Italia-Albania



Di buono c’è il risultato, avrebbe detto Luigi Necco facendo ciao ciao a Gianni Vasino con la manona. Che po’ esse fero e po’ esse piuma, lo sappiamo, ma pure statti bbuono, nu ttengo a veré, pass p’o caz e ‘a esposizione, lui che era il quarto Trettré, solo con gli scugnizzi al posto delle maggiorate da Drive In. 

Non c’è niente da fare, l’Italia di Ventura (sei meno dieci, pre-ora legale) è puro revival anni ’80. Non perché ci siano i nuovi Zoff, Gentile, Cabrini, eccetera. Ma per quella specie di strafottenza cialtrona e libertina che pur ci appartiene ma quasi mai abbiamo esplorato sul rettangolo di gioco. 

Infatti è più Italia l’Albania: 5-4-1 ruvido e coperto, difesa e contropiede, pardon: ripartenze, altrimenti chi li sente quelli de L’Ultimo Uomo. Ci graziano dopo 40 secondi, quasi increduli per le praterie che trovano finché gli reggono le gambe. Noi siamo Heather Parisi che canta cicale, loro Enzo Biagi che intervista Sindona. 

Se non è integrazione questa: in campo e sugli spalti. Momento Wahrol incluso, e non pretenderete mica che l’ultras se lo figuri diverso da un lancio di fumogeni e petardi. Chiedetegli gentilmente di smettere e la partita riprenderà tranquillamente dopo una decina di minuti, glielo abbiamo insegnato noi. Nel frattempo ognuno sfrutti il break come gli pare: io stappo la seconda birra e Salvini twitta sui barconi. Triste e malinconico perché non ci crede nemmeno lui e la vita è proprio stronza se oggi ti tocca offendere una decina di etnie prima di arrivare agli Albanesi. 

Alzi la mano chi l’avrebbe pronosticato in quella estate, la stessa delle notti magiche e di Diego che fa Pino Aprile. Erano gli invasori, oggi sono Kledi ed Ermal Meta. Intorno a noi, in mezzo a noi e a volte siamo noi: che nemico è se nemmeno puoi distinguerlo nella folla? 

Resta solo il pallone, per fingere che il Mediterraneo non esista. E che l’Adriatico non sia poco più di una Laguna da camminare a piedi, prima di mescolarsi come sempre ci siamo mescolati, in un modo o nell’altro. De Rossi (7) lo sa, Verratti (5 il primo tempo, 8 il secondo) non vuol saperlo. Del resto la pallastrada non si gioca con le stesse regole a Ostia e a Pescara. Ma poi un accordo lo trovi, se siete solo voi due a dovervi sciroppare 50 metri di centrocampo. Una carezza al piccolo Insigne (6,5), che Sarri ha reso un calciatore più completo, con buona pace di chi ieri non se n’è accorto. Uno scuzzetto sul collo di Zappacosta (6 +++), che comunque ha imparato al Partenio di Avellino a crossare come comanda Ciruzzo Immobile. 

Tutto il resto è Palermo, che per l’ennesima volta ricorda all’Europa dei trattati il suo peccato originale: ci vuol stile e gioia anche nella decadenza, e a Bruxelles il grigio meteorologico si confonde con quello burocratico. No, a noi non viene decisamente bene. In fondo, qui una volta era tutta Magna Grecia. 

Qualificazioni mondiali Russia 2018. Italia-Albania 2-0 

[prove tecniche di extrarubrica di Paolo De Cristofaro, un tifoso irpino-scozzese: sempre meglio Mango di Salvatores]

posted by Mauro Erro @ 10:07,

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