Quello che internet ci nasconde
sabato 2 luglio 2011
Prima le ragioni di servizio, poi il resto.
Iersera ho bevuto il Meursault Les Meix Chavaux 2009 di Jean e Gilles Lafouge. Un bel Borgogna bianco da chardonnay con il vantaggio di un prezzo invitante che induce ad una prima constatazione.
Un buon vino francese ha sempre quel rigore che non trovi così facilmente nei vini nostrani. Quando lo bevi senti l’annata, l’idea del produttore, il vitigno, il territorio. Una serie di sfumature che concorrono all’equilibrio. Ogni volta che bevi un buon vino francese, sai perfettamente ciò che stai bevendo. Con chiarezza. Puoi trovare ciccia o meno, mineralità, verticalità, sicuramente la capacità di farsi bere senza alcuna difficoltà. Quasi mai il superfluo, ciò che non serve, un di più inutile.
Il Mersault di Lafouge è un pargoletto, per cui basta avere un po’ di pazienza e aspettare ché il vino avrà un ottimo sviluppo. Ne ho apprezzato i profumi che possono riportare alla mente, per certi versi, i più snelli Chablis a nord: mineralità di gesso tambureggiante, fiori bianchi, erbe aromatiche, e la presenza-assenza di qualcosa che potesse riportare la mente al legno. La bocca è succosa, grassa, appagante, il finale secco, la persistenza lunga e i ritorni articolati. La mineralità che la materia sprigiona adesso è quasi aggressiva, soprattutto ai palati più delicati.
E ora il resto.
Questo vino ha rotto la mia pausa. Ogni tanto ci vuole anche per preservare il fisico. Abbassare il tasso di alcol che si ingerisce ogni giorno. Un paio di birre bastano. Ma è stata anche la scusa per staccare un po’ la spina. Distrarsi. Non che sia difficile, basta cenare con i vecchi amici con cui si è cresciuti. Subito ti rendi conto che tutti cercano di fuggire da un argomento di cui non si vuol parlare e che è sempre lo stesso. La crisi, la precarietà e il resto.
Oppure ricordarsi di vivere nella perenne emergenza napoletana, altro argomento con cui si convive e di cui si cerca di parlare il meno possibile per non sentirsi afflitti ed essere costretti ad arrivare a Bossi. C’è un limite anche per noi di quanta immondizia si possa sopportare.
Ma una pausa è anche un buon modo per guardare le cose che ti sono intorno con un certo distacco, forse anche un po’ di cinismo.
Credo sia stato già detto, ma attualmente il vino italiano vive una fase di assestamento e il contraccolpo di questa crisi. Un livellamento anche dei valori. Difficile fare scoperte, pochi i sussulti, molto il già visto. E ciò comporta una serie di conseguenze; una su tutte, senza che alcuno si offenda, una certa noia in quel che si legge: o son litigi capziosi e infiniti su quanti siano i peli del popò o il ripetersi degli argomenti, un copia-incolla – a chi viene meglio e a chi peggio – riproposto all’infinito. Rare le eccezioni.
Una specie di gabbia mortifera in cui ci si trova costretti.
Mi chiedevo tra cinguettii su twitter, messaggi su Facebook, mail, sms, post, articoli, appunti, quanto fosse la media di battute che scrivo al giorno. Non ho avuto il coraggio di contarle. Sono fermamente convinto di non avere tante cose intelligenti da dire. E, sempre senza che alcuno si offenda, credo valga anche per gli altri.
Delle volte prendersi una pausa può essere utile, come riflettere su queste cose e i propri limiti.
Ah, vi consiglio la visione del video che segue che da il titolo a questo post. Tratto da L’Internazionale. Tra le altre riflessioni di questi giorni e a proposito di gabbie e internet (ma anche di google, informazione, facebook, ecc. ecc.).
ah
posted by Mauro Erro @ 11:56,
2 Comments:
- At 2 luglio 2011 alle ore 14:40, Daniela @Senza_Panna said...
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era proprio il post che mi ci voleva oggi!
grazie! - At 3 luglio 2011 alle ore 10:57, cooksappe said...
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brava! :D