Requisiti minimi indispensabili

L’altro giorno degli amici mi hanno portato in una trattoria. Una esperienza che mi ha segnato.
In negativo.
Ad un certo punto mi è stato servito del baccalà vecchio chissà quanto che galleggiava in cinque centimetri di olio puzzolente. Fin qui non ci sarebbe niente di anomalo. Capita. La cosa che mi ha colpito, però, è che non solo la trattoria è ben conosciuta, ma soprattutto che era piena in ogni ordine di posto.
Quando gli amici me ne parlavano notavo che il primo parametro preso in considerazione era il prezzo.

“Mauro, magni a sentirti male e spendi non più di 15 euro!”

Ogni atteggiamento snob è bandito. Nessuno nasce imparato. La consapevolezza e il riconoscimento della qualità passa attraverso l’assaggio, diamolo per scontato: se non si assaggia una robiola di Roccaverana con i fiocchi non si saprà mai cosa può essere una robiola. E ciò vale per qualsiasi altra cosa che sia commestibile, alcolici compresi.

Però provateci voi, a trovare qualità in ciò che mangiate quando siete una coppia di giovani precari e avete un figlioletto di due anni.
La cultura del supermercato è quella della quantità. La gran parte del cibo accessibile a tutti come mai è stato nella storia dell’uomo, compreso il fuori stagione.
Ora però c’è da fare un passo in avanti in termini qualitativi. Pretendere maggiore qualità e dare la possibilità a tutti di saperla riconoscere.

Altrimenti, noi che siamo una piccola riserva indiana, rischiamo o l’implosione dall’interno, visto che l’offerta di prodotti e servizi è ben maggiore della domanda o, molto più semplicemente, l’estinzione.
Perché il pesce grande mangia il pesce piccolo.
E i grandi hanno maggiore capacità persuasiva e maggiore possibilità di difendere i loro interessi rispetto ai piccoli, si tratti di un produttore di formaggio o di vini o di una bottega di quartiere.

Suggerimenti?

posted by Mauro Erro @ 09:34,

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