Falanghina dei Campi Flegrei Settevulcani 2015, Salvatore Martusciello
lunedì 6 febbraio 2017
La resistenza alla forte antropizzazione dei Campi Flegrei - oggi un centinaio di ettari vitati tra piedirosso (circa un terzo) e falanghina (circa due terzi) -, alle sfide di un mercato globalizzato e alla curiosità dei consumatori abituati a misurarsi con bottiglie provenienti da tutta Italia e dal mondo, è stato assunto negli ultimi dieci anni da un manipolo di piccoli produttori. Raffaele Moccia, Giuseppe Fortunato, la famiglia Di Meo, capaci di creare prodotti di indiscusso livello qualitativo, apprezzati e valorizzati dalla stampa e dagli appassionati di tutta la penisola. Questo salto di qualità ha permesso ai vini dei Campi Flegrei di valicare sempre più spesso la collina del Vomero per essere consumati non solo sulle tavole partenopee: spesso svenduti ad un prezzaccio e bevuti ‘ncopp a ‘na marenn’, con tutto il rispetto per la merenda che a Napoli è tanto stimata quanto il tè inglese delle cinque.
Da local a glocal come si dice oggi, la giusta risposta alle esigenze dei consumatori evoluti contemporanei: diversità e identità rintracciabile nel bicchiere e un linguaggio estetico comprensibile da Canicattì a Sidney. È ovvio che questa fase è stata possibile solo perché ci sono stati dei pionieri come Gennaro Martusciello e la sua famiglia che la Doc l’hanno creata, scritta, difesa, tentato di valorizzarla attraverso il loro lavoro con Grotta del Sole nonostante l’esperienza sia purtroppo conclusa, salvando un bel po’ di vigne dall’incuria e dall’abbandono in anni lontani da questi. È per questo che ieri, quando ho svestito la bottiglia che mi avevano portato ed ho visto che era quella di Salvatore Martusciello, ho provato una certa allegria e contentezza. Diversità e identità rintracciabile nel bicchiere e un linguaggio estetico comprensibile non solo a me, ma da Canicattì a Sidney. Una Falanghina pulita, fresca, marina, dal sorso pieno, lungo e salato. 10-12 euro in enoteca.
posted by Mauro Erro @ 10:51,