Raccontare il vino ai tempi di internet e delle markette ad Offida

Sabato scorso sono stato invitato a Offida per intervenire alla tavola rotonda organizzata nella due giorni della simpatica manifestazione Divino in vino (plus i tanti giovani e le tante donne). Tema dell’incontro raccontare il vino ai tempi d’internet e delle markette, dibattito moderato da Alessandro Morichetti di Intravino e con gli interventi di Fiorenzo Sartore (L’Unità e Diario enotecario), Jacopo Cossater (Enoiche illusioni), Corrado Dottori (produttore marchigiano autore de La Distesa) e Giovanni Arcari (consulente e autore di Terra uomo Cielo). Chiamato ad esprimere le criticità attuali della rete, riporto una sintesi del mio intervento.

Diamo i numeri
La Radio ha impiegato 50 anni per raggiungere i 38 milioni di ascoltatori. La tv ce ne ha messi 13. Internet ha toccato quota 50 milioni in 4 anni. L’Ipod ne ha impiegati tre. Facebook in soli nove mesi ha doppiato la cifra contando 100 milioni di iscritti.
Bastano questi numeri per consigliare ai detrattori della rete, al fine di evitare di fare la stessa fine dei detrattori di Gutenberg, di lasciar perdere e buttarsi nella mischia, siano essi giornalisti, appassionati, produttori o consumatori.

Dai mass media alla massa di nicchie
Nella continua contrapposizione tra stampa e informazione tradizionale e comunicazione web non si valutano sempre attentamente alcune implicazioni non di poco conto. Al di là del fatto che l’attuale panorama italiano evidenzia una deciso divario nel numero dei lettori a favore delle guide di settore, uno dei ruoli della stampa generalista da sempre è stato quello di punto di aggregazione e di formazione della pubblica opinione. Come non considerare, ad esempio, il contributo delle principali guide di settore nella formazione del gusto e dello stile estetico dei vini oppure il contributo di un’associazione come l’Ais nella formazione del linguaggio e del gergo di decine di migliaia di persone. Di contro il flusso di lettori della rete esplode in mille rivoli che si dividono tra decine, centinaia di blog sul tema. Tante piccole tribù che, nel mare aperto del mercato frequentato anche dai colossi della produzione, non riescono ad imporre gli argomenti.
Non solo. Le mille tribù implicano il rischio concreto di piccole comunità di simili in competizione tra loro. Ci si guarda allo specchio, ci si parla addosso, non c’è alcun reale confronto. Bisognerebbe chiedersi, ad esempio, quanto internet e il suo linguaggio abbia contribuito alle divisioni e alle polemiche continue e reiterate che avvengono nel movimento dei vini naturali; movimento legato a doppio filo con la comunicazione web.

Terminologia e significati
Uno dei paradigmi della rete è la legge delle 3 C: comunità, conversazione, condivisione. Tra queste non figura la parola informazione. Come sono da intendersi i blog oggi: generatori di informazione o semplici procreatori di opinioni in un flusso infinito di chiacchiere?
Dalle tre C alle sei C (aggiungendo contenuti, credibilità e creatività).

La comunicazione orizzontale
La principale rivoluzione della comunicazione web è la possibilità da parte del lettore di intervenire, rettificare o corroborare l’informazione data dal blogger di turno. Non più una comunicazione verticale, calata dall’alto come nel modello dell’informazione tradizionale, ma orizzontale: al lettore non solo è demandata parte della responsabilità di vigilanza sui fatti, ma anche parte della responsabilità di produrre egli stesso informazione.
Se da un lato si corre il rischio della sindrome da Bar dello sport, con continue discussioni che si avvitano su se stesse non apportando nulla di nuovo all’informazione stessa, dall’altro si nota sempre in maniera evidente una sorta di prurito alla pratica dell’anonimato. Ciò mostra che non si è ben compreso il modus della comunicazione orizzontale. Pur riconoscendo un’oggettiva difficoltà dovuta la fatto che il vino è un settore specialistico e che le relative competenze (giornalista, enologo, produttore, consumatore) assumono un loro peso nella comunicazione, al lettore e all’attore della comunicazione stessa è richiesto un maggiore sforzo nella decodifica delle informazioni e sulla credibilità dell’informatore non più garantite, come nel caso dell’informazione tradizionale, dalla testata. Bisogna saper distinguere tra un semplice disturbatore, un simpatico burlone, e un anonimo (o pseudonimo) che preserva la sua identità esprimendo una critica o una denuncia; così come ha un’importanza relativa se è autore del commento Alessandro Masnaghetti, Attilio Scienza o BingoBongo. Conta, ma conta molto di più il merito di ciò che si dice.
Da questo punto di vista, se nell’ambito della comunicazione web enogastronomica certo non si può parlare di comunicazione verticale, al momento più che di comunicazione orizzontale pare di vederne una di sbieco, a scalini: segnata da un pizzico di conformismo e dal complesso dell’Ipse dixit, elementi propri della stampa e tv nostrana.

Trasparenza
Walt Mossberg è il decano dei giornalisti che scrivono di Tecnologie negli Stati Uniti e cura una seguitissima rubrica su Wall Street Journal, All Things Digital, nella quale tiene in bella evidenza una dettagliata dichiarazione etica dove mette in piazza tutti i suoi fatti, a beneficio di chiunque sia interessato.
Non solo sarebbe auspicabile tale pratica qui da noi, ma bisognerebbe ricordare ai lettori che nel mondo d’internet e della sua auto-referenzialità, si tratta pur sempre di autocertificazioni che possono contenere una serie di omissis.

Le markette
Nel 2010 la Ford per la presentazione negli Stati Uniti della piccola utilitaria Fiesta creata per il mercato europeo, chiamò a raccolta 140 blogger come testimonial, distribuendone un per ciascuno e chiedendo loro di provarla. Ma se la grande azienda americana ha agito alla luce del sole tanti blogger e aziende statunitensi operano nell’occulto, tanto da costringere, dopo una serie di scandali, la Federal Trade Commission ad intervenire nel 2009 nonostante l’autoregolamentazione (le regole womma) esistente e infranta più volte. Chiunque scrive su internet di un prodotto deve dichiarare se ha rapporti diretti o indiretti con le aziende che lo producono e lo vendono.
Non solo il lettore web dovrà fare attenzione e distinguere tra informazione e propaganda ma decidere, prima o poi, se è disposto a rinunciare o meno al tutto free, news comprese.
Il denaro sarà ancora lo sterco del diavolo?
Delegare parte dell’informazione agli appassionati è pensabile (il blogger ha anche una sua vita forse)?
Quale modello di business perseguiranno i blog?
Scrivere pagati dalla pubblicità o pagati dal lettore?

Infine
Nel 1978, agli albori del web, un avvocato di Baltimora, Robert Parker, inviava la sua prima newsletter: The Baltimore-Washington Wine Advocate. Conteneva un elemento che rivoluzionò il linguaggio del vino nei successivi trent’anni. Il sistema centesimale come classificazione.

Internet ha già avuto un grosso peso nel mondo del vino e ancora maggiore sarà il suo impatto in futuro.

Ma la rete non salverà il mondo come non lo ha fatto l’invenzione della stampa di Gutenberg.
Forse, ci permetterà di pensarlo e di farlo in minima parte, ma pare che dipenda da noi come al solito.
ah

posted by Mauro Erro @ 15:05,

1 Comments:

At 6 settembre 2011 alle ore 00:28, Anonymous Rinaldo said...

La mia impressione, al di là dello sforzo di ricerca per dare identità alla blogosfera enoica (che pure rappresenta un momento fondamentale per fissarne ruolo e funzioni), è che la suddetta e il comparto vinicolo cioè aziende e produttori, abbiano necessità l'uno dell'altra.
Alcune considerazioni in proposito, già pubblicate a questo indirizzo: http://avvinatorebloggato.blogspot.com/2011/09/web-e-vino-un-rapporto-in-divenire.html

 

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