Sull’emergenza rifiuti: intro incazzato
lunedì 8 novembre 2010
Parlare di cibo e vino significa parlare di umanità, di usi, consuetudini, d’identità, di terra ed agricoltura. Su queste pagine cerchiamo sempre di affrontare gli argomenti nella totalità delle loro specificità evitando la demagogia più spiccia e inutile. Come il nostro approfondimento sul sistema alimentare globale, dalla crisi agli ogm (a breve riprenderemo il discorso), così non ci sfuggono gli argomenti d’attualità che abbiamo proprio sotto il naso. La continua emergenza rifiuti che attanaglia la Campania e il cui epicentro oggi si è spostato nel vesuviano. Il parco Nazionale, il mercato ortofrutticolo, il territorio del Lacrima Chrysti in mano alla camorra. Torna Roberto Erro con la sua rubrica Good Luck & Good Night. Questo è solo l’inizio di uno speciale sulla monnezza. Soprattutto “quella che sta in capa alla gente”. Cliccando sulle parole rosso scuro si accede ai credits. (m.e.)
“Purtroppo Napoli è sempre stata vittima di una cattiva stampa e delle esagerazioni dei media!”
[Paolo Mieli]
[Paolo Mieli]
Parlare di rifiuti è rock.
Non sorprende, ma rammarica che se ne parli però in maniera qualunquista, riempiendosi la bocca di responsabilità e differenziata, per poi descrivere Napoli e i partenopei come non meritano.
Lo ha fatto tale Fulvio Bufi in un articolo apparso sull’ultimo numero del supplemento del Corriere della Sera: Sette.
La realtà vuole cumuli di immondizia che stentano a essere rimossi, che creano disagio e imbarazzo e lui ci dice che invece viene “appicciata in falò puzzolenti e velenosi che non sempre sono un gesto di protesta, ma anche un gioco, un selvaggio passatempo”. E insiste nel suo folle discorso sul rapporto atavico tra Napoli e la spazzatura: “Chi ancora crede che l’epidemia del colera dell’estate 1973 dipendesse dalle cozze non ha capito niente. C’era la spazzatura per strada anche allora.”
Che l’immondizia fosse ai tempi del colera riversata per strada è innegabile; ciò che però il giornalista non dice o non sa è che a quei tempi le condizioni sociali ed economiche, così come le condizioni igieniche, erano drammatiche a Napoli, città dimenticata dalla politica.
Ce lo ricorda Minoli in una delle sue puntate de La Storia Siamo Noi: la città sembra la stessa del secondo dopoguerra, le industrie sversano liberamente a mare i propri liquami, la speculazione edilizia è devastante, per ogni bambino che muore a Milano ne muoiono otto a Napoli.
In più, tale Fulvio Bufi non ne sa un acca di malattie infettive, ignorando che l’habitat naturale del vibrione del colera è rappresentato da acqua marine o salmastre degli estuari.
Ma il giornalista non si ferma qui: “Napoli e la differenziata si guardano ancora molto da lontano. La raccolta è al 18-19 per cento. [...] Tanta crisi, tanti giorni, che se li si mettesse in fila formerebbero anni, passati a camminare sui cumuli abbandonati, a respirare fetore, a intossicarsi di diossina, non hanno mai reso un gesto automatico andare a portare il vetro nelle campane verdi e la plastica in quelle gialle.”
Ancora una volta Bufi ignora come nessuna grande città, men che meno Milano e Roma, abbiano raggiunto l’ obiettivo fissato al 50 per cento; così come ignora che ad Avellino nel 2009 si è raggiunta la soglia del 69%. Probabilmente poi, Fulvio Bufi non ha mai letto Goethe, che nel suo viaggio in Italia, scriveva di una Napoli del 1787: è un godimento vedere le quantità incredibili di legumi che affluiscono nei giorni di mercato, e come gli uomini si dian da fare a riportare subito nei campi l’eccedenza respinta dai cuochi, accelerando in tal modo il circolo produttivo.
I partenopei riciclavano ante-litteram. E sarebbero capaci anche oggi se, a fronte delle tasse che continuano a pagare, gli venissero offerti da chi di dovere, servizi e strumenti perché l’immondizia non resti per le strade.
Parlare di rifiuti è rock e così questo sfogo anticipa e annuncia un approfondimento sull’emergenza rifiuti in Campania. Perché si sappia. Perché nessuno parli a vanvera.
Roberto Erro
Foto d'apertura di Jonathan Greenwald: Verbal abuse
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Non sorprende, ma rammarica che se ne parli però in maniera qualunquista, riempiendosi la bocca di responsabilità e differenziata, per poi descrivere Napoli e i partenopei come non meritano.
Lo ha fatto tale Fulvio Bufi in un articolo apparso sull’ultimo numero del supplemento del Corriere della Sera: Sette.
La realtà vuole cumuli di immondizia che stentano a essere rimossi, che creano disagio e imbarazzo e lui ci dice che invece viene “appicciata in falò puzzolenti e velenosi che non sempre sono un gesto di protesta, ma anche un gioco, un selvaggio passatempo”. E insiste nel suo folle discorso sul rapporto atavico tra Napoli e la spazzatura: “Chi ancora crede che l’epidemia del colera dell’estate 1973 dipendesse dalle cozze non ha capito niente. C’era la spazzatura per strada anche allora.”
Che l’immondizia fosse ai tempi del colera riversata per strada è innegabile; ciò che però il giornalista non dice o non sa è che a quei tempi le condizioni sociali ed economiche, così come le condizioni igieniche, erano drammatiche a Napoli, città dimenticata dalla politica.
Ce lo ricorda Minoli in una delle sue puntate de La Storia Siamo Noi: la città sembra la stessa del secondo dopoguerra, le industrie sversano liberamente a mare i propri liquami, la speculazione edilizia è devastante, per ogni bambino che muore a Milano ne muoiono otto a Napoli.
In più, tale Fulvio Bufi non ne sa un acca di malattie infettive, ignorando che l’habitat naturale del vibrione del colera è rappresentato da acqua marine o salmastre degli estuari.
Ma il giornalista non si ferma qui: “Napoli e la differenziata si guardano ancora molto da lontano. La raccolta è al 18-19 per cento. [...] Tanta crisi, tanti giorni, che se li si mettesse in fila formerebbero anni, passati a camminare sui cumuli abbandonati, a respirare fetore, a intossicarsi di diossina, non hanno mai reso un gesto automatico andare a portare il vetro nelle campane verdi e la plastica in quelle gialle.”
Ancora una volta Bufi ignora come nessuna grande città, men che meno Milano e Roma, abbiano raggiunto l’ obiettivo fissato al 50 per cento; così come ignora che ad Avellino nel 2009 si è raggiunta la soglia del 69%. Probabilmente poi, Fulvio Bufi non ha mai letto Goethe, che nel suo viaggio in Italia, scriveva di una Napoli del 1787: è un godimento vedere le quantità incredibili di legumi che affluiscono nei giorni di mercato, e come gli uomini si dian da fare a riportare subito nei campi l’eccedenza respinta dai cuochi, accelerando in tal modo il circolo produttivo.
I partenopei riciclavano ante-litteram. E sarebbero capaci anche oggi se, a fronte delle tasse che continuano a pagare, gli venissero offerti da chi di dovere, servizi e strumenti perché l’immondizia non resti per le strade.
Parlare di rifiuti è rock e così questo sfogo anticipa e annuncia un approfondimento sull’emergenza rifiuti in Campania. Perché si sappia. Perché nessuno parli a vanvera.
Roberto Erro
Foto d'apertura di Jonathan Greenwald: Verbal abuse
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posted by Mauro Erro @ 11:38,