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Mario Giacomelli, da "Io non ho mani che mi accarezzino il volto" (1961-1963) |
“Da qualche tempo mi sono imposto di non commentare più certe classifiche perché ad essere troppo schietti ci si fanno troppi nemici” *.
Quando ho letto questo incipit ho pensato che, nonostante non impazzisca per premi e classifiche**, due parole le potevo scrivere. Innanzitutto, proprio per lo sfizio di farmi dei nemici, se così deve essere e se così bisogna pensarla: visto che oggi è difficile scrivere per i soldi, perché si è pagati per farlo, dico, almeno lo sfizio di dir qualcosa, altrimenti che si scrive a fare. E poi perché pure capita che qualcuno una opinione in merito a questi premi e queste classifiche me la chieda.
Parliamo in questo caso del Best Italian Wine Awards 2016, i 50 migliori vini italiani secondo Luca Gardini e Andrea Grignaffini, e un panel composto tra gli altri da Tim Atkin, Christy Canterbury, Raoul Salama, Daniele Cernilli, Pier Bergonzi, Antonio Paolini, Marco Tonelli e Luciano Ferraro che ne da notizia
qui sul Corriere della Sera. Senza scomodare Goffredo Parise come fa Ferraro - l’articolo “Il rimedio è la povertà" di Parise pubblicato proprio sul Corriere il 30 giugno 1974 chiarisce il suo approccio al cibo e al vino, e non mi pare il caso di metterlo in mezzo per queste cose qui - e senza volersi fare nessun nemico tra gli illustrissimi e/o eminentissimi assaggiatori, alcuni dei quali pure conosco, si può dire che la classifica dei 50 migliori vini italiani è poco utile alla gran parte dei consumatori. Per svariati motivi, ma il principale è per la mancanza di coerenza di giudizio, (su cui
scrivevo l’altro giorno, anche se in questo caso si va ben oltre). Non è solo questione estetica, si premiano filosofie, interpretazioni, prospettive completamente diverse senza darne conto e spiegandolo al lettore ma, peggio, si mettono insieme tipologie diverse come un Brunello di Montalcino, un vino liquoroso invecchiato o un bianco macerato friulano: un’insalata mista. A memoria, per quanto non sia tipo da classifiche, non ricordo che si arrivi a tanto in altri campi: una classifica assoluta che metta insieme Verdi ed Eros Ramazzotti o un saggio di Croce, un romanzo di Baricco e una poesia di Caproni.
Fatta così ho l’impressione che serva ben poco al consumatore. Non so ai produttori, agli sponsor o a chi la redige.
E poi: proprio Best Italian Wine Awards bisognava chiamarla? (Renzie ne sarà entusiasta).
*Alessandro Morichetti, Intravino, qualche ora fa.
**Le mie lettrici suore domenicane non traducano questo vecchio e cinico detto americano: Literary and journalistic prizes are like hemorrhoids. Every asshole will get one sooner or later. Si può parafrasare per qualsiasi altro premio a proprio piacimento.
posted by Mauro Erro @ 12:14,
6 Comments:
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At 16 settembre 2016 alle ore 13:06,
said...
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In realtà l'incipit è copincollato pari pari da quello dello scorso anno, come l'immagine. Sullo sfizio di farmi nemici sono un artista e un copia-incolla ogni tanto è la risposta migliore.
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At 16 settembre 2016 alle ore 13:09,
Mauro Erro said...
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ho letto, apprezzo, divertito, pure l'esercizio retorico, che non ti ci ritrovi nella classifica si capisce ugualmente, ma a quel punto dici la tua, altrimenti è roba da forum con te da moderatore. Puoi fare meglio :-D
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At 16 settembre 2016 alle ore 13:14,
said...
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Molto semplice. Il problema più grosso in quel genere di robe è sapere chi lavora con chi - quindi gli eventuali interessi - più che la coerenza. Visto che il capopanel è un noto e non celato consulente per molte aziende.
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At 16 settembre 2016 alle ore 13:32,
Mauro Erro said...
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Certo adesso non si può dire che ti sei risparmiato: però quanto al problema che sollevi, un lettore non è tenuto a essere informato sulla biografia di ciascuno e sicuramente non gli viene detto. Dal suo punto di vista, mi ponevo solo il problema che non si capisce a parte un generico: sono i migliori vini.
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At 16 settembre 2016 alle ore 13:40,
said...
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Le classifiche in genere servono per far un po' parlare più che rispettare precisi canoni assoluti di confrontabilità - già discutibili intraspecie, figuriamoci interspecie.
Purtroppo nessuno è tenuto a dire alcunché ma sono le eventuali interferenze ad essere problematiche. Ma in assenza di robe nero su bianco va bene così, si fa per dire.
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At 16 settembre 2016 alle ore 13:44,
Mauro Erro said...
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ecco, si fa per dire. Quanto al resto, come direbbe Flaiano faccio due esempi per confonderti. Se prendo la guida de L'Espresso fino all'anno scorso o un qualsiasi pezzo di Masnaghetti da Enogea io capisco benissimo. Poi posso essere in totale disaccordo. Ma a capire, il taglio critico è cristallino.
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