Appunti sparsi dal Villaggio della Birra

Buonconvento, Siena

Giunto alla sesta edizione, il Villaggio della Birra è l’ottima manifestazione organizzata dai tipi del TnT Pub in quel di Bibbiano (Buonconvento, Siena). Quest’anno diciannove piccoli birrifici, quindici dal Belgio e quattro italiani, per una proposta davvero interessante. Di seguito qualche nota veloce, in attesa di più meditate riflessioni.


La sorpresa: Wit Goud di Hof Ten Dormaal. Ho sempre pensato che la birra dia il massimo nella semplicità dei suoi quattro elementi (acqua, malto, lievito, luppolo). Ogni altra aggiunta, in genere, regala risultati non sempre esaltanti. In questo caso l’uso di indivia aggiunge secchezza alla coda del sorso. E ne invoca un successivo. Scorrevole.

L’assaggio istruttivo: Babel di Foglie d’Erba. Versioni preparate in esclusiva per il Villaggio. Una ricetta comune, quella della Babel. Tre Pale Ale differenti per il solo utilizzo dei lieviti (americano, belga, irlandese). Perché oltre il luppolo c’è di più.

Il nome: Lion à Plume. Questo piccolo e giovane birrificio racchiude già nel nome un sogno e fonde i simboli (il gallo e il leone) delle due principali regioni del Belgio (Vallonia e Fiandre, sull’orlo di una crisi di nervi e di una guerra civile) in un unica potente immagine: il leone con le piume. Perché la pace bisogna prima immaginarla. E bere la sua Carioca, blanche che sostituisce alle spezie le note agrumate dei luppoli americani, aiuta. Utopia.

La conferma: De Ranke. Anche alla spina le sue creature sono spaventosamente buone. Perché l’amaro c’è, ma il lievito di più. Da bere ad occhi chiusi, senza indugi, senza ripensamenti. Un nome da imparare a memoria. Must.

La rivelazione: Guezerie Tilquin. Piccoli sogni si realizzano. Prima prova per Pierre Tilquin ed è amore. La sua storia merita uno spazio tutto suo. La sua gueze, la birra che ho bevuto di più. Tutte le volte che la mia lingua chiedeva una pausa di degustazione. Colpo di fulmine.

Da tenere d’occhio: Hoftrol. Birra da 6.2% ABV del birrificio ‘t Hofbrouwerijcke fermentata con brettanomiceti. Sul sito ufficiale mi pare di capire che la Hoftrol “classica” non preveda l’uso di questo ceppo di lievito. Quella assaggiata al Villaggio mostrava una acidità domata e i sentori sussurrati da bret a impreziosire una buona struttura. Promettente.

Il personaggio: Jef Van den Steen. Ha la barba lunga e grigia. Veste una camicia aperta su una canottiera bianca. Ovviamente in pantaloncini. Salta come un grillo e dice che la birra deve essere amara, perché quella dolce fa ingrassare: e fa sfoggio della sua silhouette, mostrandosi di profilo. Istrionico.

Transformers: si legge Italia, si beve Belgio. Fermentazione e maturazione per 4 mesi in tini di rovere per la Madamin, ulteriori 12 mesi di barrique per la Madama Brun-a. Sentori vinosi, punte lattiche, una morbidezza piacevole fa da contraltare alle note da bret, e poi ancora acetico e astringenza. Ottimo tributo alle flemish ale di Valter Loverier del birrificio piemontese Loverbeer. Intelligentemente sour.

Fuori posto: le versioni (ultra) hopped preparate (alcune) in esclusiva per il Villaggio. Ne assaggio diverse, non me ne piace nessuna. Ecco lo spunto per una futura polemica. Un degustatore inesperto (ovvero libero da condizionamenti) dopo averne bevuto solo 30 cl, mi ha detto: “mi brucia la lingua”. Tanto ingenuo quanto geniale. Nota stonata.

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posted by Mauro Erro @ 07:30,

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