Quando la malolattica era rock

Katana, la più diffusa spada giapponese. Alcuni vini hanno profili aromatici che la ricordano


La (impropriamente detta) fermentazione malolattica - la trasformazione dell’acido malico in lattico, meno astringente - è stata una delle più morbidose pratiche enologiche utilizzate nella realizzazione dei vini negli anni passati.

Oggi pare che nessuno la faccia più. Durante gli assaggi, soprattutto dei vini bianchi dove, in assenza di tannini, la presenza di acido malico s’avverte maggiormente, constatiamo ciò che i produttori poi, su nostra richiesta o meno, con fiero cipiglio affermano: no, non faccio la malolattica. Quelle bustine (quelle dei batteri lattici che operano la trasformazione degli acidi, n.d.a.) poi, costano un accidente e sono inutili.

Sottendendo, spesso, a tale affermazione un pensiero poetico: le mie bottiglie sfideranno il tempo. (ma tutti 'sti consumatori che vogliono vecche bottiglie di bianco da dove sono spuntati?).

Ma qui il discorso si complica un po’.

Una bottiglia muore quando ossida.
E, fino a smentita, l’acidità non ossida, nel senso che non degrada, se non di una minima parte nel tempo. Per capirci, se io imbottiglio con un valore pari a 7 di acidità fissa, probabilmente, tra 40 anni avrò un valore pari a 6,5. Una piccola parte sarà precipitata in sale. I famosi tartrati.
Mi scuso per la semplificazione.

Rimane il concetto: io per far durare un vino dovrei preservare tutto il resto e non l’acidità, che si preserva da se. Chi ha buona esperienza di assaggi di vini con una certa età sulle spalle, avrà sicuramente provato quella sensazione al palato: un vino che ormai ha perso ogni articolazione aromatica, si è smagrito, ma gode di una vispa freschezza.

Diciamo, dunque, che il discorso dell’invecchiamento di un vino è più legato al suo equilibrio, dove una buona acidità è una delle componenti.

Quindi, imbottigliare con un acidità pari a “22” con una quota parte di malico in un annata in cui abbiamo vini leggermente magri, significa provocare all’assaggio reazioni scomposte. Il palato e le gengive si raggrinziscono tanto che il viso si dipinge di una boccuccia a cuoricino. Occorrono dieci minuti e la circolazione di litri di saliva perché le labbra si ricompongano in una posizione normale.

E, battute a parte, ho l’impressione che quei vini lì non si apriranno mai né nei profumi né negli aromi di bocca: suadenti come delle lastre di ghiaccio.

Applicare una sorta di protocollo uguale e contrario non fa virtuoso il vignaiolo e la malolattica, in qualche caso, è meglio farla.
a

posted by Mauro Erro @ 14:50,

4 Comments:

At 10 maggio 2011 alle ore 20:31, Blogger Gianpaolo Paglia said...

pero la scelta della malolattica (che tendezialmente avviene naturalmente se vi sono le condizioni giuste) e' fatta ovviamente prima di andare in bottiglia. Mentre la malolattica influenza poco l'acidita totale, un acido si trasforma in un altro ma non scompare, ha invece in influenza sulla "reazione", ovvero sul pH, determinandone la crescita e quindi diminuendo la sensazione acida. Il pH si sa che e' importante perche' vini con pH piu' bassi sono piu' stabili microbiologicamente, dal punto di vista del colore e sicuramente per tutta una serie di reazioni chimiche complesse che possono avvenire/non avvenire o prendere strade diverse a seconda del pH.
Detto questo anche io penso che non sia solo l'acidita' che permetta di sfidare il tempo.
Di piu', mi domando anche se veramente sia necessario che tutti i vini siano in grado di sfidare il tempo, e se invece non si possa semplicemente accettare che alcuni vini possano, anzi debbano, essere bevuti piu' giovani.

 
At 11 maggio 2011 alle ore 09:46, Blogger Mauro Erro said...

Si ho semplificato. Ma il concetto rimane.
E quoto le tue osservazioni che confermano l'omologazione al contrario quando a mancare è la consapevolezza del vignaiolo. Ciao

 
At 11 maggio 2011 alle ore 19:10, Anonymous gaspàrre said...

cmq sia:
a) col tepore primaverile molti vini "N A T U R A L I" (non dico né buoni né cattivi) fanno la rifermentazione, per cui è una questioncina molto delicata secondo me andare a dire chi sì e chi no, diciamo che s'avessa fa e basta e chi non la fa deve dire perché;
b) la sensazione di bocca di una soluzione di acqua e acido malico non è affatto simile a una soluzione di lattico, né di citrico, né di acetico, ecc. ecc.;
c) l'acidità astrigne più del tannino e comunque non sempre le due cose sono percettibili separatamente

insomma: è 'nu bell casìno..

 
At 12 maggio 2011 alle ore 13:49, Blogger Mauro Erro said...

seguirà seconda parte

stay tuned :-)

 

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