Tre numeri al lotto

L’altro giorno mi telefona un amico. Aveva appena letto l’ultimo Enogea.
Dopo i complimenti di rito per il pezzo, mi fa a bruciapelo: “Ah senti, ma quel vino lì, quello di xy, sei proprio sicuro? No perché io meno di ndordici non gli ho messo e sai quanto sono di manica stretta, io. Lo sai, vero?”
Nel frattempo io pensavo ‘azzo, ma è già arrivato Enogea?
L’amico al cellulare è capace di vedere in un calice di vino affreschi michelangioleschi dove io vedo immagini più simili a quelle dei Simpson e quando scrive l’inchiostro si trasforma in tulipani e cieli tersi mentre io arranco, tra uno scarabocchio e l’altro, svolazzi somiglianti, vagamente, ad Homer.
In questi casi la stima, l’affetto e il numero di lotto possono salvarti.
Forse non hai preso necessariamente un abbaglio, forse è il lotto, forse non è quello giusto.

Il lotto d’imbottigliamento per la precisione. Quel numero segnato solitamente in retro etichetta.
Spesso le aziende vitivinicole, piccole o grandi che siano, per ragioni di spazio, procedono all’imbottigliamento di un loro vino in momenti e tempi diversi e da serbatoi diversi. Ciò può produrre qualche differenza nel vino che sarà via via commercializzato.

Fiano di Avellino 2008 Colli di Lapio

Su questo vino si sono scambiate battute anche polemiche in uno dei forum più seguiti dagli appassionati di vino del web. Polemiche innanzitutto dovute alle alte aspettative anche in virtù del premio di bianco dell’anno conferitogli dal Gambero Rosso qualche stagione fa. I vari interventi degli appassionati hanno poi cercato di ricostruire attraverso i numeri di lotto, le differenze organolettiche raccontate dai diversi asaggiatori. Anche a me ne sono capitate di qualità difforme.



Taglio la capsula ed estraggo il tappo. Lo annuso. Lo ritraggo.
Spesso un buon vino si svela e si racconta già dal sughero.
E questo è buono.
Verso impaziente nei calici che si colorano di un giallo dorato giovane e luminoso.
Ci butto il naso dentro. Tanto acuta e pura la sua intonazione da far lacrimare per intensità e accecante lucentezza. Una manciata terrosa e garbata di farina di castagne e uno squillo iodato, un minuzioso accento di erbe aromatiche fa da contraltare all’anelito balsamico di foglia di menta; s’affaccia una rugiadosa albicocca avvolta in leggeri tocchi di nocciola e risonanze floreali, scintilla un leggero affresco di zafferrano, rischiara uno spirito agrumato.

Annuso nuovamente. Non sbaglio, splende.
Lo assaggio. Sa di buono. Ma non s’accontenta d’arrestarsi a fior di labbra, vuole il sorso; lo chiede tutto.
Possente, procede furioso, impetuoso e veemente; ha stoffa densa e sublime, innervata d’energia che irradia il centro bocca, s’apre come una coda di pavone mostrandosi in tutte le sue sfumature di nocciola, nel turgido candore dell’albicocca, nelle mezze tinte d’erbe aromatiche, per poi richiudersi e sfuggire via nel finale svelto, sfuggente, lunghissimo.
Senti il cordiale abbraccio alcolico, le sfumature odorose tornare con il respiro, la bocca permeata di sapore, dalla sua limpida freschezza, pulita dal charleston sapido che ha ritmato il sorso.

(L) 23 70 9.
Terno secco.

Pensa un po’ che successo farà, ahaha
questo pezzo se il terno uscirà.
Li ho giocati convinto perché
li ho sognati tutti e tre.
a

posted by Mauro Erro @ 00:11,

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