Abbinamenti Pasquali
giovedì 21 aprile 2011
Pasqua ha sempre rappresentato per me, al di là dei suoi significati simbolici e religiosi, l’ultimo rito pagano dove sacrificati chili e chili di buona carne stappavo, stappo, le ultime bottiglie di vino rosso per festeggiare la primavera e la corsa tra le valli e le vigne sotto un sole splendente, tuffandomi verso l’estate quando l’arsura sarà placata da bianchi scelti con cura, da buone bollicine, e litri e litri di birra.
Iersera mi sono portato il lavoro avanti e, tra i rossi del mio cuore, mi sono dedicato al nebbiolo, il principale vitigno italiano per la produzione di vini atti all’invecchiamento.
Gattinara, per la precisione, la denominazione dell’Alto Piemonte – Fara, Sizzano, Ghemme, Boca e, passata la Sesia, Gattinara, Bramaterra e Lessona – più grande con i suoi cento ettari. Nebbioli questi ben diversi da quelli langaroli, non solo per il biotipo, qui detto spanna, per la mano dell’uomo, ma, innanzitutto, per i terreni ben diversificati che, a differenza di Barolo e Barbaresco, sono a Ph acido. Ciò, rende questi vini di un’arrembante mineralità, di un’agrumata acidità che sa di arancia sanguinella, di una beva trascinante nonostante, quelli di Gattinara, non si possano certo definire nebbioli esili come quelli di Carema.
Ne ho scelti due in particolare, l’Osso San Grato, la vigna che guarda a leggera distanza gli anfiteatri vitati della denominazione, precipitando li dove c’è la cappella San Grato, vinificata dalla famiglia Antoniolo, annata 2006, e il vigneto Molsino con la sua terra bianca che chiude dall’altro lato la serie di anfiteatri di Gattinara guardando stendersi il comprensorio di Bramaterra. Il 2003 dell’azienda Nervi, oggi al suo ennesimo, sembra, passaggio di società.
Due vini diversissimi, il primo, un infante che già appaga facendo presagire un radioso futuro: austero, compatto, rugginoso, punteggiato da tinte floreali e soffi balsamici; di bocca possente e succosa, di lunghezza impressionante e finale salato. L’altro, di contro, già ben definito al naso, contrastato, arioso e luminoso nella tosse rocciosa e nelle ispide gradazioni di erbe aromatiche, ombroso nelle note di viola e finanche liquirizia. E di palato agile, scattante, flessuoso e invitante, essenziale e succoso ed asciutto nel finale.
Un sorso di Gattinara. Purché vero, s’intende. Non chiedo di più.*
* Un sorso di Gattinara, racconto di Mario Soldati, 1959
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Iersera mi sono portato il lavoro avanti e, tra i rossi del mio cuore, mi sono dedicato al nebbiolo, il principale vitigno italiano per la produzione di vini atti all’invecchiamento.
Gattinara, per la precisione, la denominazione dell’Alto Piemonte – Fara, Sizzano, Ghemme, Boca e, passata la Sesia, Gattinara, Bramaterra e Lessona – più grande con i suoi cento ettari. Nebbioli questi ben diversi da quelli langaroli, non solo per il biotipo, qui detto spanna, per la mano dell’uomo, ma, innanzitutto, per i terreni ben diversificati che, a differenza di Barolo e Barbaresco, sono a Ph acido. Ciò, rende questi vini di un’arrembante mineralità, di un’agrumata acidità che sa di arancia sanguinella, di una beva trascinante nonostante, quelli di Gattinara, non si possano certo definire nebbioli esili come quelli di Carema.
Ne ho scelti due in particolare, l’Osso San Grato, la vigna che guarda a leggera distanza gli anfiteatri vitati della denominazione, precipitando li dove c’è la cappella San Grato, vinificata dalla famiglia Antoniolo, annata 2006, e il vigneto Molsino con la sua terra bianca che chiude dall’altro lato la serie di anfiteatri di Gattinara guardando stendersi il comprensorio di Bramaterra. Il 2003 dell’azienda Nervi, oggi al suo ennesimo, sembra, passaggio di società.
Due vini diversissimi, il primo, un infante che già appaga facendo presagire un radioso futuro: austero, compatto, rugginoso, punteggiato da tinte floreali e soffi balsamici; di bocca possente e succosa, di lunghezza impressionante e finale salato. L’altro, di contro, già ben definito al naso, contrastato, arioso e luminoso nella tosse rocciosa e nelle ispide gradazioni di erbe aromatiche, ombroso nelle note di viola e finanche liquirizia. E di palato agile, scattante, flessuoso e invitante, essenziale e succoso ed asciutto nel finale.
Un sorso di Gattinara. Purché vero, s’intende. Non chiedo di più.*
* Un sorso di Gattinara, racconto di Mario Soldati, 1959
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posted by Mauro Erro @ 11:59,
2 Comments:
- At 21 aprile 2011 alle ore 14:25, Tommaso said...
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Posso anche concordare sui Gattinara "pasquali" ma per Pasquetta la vitalità fruttata e l'apparente semplicità del Vigneto Valferana 2006 di Bianchi non teme confronti...
Auguri! - At 21 aprile 2011 alle ore 14:27, Mauro Erro said...
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:-)
di Bianchi poi ne riparliamo dopo aver (ri)assaggiato il suo Ghemme.
Auguroni.