L’immagine del vino

Sono uomo di città e lo rivendico.
Ma ho scoperto la campagna dal vivo, entrandoci appieno, per boschi e prati in quel di Caserta.
Ero bambino eppure ricordo tutto: gli odori di stalla, le vacche e il latte appena munto, il pastore maremmano, custode di un vecchio casolare, ucciso vecchio, ma precocemente, da un cacciatore disattento. E ho scoperto il vino in una cantina sociale, nel beneventano: ho visto la raccolta, la pigiatura e la fermentazione. Ricordo gli odori e i colori.
E rivendico anche questo: non si tratta di una spinta mistica pseudo-new-age del borghese insoddisfatto. Non un anelito di ritorno alla campagna, ma desiderio, assolutamente personale, di preservare quei ricordi intatti.
Pertinenti ad un’altra sfera.
E immutevoli, perché parte di una cultura ossificatasi nei tempi.
La campagna e il vino sono per me i ricordi, rinnovati nel presente, di quel tempo che fu.
E così mi fa triste scoprire questo: la mercificazione di una cultura, Imago prima della sostanza.
Non che sia illecito; semplicemente, mi fa triste.

Roberto Erro

posted by Mauro Erro @ 09:29,

1 Comments:

At 12 ottobre 2010 alle ore 00:41, Blogger Gianpaolo Paglia said...

ho il sospetto che il tuo idealizzare la vita di campagna sia proprio causato dal fatto che sei un ragazzo di citta'.
Mentre sono certo che i tuoi propositi sono buoni, alti e nobili, io credo anche che il voler idealizzare l'attivita' agricola, specialmente da parte di chi non la vive, sia un danno potenzialmente molto grande per la stessa.
L'immagine che ci rimandano i media, rivolti essenzialmente ad un pubblico cittadino con ormai pochi legami con la campagna, del mondo rurale e' artificiosa, legata al mito del "buon contadino" (per parafrasare quello del "buon selvaggio"), non piu' reale di quello della famiglia che ci danno le pubblicita' del Mulino Bianco. La stessa angoscia e senso di spaesamento che coglie le famiglie reali nel vedere come siamo distanti da quelle della pubblicita', con i figli tutti biondi e la mamme sorridenti, coglie l'agricoltore che si specchia con questo ideale rurale patinato, dove sono messi sotto il tappeto tutti gli aspetti sgradevoli per mostrare solo quelli consoni all'immaginario colletivo che si e' andato creando. La vita povera ma sana, le mani callose e la saggezza popolare di chi si accontenta di quel che ha, sorridendendo tra se quando vede il cittadino, ricco ma stolto. Il lavoro fatto per passione, mai per profitto, la bella case rurale, spartana ma piu' virtuosa del ricco loft di citta'.
Il rischio e' che l'agricoltore cominci a sentirsi in colpa per non ritrovarsi in quello schemino precostuito. Magari lui vuole anche guadagnare un po' di piu' senza spaccarsi la schiena. Certo, lavora per passione, ma si domanda perche' tutte le altre professioni possono anche aspirare al profitto, tranne che la sua.

 

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