Napoli, il calcio e l'identità
domenica 14 febbraio 2016
L’indomani della sconfitta con la Juve, a Napoli non si parla d’altro. Come non si è parlato d’altro per tutta la settimana. E non solo a Napoli.
L’aspetto che mi piace è che mica si discute o si sta chiacchierando solo degli aspetti tecnici della partita. Come per molte cose che accadono qui, il discorso per traslazione si sposta su Napoli e i napoletani, e in questi discorsi coinvolgiamo tutta Italia. Per una partita di calcio, questa partita di calcio, si finisce alla questione meridionale, a parlare di nord e sud, di Maradona e Platini, di Fifa, Fiat e gli Agnelli, dei Borbone e dei Savoia, di Pino Daniele…insomma ci siamo capiti.
Non lo dico con ironia: davvero amo questa cosa. Non è così difficile da spiegare, noi il calcio lo viviamo così, è un fatto d’identità. Lo viviamo come la sfogliatella, il mandolino, la pizza, Pino Daniele e Massimo Troisi, De Filippo e Viviani, Basile e La Gatta Cenerentola, il San Carlo e De Simone e non continuo perché fino ai greci è lunga. Lunga e difficile da spiegare la nostra identità, visto che siamo una delle città più antiche del mondo. Questo però spiega perché a noi ci sono insopportabili i tifosi juventini-napoletani-meridionali. Noi non tifiamo per la squadra che vince, ma per noi stessi.
Amo questo aspetto di Napoli, questo eterno dibattito, questo tirar per la maglia qualsiasi discorso cercando di adattarlo alla città, perché ne racconta il suo umanesimo e la sua umanità. Un dibattito necessario perché nessuno, mai, potrà cogliere Napoli nel suo insieme, nonostante tutta l’ambizione o l’arroganza di cui è dotato. Qualsiasi fotografia, qualsiasi cornice, racchiuderà solo un pezzetto. Per comprenderla tutta ci vogliono proprio tutti i pezzetti del puzzle. Siamo talmente complessi da fagocitare tutto e di essere, nonostante tutto, uno dei pochi avamposti al mondo contro la globalizzazione. Io mi sento sempre così piccolino nei confronti di mamma Napoli. E la chiamo mamma non a caso, perché nonostante sia di moda definirsi figli del mondo, io, sarà che mi ricordo delle parole di De Martino, sono proprio un figlio di Napoli e ciò mi permette di guardare al mondo in un certo modo e di dire che sfiga, oggi c’è pure la nebbia e piove come fosse Torino.
posted by Mauro Erro @ 13:14,
3 Comments:
- At 14 febbraio 2016 alle ore 16:53, said...
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Bel pezzo, ma lo capirà solo noi di "Napoli"!
Gianca - At 14 febbraio 2016 alle ore 17:36, Mauro Erro said...
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Grazie, ma così deve essere. Ognuno ha la "sua" Napoli o la sua Nuova York.
- At 16 febbraio 2016 alle ore 09:19, Alessandro Manna said...
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Fantastico, perfetto ed illuminante.
grazie.