Fiano di Avellino 2009 Ciro Picariello
mercoledì 12 gennaio 2011
Non sarà in commercio prima di qualche mese, ma l’assaggio di questo vino – ed altri – mi permette una disamina dell’annata 2009 per i fiano di Avellino a distanza di un anno e più dalla vendemmia con qualche considerazione ponderata nel tempo.
Un’annata sicuramente difficile da fronteggiare per i vignaioli, un’annata piena d’acqua (le precipitazioni annue sono state ben sopra la media degli ultimi anni), un’annata sicuramente diversa. Si tratta in generale di prodotti di media struttura per cui possiamo – volendo proprio strafare – prevedere una capacità evolutiva di medio invecchiamento (5/7 anni). Vini esili, leggiadri, spesso scarnificati e con la componente minerale ben sottolineata, tanto che mi aspetto profili olfattivi fascinosi e simili ad un’annata come la 2002 (o la 2005 dello stesso Picariello) piena zeppa di idrocarburi ed echi moselliani.
Palati poco cicciuti per chi ama la materia, salini e scattanti nelle migliori espressioni senza l’imponenza aromatica che il fiano ha spesso e che mi permette di consigliarveli come vini da tutto pasto, vini che possono accompagnare gli antipasti fino a preparazioni a base di pesce o con pasta non eccessivamente strutturati.
Nelle migliori espressioni, proprio come questa di Ciro che proviene in egual misura da due delle zone migliori dell’areale, Montefredane e Summonte, il giusto equilibrio è stato raggiunto tra succo, polpa e durezze che si riverberano nei migliori casi in finali sottili e marcatamente minerali (a cui si aggiunge nello specifico fragranze fruttate e floreali, una mineralità di sfumature varie – gessosa, idrocarburica e leggermente fumè come si conviene nel fiano – il ricamo delle erbe aromatiche che ritornano in maniera evidente dopo la deglutizione del sorso saporito).
Oltre questo ricordiamo quello di Rocca del Principe di cui abbiamo già detto segnalando anche, per il continuo miglioramento negli anni, quello di Cantina del Barone (particella 928) del giovane Luigi Sarno (enologo di Cantina dell’Angelo), espressione della zona di Cesinali con il suo didattico timbro “nocciolato”.
Con l’assaggio delle ultime (e migliori) selezioni di aziende come Villa Diamante e Vadiaperti avremo un quadro ancor più dettagliato.
a
Palati poco cicciuti per chi ama la materia, salini e scattanti nelle migliori espressioni senza l’imponenza aromatica che il fiano ha spesso e che mi permette di consigliarveli come vini da tutto pasto, vini che possono accompagnare gli antipasti fino a preparazioni a base di pesce o con pasta non eccessivamente strutturati.
Nelle migliori espressioni, proprio come questa di Ciro che proviene in egual misura da due delle zone migliori dell’areale, Montefredane e Summonte, il giusto equilibrio è stato raggiunto tra succo, polpa e durezze che si riverberano nei migliori casi in finali sottili e marcatamente minerali (a cui si aggiunge nello specifico fragranze fruttate e floreali, una mineralità di sfumature varie – gessosa, idrocarburica e leggermente fumè come si conviene nel fiano – il ricamo delle erbe aromatiche che ritornano in maniera evidente dopo la deglutizione del sorso saporito).
Oltre questo ricordiamo quello di Rocca del Principe di cui abbiamo già detto segnalando anche, per il continuo miglioramento negli anni, quello di Cantina del Barone (particella 928) del giovane Luigi Sarno (enologo di Cantina dell’Angelo), espressione della zona di Cesinali con il suo didattico timbro “nocciolato”.
Con l’assaggio delle ultime (e migliori) selezioni di aziende come Villa Diamante e Vadiaperti avremo un quadro ancor più dettagliato.
a
posted by Mauro Erro @ 19:58,