Degustazione ragionata
domenica 20 marzo 2011
Acqua Lete(s)*, 2010: novantotto/100
Esame visivo: 5/5
Esame olfattivo: 30/30
Esame gustativo: 23/30
Naturalezza espressiva: 40/30
Esame medico: transaminasi alte.
Stappo la prima di sei bottiglie acquistate nottetempo in un alimentari del centro. Lavoratori indefessi loro; ed un buon affare per me, constato guardando lo scontrino: fanculo, ho risparmiato cinquanta centesimi!
Al primo cedimento del tappo un sibilo di carbonica fuoriesce.
Shhh, rimbomba nella stanza vuota. Esige silenzio e assaggio meditato, sembra dire.
Lo verso nel calice ammirandone l’agilità, la flessuosità del corpo, il suo procedere felino.
Abbozzo.
Perdersi nelle trasparenze della sua asettica cromaticità, nel suo algido luccichio, nello scintillante e glaciale riverbero del neon in ogni singola bollicina, come fosse una stella che brilla nel cielo e induce al sogno, significa aprire vecchi cassettoni ove affiorano ricordi. Un lampo, di abbacinante chiarezza, color mogano, riporta alla mente il veterano tavolo, ruvido e severo, prima di essere imbandito d’ogni bene per il pranzo domenicale, della casa di nonna.
Dove mi trovavo or ora; e adesso, al roteare del calice, un caleidoscopio di toni confonde lo sguardo, come le vecchie mattonelle di ceramica, picchiettate di mille sfridi e colori, delle case anni ’60: sarebbe l’ora di cambiarle, d’altronde, queste mattonelle.
Aspiro.
È ritroso, sfuggente, recalcitrante. Ora affiora con evidente sfavillio un baleno iodato improvviso, un fulgore di matrice minerale evidente, calcio, magnesio, sodio, tracce di potassio che riportano alla mente con manifesta nitidezza i luoghi degli stabilimenti di S. Giorgio in B. (PD) ove egli nasce, tutta la desolata bellezza dei capannoni, gli asprigni e sinistri profili delle lamiere che si stagliano occludendo lo sguardo all’azzurro del cielo.
Vira, ad un tratto, verso note più scure che ricordano il tepore di un camino che si sta spegnendo, facendosi, tuttavia, e con il passar del tempo, più netta una nota di abbrustolito.
Adele, spegni il fuoco sotto la pentola per cortesia, altrimenti si brucia tutto.
È di chirurgica e plastica bellezza, definito e immobile come un bassorilievo, invoglia al sorso, poderoso e passionale.
Lo assaggio. Non mi basta. Lo bevo trovando sollievo all’arsura.
È di montanaro incedere, brioso all’attacco, scalpitante ed essenziale, è accecante la sua naturalezza d’espressione che ricorda le alture da cui sgorga, muovendosi al palato ritmato, celebrando lo Sturm und Drang romantico ed onomatopeico dei macchinari, manifestazione di alto ingegno umano, che lo imbottigliano. Scarno, è innervato da un’acidità che non s’avverte, ma a cui pensiamo alla fine del sorso quando sfumando lascia le nostre labbra perfette per baciare, avendo instillato in noi l’ardore, l’entusiasmo, il giovanile innamoramento grazie all’estremo, quasi eroico oseremmo dire, timbro sapido di adamantina purezza.
Considerazioni: Un gran bel sorso, rassicurante, rinfrescante e dissetante. Purtroppo, il plus di naturalezza espressiva (40 su 30, nella nostra personale classifica, a fronte delle milioni di bottiglie prodotte) non compensa del tutto, fino al raggiungimento della perfezione di esecuzione, quella leggera vacuità del corpo. Un po’ di succo in più e sarebbe stato perfetto. Prezzo abbastanza conveniente, ma è la facile reperibilità il suo punto di forza oltre, ovviamente, la capacità di abbinarsi al pasto – pressoché a tutto – e la sua spiccata bevibilità e digeribilità, nonostante il residuo fisso non sia di certo blando mostrando la sua natura estrattiva. L’azienda ne consiglia il consumo vedi parte superiore dell’etichetta, che s’intende anche come massimo periodo di elevamento in bottiglia. Confezioni in vetro possono regalare il brivido dell’imprevedibilità della stoffa artigianale.
* possibile pezzotto partenopeo
a
posted by Mauro Erro @ 00:12,
6 Comments:
- At 20 marzo 2011 alle ore 10:45, said...
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Grande Mauro!!
- At 20 marzo 2011 alle ore 11:30, Lucio said...
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Ahhhh, finalmente una degustazione con le controbolle!
- At 20 marzo 2011 alle ore 14:05, said...
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pezzotto o non pezzotto, è semp o sponsòr do Napul!(la vacuità del corpo è, ehm, legata all'effetto digestivo?) ciao,maurizio
- At 20 marzo 2011 alle ore 14:26, said...
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E la non omologazione??? non era anch'essa un parametro???????? Ah ah ah
- At 21 marzo 2011 alle ore 18:30, said...
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Mi viene in mente il mitico Albanese quando faceva la parodia del sommelier! In effetti, a volte, la retorica scritta di certe degustazioni mi e' diventata insopportabile. Bello,qui, scherzarci sopra. con un pizzico di autoironia.
- At 22 marzo 2011 alle ore 08:38, said...
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devi campare 100 anni! Jonny