La collina del Mazzon

Michela Carlotto, classe 1982, produttrice ed enologo, con Peter Dipoli, produttore altoatesino hanno scritto un meraviglioso libro di cui vi consiglio l’acquisto: Mazzon e il suo Pinot nero. Un libro che narra la storia del Pinot Nero e della collina del Mazzon, arricchita da una serie di dati storici dei dodici masi e dalle cartine, utilissime, per orientarvi tra i filari e le vigne dei vari produttori. Ovviamente, se ciò non bastasse, contattando Alessandro Masnaghetti potrete acquistare le cartine della già citata, su questi spazi, rivista Enogea che del Mazzon ha ampiamente parlato. Possiamo tranquillamente affermare che la collina del Mazzon (300 ettari circa) è, almeno al momento, l’unico luogo in Italia ove si producono con una certa costanza qualitativa, ben lungi dall’essere lontanamente paragonabile a quella di Borgogna, degli ottimi Pinot nero che vantano un centinaio d’anni di storia (i primi imbottigliamenti alla fine degli anni ’60 e i primi degli anni ’70). Il libro è stato utilissimo al sottoscritto (così come i preziosi consigli del Masna che mi ha cortesemente girato Fabio Cimmino) per una serata dedicata al Mazzon che ho condotto a Napoli, in una degustazione di sicuro fascino, di cui riporto di seguito le brevi note di degustazione.

Pinot Nero Mazzon, Nals Margreid 2007
Al naso fa fatica ad aprirsi e si svela pienamente solo a 24 ore dalla stappatura. Semplice, mostra note tostate e di caffè, frutta non definita, tocco balsamico, in un quadro di discreta eleganza. Al palato ha sviluppo semplice, discreto centro bocca, chiudendo – non lunghissimo – con un tannino leggermente rugoso e un leggero ritorno alcolico.

Pinot Nero Brunnenhof Mazzon Kurt & Johanna Rottensteiner Riserva 2006
Al naso è l’unico che stacca decisamente dagli altri mostrando un profilo più “femminile”. Erbe aromatiche, netta la salvia, molto floreale, fruttato di fragolina, una traccia agrumata leggermente sfrangiata. Il palato è snello anche se succoso, di buona dinamica, leggermente rovinato da un deciso timbro alcolico che copre la persistenza finale.

Pinot Nero Mazzon Bruno Gottardi 2006
È sicuramente un “manico” e un vino tra i più conosciuti della zona. Ha dalla sua una maggiore definizione e complessità degli aromi e dei profumi: frutta scura, note empireumatiche, afflato balsamico, tocchi selvatici e una nota leggermente erbacea quasi impercettibile, che si rivelerà compiutamente nei ritorni retronasali dopo la deglutizione, facendoci supporre una leggero anticipo rispetto alla maturazione fenolica piena in vendemmia. Anche al palato si mostra tra i migliori, anche se cede un po’ al centro bocca, ma la “serenità” in cui si distende nel finale con un fascinoso tocco sapido è da applausi. (anche questo abbastanza caldo).

Pinot Nero filari di Mazzon Carlotto 2007
Lo dico subito: è quello che più mi è piaciuto anche se ha avuto bisogno più degli altri dell’aiuto dell’ossigeno per una riduzione da cui si è liberato completamente il giorno dopo. Naso compresso – in divenire – una nota ferrosa affascinante, un’ottima pienezza di frutto ben centrato accompagnata da rimandi speziati. Al palato è pieno, succoso, di bella trama, finale ancora contratto e leggermente amaro.

Pinot nero Mazzon riserva Hofstatter 2007
Un’ottima interpretazione, quasi inaspettata ad essere sinceri. Note tostate, fumè e selvatiche (bret???), frutta e spezie. Palato lineare, teso, sia largo che lungo, impercettibilmente toccato dal legno nella stretta finale tannica, ma che si contraddistingue per un finale di bella pulizia.


“Mazzon e il suo Pinot Nero”
Peter Dipoli, Michela Carlotto
ed. Pro Loco di Egna

posted by Mauro Erro @ 09:00,

13 Comments:

At 28 aprile 2010 alle ore 09:13, Anonymous Anonimo said...

Capisco l'impossibilità di non poter disporre di tutti i vini della stessa annata ma Gottardi 2006, secondo me, falsa (trattandosi del manico di riferimento) inevitabilmente l'esperimento.

 
At 28 aprile 2010 alle ore 09:25, Blogger Mauro Erro said...

in che senso falsa l'esperimento?

P.S. Non era una gara, ma il tentativo di capirci qualcosa in più sulla collina e sul Pinot Nero (la divisione delle tre fasce altimetriche - alta, media, bassa - ecc. ecc.) il discorso della potenza alcolica...ecc. ecc. Tra l'altro ad onor di cronaca, quello di Gottardi non è stato eletto il preferito...ma tra i preferiti - con Rottersteiner e Carlotto

 
At 28 aprile 2010 alle ore 10:23, Anonymous Anonimo said...

appunto non trattandosi ma di capirci qualcosa l'omogeneità di annata ma anche di eguale tempo di affinamento in vetro avrebbe giovato sicuramente a capirci qualcosa. Per riferimento intendo ricordare che Gottardi è considerato tra i miglior interpreti del Pinot Nero in Italia. A livello personale anche a me non fa impazzire.

 
At 28 aprile 2010 alle ore 10:24, Anonymous Anonimo said...

sorry, refuso: voleo scrivere "appunto non trattandosi di una gara".

 
At 28 aprile 2010 alle ore 10:54, Blogger Mauro Erro said...

capito il senso. Ma credo sia comunque istruttiva...
Grazie.

 
At 28 aprile 2010 alle ore 11:05, Anonymous Jacopo Cossater said...

Bella degustazione Mauro, molto istruttiva. Anche a me piace moltissimo l'interpretazione di Carlotto ed invece non conoscevo Margreid, che mi incuriosisce.

Volevo segnalare che il libro di Dipoli/Carlotto, che fino a poco tempo era piuttosto difficile da trovare, ha fatto la sua comparsa su unilibro: http://is.gd/bL91H

 
At 28 aprile 2010 alle ore 11:52, Blogger RoVino said...

Su Gottardi si può dire di tutto, secondo me non fa Pinot Nero particolarmente emozionanti, ma la stoffa non gli manca mai così come la precisione esecutiva. C'è chi lo considera il migliore (ricordo ad esempio Ziliani). A me piace molto, anche perché di grandi Pinot Nero (ma proprio grandi) in AA non ce ne sono molti, direi pochini. Non sono espertissimo, ma ad esempio Caste Juval (dove ho avuto modo di degustare anche qualche vecchia annata) mi sembra fare uno dei prodotti più interessanti.
Non conosco Carlotto, invece...

 
At 28 aprile 2010 alle ore 12:04, Anonymous Anonimo said...

Roberto da Castel Juval bevemmo (per me) un grandissimo 2005. SEmpre per me il miglior Pinot Nero italiano mai bevuto. Peccato che il 2006 non era allo stesso livello e che di 2005 non se ne trovi in giro per riassaggiarlo.

 
At 28 aprile 2010 alle ore 12:28, Blogger Mauro Erro said...

@ Roberto: l'anonimo è Fabio, altrimenti non vi capite :-)

seondo me Fabio concorderà anche su questo nome: Garlider 2006 (oltre Castel Juval)

 
At 28 aprile 2010 alle ore 12:37, Blogger RoVino said...

Concordo Fabio,
il 2005 era strepitoso (e io ne ho ancora una bottiglia eh eh eh...)

 
At 28 aprile 2010 alle ore 12:53, Blogger Mauro Erro said...

@ Roberto: disgraziato!!! :-))))

in ogni caso per completare il discorso, su Gottardi concordo sul discorso dell'emozione, quanto a Carlotto, bella materia, questa annata è andato a mio modesto parere leggermente in sovraestrazione. Tornando al discorso delle annate posto da Fabio, uno degli obiettivi della serata era quello anche di valutare il discorso dell'equilibrio del vino e dei gradi alcolici, vero problema per me di quel territorio in queste ultime annate...

 
At 28 aprile 2010 alle ore 14:20, Anonymous Anonimo said...

Rob sei sicuro che sia 2005 ?! Dove l'hai presa ?! Io ricordo che in cantina aveva solo 2006 e quello prendemmo...

:(((

 
At 29 aprile 2010 alle ore 17:32, Anonymous Anonimo said...

A mio modesto avviso, la degustazione (cui ho partecipato) aveva il senso di far conoscere e valutare la declinazione, nello specifico territorio di Mazzon, del vitigno Pinot Nero che, dalla lettura del libro di Carlotto - Dipoli, è presente lì dalla metà dell'Ottocento.
Inoltre, è opinione comune che le trame espressive più eleganti del vitigno in questione, in Italia, siano quelle dei prodotti di vigneti lì ubicati.
Ciò premesso, come era auspicabile sono state riscontrate differenze stilistiche anche rilevanti nelle singole espressioni, ed è stato perciò raggiunto, ancora a mio avviso, lo scopo della serata.
Da ultimo, quanto a Gottardi ed alla emozionalità dei suoi vini, magari il "base" è confrontabile con altri, ma il "riserva" (ahimè introvabile) è un assoluto fuoriclasse, paragonabile, forse, solo al "Barthenau" di Hofstatter.
Luca Miraglia

 

Posta un commento

<< Home






Pubblicità su questo sito