Il vino (buono) vive... davvero!

Giorgio Grai

Fin da bambino quando stavo alle elementari tutti mi facevano i complimenti per la mia incredibile memoria. Durante tutto il corso dei miei studi, fino alla laurea, sulla mia memoria ho fatto più volte affidamento. Una volta al lavoro, in azienda, non potei far a meno di notare che mio padre, anche lui dotato di una formidabile memoria, aveva l'abitudine di registrare tutto in un'agenda. Non parlo solo di scontate notizie contabili ma un po' di tutto. Naturalmente le cose che lui riteneva importanti. Questa abitudine, quasi maniacale, mi lasciò piuttosto perplesso. Perchè mio padre nonostante ricordasse praticamente tutto e nei minimi particolari sentiva il bisogno di tenere una rubrica? Quando ho iniziato ad ingripparmi di brutto con il vino mi sono accorto ben presto che con il numero di assaggi che si moltiplicavano la mia memoria, quella gustativa, non era all'altezza ed iniziava a vacillare, non tanto per quei vini straordinari che si stampavano indelebili nei miei ricordi ma soprattutto per quelli più anonimi, i vini dotati di un minor impatto emotivo e, talvoltà, di personalità. Decisi subito di acquistare un diario per annotare i miei assaggi. Dopo la prima migliaia di bottiglie appuntate nel giro di qualche mese mi accorsi che il metodo tradizionale cartaceo non faceva al caso mio. Mio padre con i computer non ci ha mai voluto avere a che fare, io non potevo farne a meno. Detto, fatto. Mi feci aiutare ad impostare un archivio semplice e funzionale con "access" e via. Oggi questo mio archivio risulta fonte indispensabile per potermi orientare tra le ormai oltre diecimila note di degustazione che ho scritto in questi anni ma soprattutto fondamentale quando devo seguire l'evoluzione di un vino nel tempo. Non sempre questo accade secondo un processo decisionale premeditato, può accadere spesso per caso. Così è stato per il Pinot bianco 2007 di Giorgio Grai. Ho bevuto la mia prima bottiglia a dicembre del 2009. Leggo uno stralcio dalle mie note di allora: "un ottimo vino dal frutto esuberante ed intenso", un profilo decisamente convenzionale per quanto riuscito e godibile da bere. Non mi convince come altre etichette dello stesso produttore. L'assaggio di un Pinot Bianco 2001 dello stesso Grai mi lascia comunque la speranza di ampi margini di miglioramento. A distanza di tempo nel luglio del 2010 ci riprovo con un'altra bottiglia. Annoto: "ricchezza materica ed aromatica quasi eccessiva", si fa, comunque, ancora una volta, bere senza problemi, ma, di nuovo, senza risultare in nulla eclatante o trascendentale. Le speranze di un futuro lungo e radioso cominciano ad affievolirsi. Che questo vino rimarrà per sempre così, mi domando, monolitica scultura di generosa frutta? Poi l'altra sera viene il momento di una terza bottiglia. Ho ospiti a cena. C'è un amico a cui piace bere un buon bicchiere ma assolutamente non un intenditore. Decido di procedere con la classica sequenza di rito: una bolla, un bianco ed un rosso. Meglio andare sul sicuro e scegliere, come bianco, un vino "facile", o meglio immediato, dal frutto integro e croccante senza "complicazioni". Il Pinot bianco 2007 di Grai dovrebbe essere l'ideale, penso. Sorpresa. Per inciso: stiamo parlando dello stesso identico vino che avevo bevuto sei mesi prima, ed una anno prima ancora, stesso lotto a voler esser precisi. Ecco effluvi balsamici fare capolino nel bicchiere. Del frutto è rimasta solo una labile traccia. Profumi di macchia mediterranea, erbe aromatiche ed oli essenziali, resina di pino. Il vino sembra respirare in quelle ondate odorose che escono fuori dal bicchiere. Avverto non una grande ampiezza o complessità ma una bella ed inaspettata profondità. I fragranti cavalloni si infrangono finalmente sul palato. Al palato è fresco, si beve con piacere, polpa e succo a centro bocca, non lunghissimo, ma dal finale austero, secco ed asciutto. Allora il vino, quello buono, è davvero, proprio come un organismo vivente. Non è un modo di dire, non è un esagerazione. Non è l'invenzione di un produttore innamorato della sua "creatura", nè l'iperbole poetica di qualche degustatore sognatore. Conservate bene le vostre bottiglie, quelle a cui siete affezionati ma anche quelle a cui lo siete un pò meno. Potrete così condividerne la vita, con i successi e gli insuccessi della loro imprevedibile curva evolutiva... e qualche volta una piacevole sorpresa!

Fabio Cimmino
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posted by Mauro Erro @ 09:59,

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