Né carne, né pesce

il polpo Paul

È uno dei piatti della tradizione partenopea a cui sono più legato quello dei purpetielle affucate perché consumato sin dalla più tenera età in dosi massicce, soprattutto d’estate. Non avevo neanche dieci anni quando trainavo mio padre armato di lenza e polpara remando silenziosamente nelle luci dell’aurora: la pesca dei polipi era uno dei suoi passatempo preferiti a cui seguiva accurata preparazione in cucina.
Nel tempo è un’abitudine, quello della pesca, che io e mio padre abbiamo perso, accontentandoci solamente di prepararli e consumarli.

O purpe se coce int’all’acqua soia è divenuto un modo di dire mutuato da questa ricetta che prevede dopo l’accurata pulizia del polipo, una volta battuto affinché se ne ammorbidiscano le carni, l’inserimento in un tegame con olio, pomodori freschi, aglio, prezzemolo, pepe e sale (e a metà cottura un filino di vino bianco), cuocendolo a fuoco medio per una trentina di minuti. Con il sugo che ne deriva ci si condiscono le linguine. E campate una meraviglia.

La ricetta di mio padre è leggermente difforme, sarebbe più corretto dire in umido probabilmente, perché non so se per un’oscura forma di rispetto nei confronti del polipo o semplicemente per convinzione cuciniera, mio padre il polipo non lo ha mai voluto battere, né appena pescato sugli scogli come fanno molti, né in cucina. Per cui, fermo restando la preparazione che rimane invariata, fa bollire i polipi per una decina di minuti prima d’introdurli nel tegame (che nella mezzorata di cottura dovrà essere coperto).

In abbinamento io mi sono sempre divertito con i rosati, vini che, come abbiamo già scritto, nell’accezione comune (e non si hanno tutti i torti) non sono né carne né pesce.
Per ricredersi, dunque, provate ad assaggiare il nebbiolo rosato anno 2010 della cooperativa di Donnas, azienda di cui abbiamo parlato recentemente qui.
Naso aromatico di erbe, di fruttini rossi e accenni minerali. Palato arrembante, stuzzichevole e saporito.
Sette euro o giù di lì e fate un buon affare.
ah

posted by Mauro Erro @ 13:50,

1 Comments:

At 22 giugno 2011 alle ore 22:22, Anonymous Anonimo said...

anche mio padre è ottimo chef di pesce. non batte mai il polpo. lo si fa cuocere a lungo in umido a fuoco debole, con poco aglio, olio fresco, gambi di prezzemolo, tanti pelati. qualche pomodoro fresco, ben maturo, da sugo ovviamente, tagliato dentro la tiella con tutta la buccia e il succo. peperoncino se piace, ben fresco. vino se ne può non mettere affatto. dice lui ce lo beviamo.
ovviamente non c'è allestimento, è piatto povero e si impiatta così com'è.

lui preferisce rossi con poco affinamento e molto molto molto molto molto molto molto molto sapidi.
si affonda il pane nelle bucce di pomodori, dov'è molto profumo, e con la forchetta il boccone lo si accompagna con un paio di tentacoli, in cui si annida il sapore.
che poi papà se ne mangia mezzo chilo, accompagnato da mezza boccia, è un altro discorso.
gaspare

 

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