L’acidità: Domaine Comte Georges de Vogue, Musigny Grand Cru 2001
martedì 14 dicembre 2010
La principale contrapposizione degli ultimi anni, analizzata e sviscerata dalla critica enologica, è sicuramente quella che da un lato vede i “cosiddetti” vini iper-super-qualchecosa, tutta ciccia e brufoli, ricchi di materia, alcol, estratto, morbidi e rotondi e dall’altro i vini acidi, magri e spigolosi, di cui si usa dire siano verticali e bevibili.
Tale contrapposizione, ovviamente, riguarda più la critica e le discussioni circa una nuova estetica (nata per la legge del contrappasso) che non il consumatore ultimo, e tutte le possibili esagerazioni in un verso o nell’altro divengono un mantra che pedissequamente sarà ripreso e veicolato in ogni dove.
Eppure senza padroneggiare questi argomenti, vale per il consumatore come per il produttore, si finisce con assecondare un partito o l’altro senza cavarne un ragno dal buco. La legislazione in materia di vini permette ai produttori italiani l’acidificazione e la disacidificazione attraverso metodi diversi, cosa per lo più ignorata dal consumatore finale, e una serie di conseguenze all’atto di degustare; senza dimenticare, ovviamente, la tendenza di molti produttori a vendemmiare leggermente prima per preservare il potenziale acido, ritrovandosi talvolta con una non perfetta maturazione fenolica e vini verdi. Senza tediare ulteriormente il lettore il risultato – riscontrabile soprattutto nei vini base di fascia medio bassa – è un’acidità scissa, talvolta citrina o malica (oggi confessare di fare la malolattica sta diventando il peggiore dei peccati per cui recitare 42 padre nostro) ancor più aggressiva e astringente, capace di sciogliervi l’apparato gengivale in alcuni casi.
Pare sia completamente evitato il concetto di buona acidità (come il buon tannino, il buon alcol e il buon succo).
Ovviamente a parole non è semplice da spiegare cosa sia una buona acidità. E, anche al palato, forse, bisogna essere dotati di una certa esperienza. Una buona acidità è quasi inavvertibile se non nella sensazione di salivazione dopo la deglutizione. Una buona acidità è quella completamente innervata (immaginate una qualsiasi foglia, le nervature sono l’acidità) nel succo che state bevendo e che ha una funzione di spinta dinamica. Una buona acidità premerà senza che voi ve ne accorgiate il vino giù nel gargarozzo ad una velocità quasi impressionante, tanto che stappata la bottiglia, non avrete neanche il tempo di godere dei profumi, aspettare che si apra il bouquet, che complessità e finezza si svelino completamente. Una buona acidità è sinonimo di energia ed elasticità del sorso, e in men che non si dica la bottiglia è finita. Come nel caso di questo (grandioso) vino.
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Ovviamente a parole non è semplice da spiegare cosa sia una buona acidità. E, anche al palato, forse, bisogna essere dotati di una certa esperienza. Una buona acidità è quasi inavvertibile se non nella sensazione di salivazione dopo la deglutizione. Una buona acidità è quella completamente innervata (immaginate una qualsiasi foglia, le nervature sono l’acidità) nel succo che state bevendo e che ha una funzione di spinta dinamica. Una buona acidità premerà senza che voi ve ne accorgiate il vino giù nel gargarozzo ad una velocità quasi impressionante, tanto che stappata la bottiglia, non avrete neanche il tempo di godere dei profumi, aspettare che si apra il bouquet, che complessità e finezza si svelino completamente. Una buona acidità è sinonimo di energia ed elasticità del sorso, e in men che non si dica la bottiglia è finita. Come nel caso di questo (grandioso) vino.
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posted by Mauro Erro @ 12:36,