Cara mi si è alzato il babà



I colpi di eccentricità cercano di andare oltre i riti e le conoscenze acquisite, ma spesso finiscono per scaturire nel ridicolo. Succede che da un po’ di tempo mi ritrovo cibi in boccacci di vetro, non conservati come facevano le nonne con i pomodori (qualcuno dovrà scrivere la storia postmoderna del pomodoro che attraversa tutto e tutti più di McDonald’s: dalle mafie alle élite), ma solo deposti in verticale. Una delle regole del mangiare: dovrebbe essere che l’unica verticalità concessa a tavola è dei liquidi, invece, sembra che l’orizzontalità dei piatti stia perdendo il primato. Mi ritrovo di tutto in boccaccio: dal baccalà al babà, dalla parmigiana alle polpette, dalla frittata a coppetta alla frittura di pesce; in questa corsa al superamento del piatto orizzontale a farne le spese non è tanto il gusto – chi fa una scelta del genere predilige l’estetica sul contenuto, quindi non otterremmo molto anche in assenza del boccaccio – quanto la praticità dell’atto, mangiare in un piatto è di gran lunga migliore che pescare in un bicchiere più grande. Oggi Paolo Villaggio girerebbe le scene a tavola lottando contro i boccacci, ne sono certo. Prima il contagio è arrivato in tavola: gli antipasti, i primi, i secondi, e ovviamente il dolce. I boccacci avevano ingoiato i babà, camminando per Napoli vedevo queste vetrine di babà che si erano alzati sul gambo, ritti e circondati dalla crema, che salutavano dalle vetrine, finalmente liberi di guardare in faccia le bocche che li avrebbero mangiati. È l’impressione che prevale sui fatti. Il contenitore sul contenuto. La difficoltà di consumare il cibo che diventa maggiore dell’impegno per cucinarlo. Non voglio tenere la tavola sotto gerarchie definite, anzi, vorrei solo tenere lontano il ridicolo dai piatti. 

Lazzaro Spallanzani

posted by Mauro Erro @ 10:57,

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