Pausa caffè: Lessona 2005, Sella
venerdì 8 aprile 2011
Prologo
Ci sono alcuni vini che – chi degusta per professione mi capirà – finita la bottiglia, stai lì a chiederti perché e come.
A conclusione di un affare bancario, i Sella di Mosso, acquistarono una prima vigna a Lessona nel 1671. Nel 1870 Quintino Sella brindò all’unità d’Italia con questo vino. Ne dà notizia Veronelli nei suoi cataloghi Bolaffi che, antecedenti al 1976, quando fu istituita la più piccola delle Doc dell’alto Piemonte – 10 ettari appena – rivelano anche l’uso*, all’epoca, di aggiungere merlot al nebbiolo, qui detto spanna. Oggi, a saldo eventuale e fino ad un massimo del 15%, è consentita l’aggiunta di vespolina e uva rara, a ratificare la situazione presente nelle vecchie vigne e la consuetudine della coltura promiscua.
Si tratta, dunque, di una delle più antiche aziende italiane, il cui stile classicheggiante, più francese che italiano, impone ad esempio, per la produzione di questo vino, che la frutta arrivi da piante che abbiano almeno 25 anni d’età.
Leggo: “Al foglio 43 della carta geologica d’Italia è rappresentata la zona del biellese, quella in cui si trovano gli areali delle Doc Gattinara, Bramaterra e Lessona. Nella sola zona oggetto dei tre disciplinari di produzione s’individuano almeno dodici tipologie di terreno differenti, con presenza di porfidi, quarziferi e non, tufi, scisti cristallini, conglomerati, quarziti, calcari dolomitici, arenacei e marnosi, arenarie, vulcaniti e graniti; il territorio di Lessona e parte di quello del Bramaterra aggiungono alla lista inserzioni di sabbie e piattaforme silicee”**.
Epilogo
La sete si caccia con l’acqua o con i pessimi vini se preferite. Perché vinelli arditi e salati come questo – penso al Donnas o al Carema per restare al nebbiolo – mettono sempre addosso un disperato gusto di bere ancora.
*Ne da conferma Di Corato, nel suo 2214 Vini d’Italia, edito da Sonzogno nel 1975, dove Lessona è tra i “vini contadini” del Piemonte.
**Armando Castagno
a
A conclusione di un affare bancario, i Sella di Mosso, acquistarono una prima vigna a Lessona nel 1671. Nel 1870 Quintino Sella brindò all’unità d’Italia con questo vino. Ne dà notizia Veronelli nei suoi cataloghi Bolaffi che, antecedenti al 1976, quando fu istituita la più piccola delle Doc dell’alto Piemonte – 10 ettari appena – rivelano anche l’uso*, all’epoca, di aggiungere merlot al nebbiolo, qui detto spanna. Oggi, a saldo eventuale e fino ad un massimo del 15%, è consentita l’aggiunta di vespolina e uva rara, a ratificare la situazione presente nelle vecchie vigne e la consuetudine della coltura promiscua.
Si tratta, dunque, di una delle più antiche aziende italiane, il cui stile classicheggiante, più francese che italiano, impone ad esempio, per la produzione di questo vino, che la frutta arrivi da piante che abbiano almeno 25 anni d’età.
Leggo: “Al foglio 43 della carta geologica d’Italia è rappresentata la zona del biellese, quella in cui si trovano gli areali delle Doc Gattinara, Bramaterra e Lessona. Nella sola zona oggetto dei tre disciplinari di produzione s’individuano almeno dodici tipologie di terreno differenti, con presenza di porfidi, quarziferi e non, tufi, scisti cristallini, conglomerati, quarziti, calcari dolomitici, arenacei e marnosi, arenarie, vulcaniti e graniti; il territorio di Lessona e parte di quello del Bramaterra aggiungono alla lista inserzioni di sabbie e piattaforme silicee”**.
Epilogo
La sete si caccia con l’acqua o con i pessimi vini se preferite. Perché vinelli arditi e salati come questo – penso al Donnas o al Carema per restare al nebbiolo – mettono sempre addosso un disperato gusto di bere ancora.
*Ne da conferma Di Corato, nel suo 2214 Vini d’Italia, edito da Sonzogno nel 1975, dove Lessona è tra i “vini contadini” del Piemonte.
**Armando Castagno
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posted by Mauro Erro @ 00:49,