spasmodica sempre e soltanto quelli senza nemmeno preoccuparsi di sapere se, nel raggio di qualche decina di chilometri da casa loro, esista un birrificio che valga la pena di essere visitato. E’ giusto sperimentare, ma è impensabile che ogni birra prodotta con l’utilizzo di qualche materia prima autoctona di supporto debba per forza essere bucolicamente idilliaca.
Così come sarebbe opportuno e giusto informare tutti quelli che vorrebbero fare i mastri birrai , che la birra non è fatta solo di malto, luppolo e Co., ma purtroppo anche di autorizzazioni, accise, lotte con i fornitori, logistica e pubbliche relazioni.
Lo stesso discorso potrebbe estendersi alle informazioni presenti sul web in merito alla produzione brassicola internazionale. Che senso ha parlare di IPA o AiPiEi - altrimenti qualcuno non capisce di cosa stiamo parlando - dall’IBU improponibile, quando molti non sanno ancora cosa significhi IPA e IBU. Impazza il Vintage, ma, a parte pochi illuminati, molti publicans corrono il rischio di riempirsi la cantina di prodotti che nel tempo troveranno la morte organolettica. Ci si dedica a fare pronostici su quale stile impazzerà nel corso dell’anno, ma ancora oggi mi cadono le braccia sentendo o leggendo di doppio malto.
Spero quindi che l’anno che verrà (e che è già iniziato) porti prima di tutto un poco di buon senso e, soprattutto, ridia un minimo di etica e coscienza professionale a chi le recensioni le fa per mestiere, avendo più rispetto per chi, come me, si ritaglia qualche minuto nel corso della giornata alla ricerca di qualche notizia brassicola che meriti di essere letta e che possa poi trasformarsi in una birra che meriti di essere bevuta.

Francesco Immediata

Caro Francesco, queste tue considerazioni non mi stupiscono, perché questi argomenti, quelli che riguardano l’informazione e il livello di approssimazione di coloro deputati a svolgere questo ruolo, sono vecchi quanto e più l’invenzione della stampa di Gutenberg.
Quanto al movimento della birra artigianale italiana e all’ambiente posso renderti partecipe di alcune considerazioni frutto della mia recente esperienza al servizio della nuova Guida delle birre di Slow Food dove ho notato il riproporsi dei soliti cliché già visti, in passato, in un ambiente a me più familiare come quello del vino. Mode, conflittualità, approssimazione sia in chi produce sia in chi racconta, sono passaggi, step, attraverso cui bisogna passare in un processo in cui pian piano si accresce sempre più la propria consapevolezza. Uno stile riproposto all’infinito o un luppolo neozelandese a me ricordano le discussioni che un tempo si facevano intorno la barrique. È normale che sia così.
Ma c’è di che essere ottimisti per due ordine di motivi: il primo riguarda la forma. La gran parte dell’informazione brassicola oggi si svolge sul web dando l’opportunità di una maggiore interazione, di un continuo vaglio critico da parte del lettore che sempre deve essere sollecitato all’intervento anche quando ci si trova davanti all’esperto o sedicente tale. Molto meglio di un’informazione calata dall’alto e dell’ipse dixit.
Il secondo, invece, attiene ai contenuti: la moda, se proprio vogliamo chiamarla così, sta avvicinando a questa bevanda e questo movimento tanti giovani talenti, appassionati curiosi che viaggiano e si specializzano, degustatori competenti e penne brillanti.
Loro, voi, sarete il futuro. Per cui si può star tranquilli e avere pazienza ché l’orizzonte sarà sempre più sereno. (me)

foto tratta dal blog La via dei Fatti - Aforisma
ah

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posted by Mauro Erro @ 17:28,

4 Comments:

At 19 gennaio 2012 alle ore 12:47, Anonymous prestiti inps said...

hai ragione, mi sembra un grande post e sono d'accordo con te. Possiamo dire e scrivere tutti ma con responsabilità e rispetto, questi sono i limiti.
Sara M.

 
At 25 gennaio 2012 alle ore 12:11, Anonymous cessione del quinto said...

condivido pienamente il tuo parere,nel senso che cosi come chiunque può scrivere chiunque può leggere,e tocca fare molta attenzione perche le parole scritte cosi come quelle parlate possono essercitare potere sulle persone.Grazie.Daniela

 
At 25 gennaio 2012 alle ore 12:15, Anonymous cerco lavoro said...

ehm...

vabbuò.

(me)

 
At 3 febbraio 2012 alle ore 10:02, Anonymous Fiano di Avellino said...

Sono completamente d'accordo con te!

 

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