Château Chalon 2007, Domaine Macle
mercoledì 13 gennaio 2016
È la dimostrazione che la bellezza oltrepassa categorie come stile e genere. Per chi sa accoglierlo è un generatore di euforia e stupore, pura ispirazione distillata. Chi conosce e apprezza questo vino della Jura in stile ossidativo penserà che è troppo giovane. Eppure a me va bene, anche, così. A guardare nell’ampio - complesso, fine, dinamico, etereo - spettro aromatico (buccia di mela verde, mallo di noce, cenere, fumo e sasso, anice stellato, agrumi, un ricamato intreccio di erbe aromatiche, di linfa, resine, liquirizia, e ancora e ancora) e dopo averlo assaggiato, affogati nel suo sapore (sapere/gusto/bellezza) misurabile, per imbibizione, persistenza ed estensione, in quarti d’ora, si comprende che la tridimensionalità spaziale e la quarta dimensione temporale, non lo esauriscono né lo inquadrano. Siamo in una condizione ultraterrena dove ogni attimo è passato/presente/futuro, dove lo spazio è un elastico che tende e si allunga da Oriente a Occidente, da Nord a Sud, da Marte a Venere: la quinta, dietro la quale vita e morte si nascondono prima di entrare in palcoscenico. Perché cosa è un vino disegnato e realizzato con il metodo dell’ossidazione nobile se non uno stato di sospensione? Il punto di equilibrio tra due condizioni, essere e non essere? Il momento dell’incontro e della battaglia tra eros e morte che si sostanzia in un terreno orgasmo?
Insomma, avrete capito che, fossi Wallace, lo chiamerei momento Federer e direi dello Château Chalon 2007 di Macle come di una esperienza religiosa.
Se fossi Byron George, invece, in assoluta e opportuna contemplazione aristocratica direi che c’è una gioia nei boschi inesplorati, un’estasi sulla spiaggia solitaria.
Se fossi Emil Cioran penserei che è una misera sensazione. Niente di più. Forse.
Se fossi Kerouac penserei che per un istante ho raggiunto l'estasi che avevo sempre desiderato conoscere: entrare di netto nelle ombre eterne superando il tempo cronologico, osservando stupefatto da lontano lo squallore del regno mortale, con la sensazione della morte che mi incalza spingendomi ad andare avanti, con un fantasma alle spalle che la incalzava a sua volta…
S’i’ fosse Cecco, com’i’ non sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: e vecchie e laide lasserei altrui.
Se fossi Carver direi: gulp.
Se fossi Masnaghetti? 5 stelle e chiusa lì.
Questo per dire che questo vino stupefacente (che si tratti di Lsd?) ha proprio tutto.
Anche il delirio.
E un bel po’ di ironia, perché nonostante abbia tutte queste cose, la bottiglia pure finisce.
E costa 80 euro, più o meno, in enoteca.
Per dire che c’è anche il rammarico, dentro.
[post a cavallo. (tra due rubriche: Note a margine e Il rigore è dubbio)]
posted by Mauro Erro @ 14:16,
2 Comments:
- At 8 febbraio 2016 alle ore 22:33, Massimo said...
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Gran bel post! Bravissimo
- At 9 febbraio 2016 alle ore 07:56, Mauro Erro said...
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Grazie. :-)