Le criticità della coerenza e del suo contrario
mercoledì 14 settembre 2016
Una delle accuse fatta ai critici da parte del pubblico che leggo più spesso è quella della mancanza di coerenza di giudizio: e devo dire che in buona parte dei casi è fondata. Alcune, però, mi convincono meno e si riferiscono al cambio di prospettiva che può riguardare tanto il critico quanto l’opera complessiva di una rivista o di una guida specializzata. Al di là delle ragioni interiori, del percorso che si intraprende e i cui destini sono celati, il cambio di gusto e visioni che può riguardare il critico quanto il pubblico (ciascuno si fermerà se e quando raggiungerà una sua personale e pacificata consapevolezza) esistono delle ragioni esterne che riguardano l’oggetto della critica. Si tratti di vino, o di qualsiasi altra cosa, si dimentica che si giudica un prodotto culturale, inserito in un contesto che cambia continuamente e che ridefinisce - nello scambio tra autore e fruitore - i suoi parametri in termini di bellezza, qualità, gusto e non solo. Cambiamo noi e cambia l’oggetto, e un critico che guardasse al contemporaneo con gli occhi di Veronelli (o di Croce) sarebbe semplicemente anacronistico e probabilmente inutile.
Il giudizio critico non può essere che un’impressione istantanea, in qualche parte sfocata. Un buon esercizio critico prevedrebbe che, giunti a una tesi, si sostenessero le ragioni del contrario: perché è nelle funzioni della critica mettere in discussione continuamente e incessantemente.
Scritto questo, mi ha colpito osservare come nella messe di premi e riconoscimenti che si raccolgono in questi giorni siano stati avvantaggiati, non di rado, i vini "base" o "entry-level" che, cinque o dieci anni fa, non si sarebbero mai sognati certi traguardi e forse li avrebbero meritati. Se è vero che un tempo molto spesso i secondi vini erano meglio di quelli più ambiziosi - goffi e poco originali nelle interpretazioni, irretiti dai protocolli - oggi questo scarto è assai meno riscontrabile: la consapevolezza, la sensibilità e la conoscenza di chi produce acuita. Più che un giudizio estetico - di conseguenza anacranostico - questi premi sembrano essere espressione di un ricollocamento editoriale tentando di compiacere un certo pubblico, basato su valutazioni legate al contesto economico della nostra società: lecito, ma di critica ha poco o nulla.
posted by Mauro Erro @ 11:34,