La coscienza degli italiani

In questo momento si stanno svolgendo i funerali di Angelo Vassallo.
I funerali di una persona perbene barbaramente trucidata.

Oggi è il momento del dolore e della riflessione.
Si, questo è un blog enogastronomico. Uno spazio dedicato al cibo e al vino e a ciò che vi ruota attorno. Ma è anche, molto più semplicemente, il diario di viaggio di due ragazzi poco più che trentenni, come tanti in giro, una generazione si dice in questi casi, precaria, immersi in mille lavori tutti pagati malissimo, spaesati, poco interessati alla politica o ai partiti, abbastanza schifati da quello che li circonda, dai sistemi e i meccanismi, sempre gli stessi, sempre eguali. Due ragazzi che dividono il loro tempo tra Napoli e Eboli, lì ad un passo dal Cilento che hanno eletto loro rifugio, il buen retiro per disintossicarsi.
Molti si sono chiesti, dopo il post che ho scritto sull’omicidio di Angelo Vassallo, del perché mi fossi occupato di camorra. Come se la cosa non mi riguardasse, in fondo.
Ed è così che l’ho vissuto quando l’ho scritto. Anch’io, come se la cosa in fondo non mi riguardasse. Fino all’ultimo con questo dubbio che creava un buco alla bocca dello stomaco. Eppure, allo stesso tempo c’era una domanda che mi martellava e a cui dovevo rispondere. Perché?
Il perché di quell’omicidio.
Allora abbiamo passato l’intera giornata a fare ricerche e telefonate, chiedere e cercare di capire. Alle due di notte passate abbiamo pubblicato la nostra ricostruzione.
Non smettevo di chiedermi quante cazzate avevo potuto scrivere. E un conto è scrivere una cazzata su di un vino, un conto se scrivi di un omicidio e di camorra.
Ma che ne so io di camorra?
Ed invece, non è vero, io so benissimo cosa è la camorra. La camorra non è ciò che immaginano gli altri, quelli che a Napoli o da queste parti non hanno mai messo piede, balle di fieno che girano su strade deserte e sparatorie agli incroci come se fosse il selvaggio west.
La camorra è un’atmosfera che si respira, un senso di pesantezza che tinge di grigio ciò che ti circonda, una gabbia, è quella parola non detta, quello sguardo imperativo.
Un guinzaglio al collo.
La mattina seguente ho letto i giornali e Rosaria Capacchione e Roberto Saviano nei loro articoli confermavano il nostro resoconto aggiungendovi altri particolari e piste: i nomi, i fatti, tutti i riferimenti erano opportuni.
Mi ha attraversato un moto di orgoglio di cui mi sono immediatamente vergognato: non era quello il momento per essere contenti mi dicevo.
Opposti sentimenti che hanno reso la mia giornata di un grigio topo.
Capita, a dei trentenni spaesati, di non capire quando sia giusto e perché provare vergogna. L’ho capito a mente fredda, l’ho capito dopo aver sentito parlare Andreotti a proposito del caso Ambrosoli ed aver visto il servizio di Minoli, il servizio sull’assassinio di un’altra persona perbene, dopo aver capito cosa significasse la parola dovere.
Ho capito che non si possono condannare i propri sentimenti, l’odio, l’amore e la vergogna, si possono solo controllare. L’unico sentimento che inneschiamo spesso con la fredda ragione e la scaltra lucidità è l’indifferenza.
Allora ho capito di aver provato l’orgoglio di chi fa semplicemente il proprio dovere.
E subito dopo mi sono vergognato di tutte le volte che ho girato la testa dall’altra parte e sono stato in silenzio.


Stamane, ho letto questa introduzione di Beppe Grillo, sul suo sito, ad un’intervista a Riccardo Iacona, giornalista della Rai. Non credo ci sia molto da aggiungere tranne che cliccandoci su, potrete leggere anche l’intervista.

In Italia i giornalisti sono una specie in via di estinzione. Rari come porcini fuori stagione. Qualcuno però c'è ancora e scrive e parla e quando lo ascoltiamo sappiamo che dice la verità perché spiega quello che già intuiamo, ma rifiutiamo di accettare. Ignorare la realtà può aiutare a vivere, o meglio a sopravvivere, e molti italiani lo fanno. […] La testimonianza di Iacona provoca due reazioni, la prima è la bandiera bianca, il seppellirsi nella propria vita privata, rinunciare a ogni tipo di partecipazione sociale, la seconda, quella che preferisco, è una solenne incazzatura verso i predoni del nostro Paese trasformato in un saccheggio permanente e verso il furto più grave, imperdonabile, quello delle coscienze degli italiani

posted by Mauro Erro @ 11:44,

1 Comments:

At 10 settembre 2010 alle ore 14:15, Anonymous giovanni scarfone said...

leggere il vostro post per me, ragazzo trentenne del sud, è stato commovente!
"La camorra è un’atmosfera che si respira, un senso di pesantezza che tinge di grigio ciò che ti circonda, una gabbia, è quella parola non detta, quello sguardo imperativo.
Un guinzaglio al collo."
ecco cosa proviamo noi persone del sud.
grazie mauro e adele

 

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