Taurasi all'ultima sfida: Verticale incrociata Caggiano-Molettieri
martedì 26 gennaio 2010
Basterebbe pensare che una degustazione così, cinque anni fa, non si sarebbe potuta fare. La reperibilità di un certo numero di annate, sei di ciascun produttore in questo caso, avrebbe presentato non poche difficoltà. Non che oggi le cose stiano molto meglio, purtroppo.
Occasioni come questa, la degustazione che ha inaugurato il nuovo ciclo di incontri della Città del Gusto – Gambero Rosso, organizzata e condotta da Paolo De Cristofaro, rappresentano opportunità a cui fa piacere partecipare e a cui ci si accosta con non poca emozione, sapendo di avere la possibilità di leggere una nuova pagina della giovane vitivinicoltura irpina.
Al Tempo il compito di scriverne la trama.
I piccoli caratelli e il Montemarano Style
Anno domini 1980. La sesta edizione aggiornata del catalogo Bolaffi di Luigi Veronelli, Vini Rossi d’Italia, alla voce Aglianico riporta quello dei Colli Lucani e quello del Vulture. Non vi è traccia alcuna di presenza campana esclusa l’indicazione Taurasi dove risultano solo due produttori: Mastroberardino di Atripalda e tale Saviano di Ottaviano. Al primo verrà affidato il significato della parola tradizione, termine che nelle varie diatribe di una giovane critica assume negli anni a venire le accezioni più disparate, giungendo talvolta in talune approssimazioni ad espressioni grottesche. Non solo in Irpinia, ma in tutta la giovane Italia dell’enologia e viticoltura moderna post-metanolo, fatto salvo le rarissime eccezioni che conosciamo.
Anno domini 1983. Salvatore Molettieri, viticoltore e conferitore di uve a Montemarano, decide di mettersi in proprio. 12 anni dopo avrà completato la sua cantina e si affaccerà per la prima volta sul mercato con le annate 1988 riserva e 1992 del Taurasi Vigna Cinque Querce, dando vita ad un idealtipo di vino proveniente da alcune delle vigne più alte dell’intero comprensorio e ad uno stile muscolare che si affermerà sul mercato. È il primo tentativo, nell’era moderna dell’Irpinia vitivinicola, di Cru.
Anno domini 1991. Antonio Caggiano, geometra irpino con la passione del vino e della fotografia, fonda l’azienda agricola per valorizzare la proprietà di famiglia. Durante un suo viaggio a Bordeaux incontra il professore Luigi Moio convincendolo a tornare in Campania. Tre anni più tardi, nascerà il primo Taurasi affinato per oltre un anno in barrique di rovere francese. Un anno prima, nel 1993, il Taurasi diviene una Docg, restando, per lungo tempo, l’unica del meridione d’Italia.
Anno domini 2005. Il numero delle aziende in Irpinia impegnate nella vinificazione tocca le 200 unità. Gli ettari iscritti all’albo per la produzione di Taurasi arrivano a 800. Di questi, se ne utilizzeranno solo 250 per una produzione poco sotto il milione e mezzo di bottiglie. L’affermazione commerciale dell’Aglianico Taurasino non è ancora del tutto arrivata.
Territori, stili, vini e tempi diversi
Si potrebbe guardare a questi vini come due poli opposti che convergono verso la stessa denominazione o, più semplicemente, a due strade, tra le prime percorse in questi anni, distinte e ben separate.
Taurasi, lì dove è ubicata la vigna Macchia dei Goti, è sempre stato comune in cui la ricerca dell’eleganza nei vini è stata prerogativa principale, così come, Montemarano e la Vigna Cinque Querce, racchiudono in se stesse i canoni della potenza.
A ciò, ovviamente, si aggiungono le interpretazioni aziendali diverse tanto in vigna quanto in cantina.
Il Macchia dei Goti è una vigna di sei ettari che guarda il fiume Calore da un’altezza di 350 metri. Un pendio collinare esposto a sud ovest e i cui terreni sono profondi, ricchi di argilla e sostanza organica, con una base calcarea e strati di ceneri vulcaniche. 5.000 ceppi per ettaro allevati a cordone speronato. Le vendemmie, mediamente, iniziano verso la terza decade di ottobre, ma possono protrarsi sino ai primi di novembre.
Il Cinque Querce, invece, è collocato tra i 550 e i 620 metri in contrada Iampenne a Montemarano e guarda a sud est. Nove ettari in tutto piantati a partire dal 1992 in epoche diverse. Pur essendo un unico corpo, il vigneto è distinguibile almeno in tre parti diverse a seconda delle differenzazioni dei terreni. La presenza di argilla è forte, più compatta nella parte alta del vigneto, dove troviamo anche pietrisco grigio-rossastro di origine vulcanica, e nella parte mediana dove c’è minore presenza di calcare. Le vendemmie non iniziano mai prima di novembre e si possono protrarre nelle annate più tardive sino alla seconda o terza decade. Infine in cantina dal 1998 in poi si utilizzano per l’affinamento sia barrique (50%) sia botti da 60 ettolitri.
Troverete di seguito il resoconto dell’assaggio dei 12 vini, sei del Vigna Macchia dei Goti e sei del Vigna Cinque Querce, succedute da indicazioni di massima dell’andamento climatico per ogni annata. È giusto precisare che dei vini presentati ho avuto modo di degustare altri campioni durante l’ultimo anno, una o due bottiglie ad eccezione delle annate 1998 riserva e 2003 riserva del Vigna Cinque Querce, assaggiate per la prima volta. Allo stesso modo va sottolineato che il 2005 presentato da Antonio Caggiano si manifestava completamente diverso rispetto all’unico campione saggiato durante la scorsa Anteprima Taurasi che, ricordo, divise in simpatiche discussioni alcuni amici degustatori. Le altre, con leggere sfumature che possono dipendere da fattori ambientali o dallo stato di conservazione di cui non abbiamo notizia, si sono mostrate, grosso modo, come le ricordavamo. In questa sede, al netto di una serie d’informazioni di cui non disponiamo e che faciliterebbero l’interpretazione dei vini e di altre che tedierebbero il lettore, ci permettiamo una lettura prettamente estetica relativa all’immagine che hanno dato i campioni di se stessi.
La cosa che ci ha meravigliato è l’impressione di come il tempo sia trascorso in maniera differente per i due Taurasi. Da un lato, per il Macchia dei Goti, vino votato sicuramente all’eleganza, persino dieci anni pare non siano bastati per una migliore e perfetta integrazione del legno con la materia, soprattutto in quelle annate “fredde” come il 1999 o il 2004, dove, nel comprensorio Taurasino, si sono avuti vini più esili. Nuance speziate e sentori dolci, vanigliati e lattosi poco integrati che appesantivano la dinamica olfattiva.
Quanto al Cinque Querce, di contro, pare che il tempo in alcuni casi sia passato troppo lentamente. Alcuni campioni denotavano un’evoluzione olfattiva prematura considerata, in fin dei conti, la giovane età; evoluzione che possiamo imputare a scelte stilistiche che contraddistinguono l’azienda (diradamenti spinti e epoca di vendemmia) che sicuramente non hanno aiutato una materia già di per sè ricca di alcol e vini tanto estrattivi, situazione amplificata, poi, nelle annate tendenzialmente calde se non torride. Ad onor di cronaca più volte questi vini, in alcune annate, servite alla cieca hanno ingannato il sottoscritto come altri più esperti degustatori facendo pensare a vini d’appassimento. Ciò detto, va inquadrato il tutto in un processo storico dove l’idea di vino anni ’90, accompagnata dalla critica e apprezzata dal mercato, potrebbe apparire distante ai nostri occhi: per questo voglio segnalare questo scritto di Giampiero Pulcini, amico e abile degustatore con cui, un annetto fa, bevemmo una bottiglia rimasta ancora integra del 1988 riserva Cinque Querce, sottolineando, allo stesso tempo, la piacevole espressione del 2005: al naso ancora compresso, ma la cui bocca filigranata ci fa ben sperare.
Da prassi, abbiamo degustato le annate partendo dalla più vecchia.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 1999
Rubino scarico, gonfio nel cuore, terso nell’unghia. Come tutti gli altri campioni si mostrerà dai toni più leggiadri e trasparenti del Cinque Querce.
È la terza bottiglia che incontriamo quest’anno e nonostante ciò, lascia interdetti. Il rilascio dei profumi è lento e si fa fatica a decifrarlo, ad inquadrarlo per la prima mezz’ora almeno. È sottile, accennato, ha un timbro terroso, sentori di cuoio, note tostate. Al palato stupisce comportandosi meglio di altre volte. Ha buon ingresso, discreta dinamica e lunga persistenza, lasciando la bocca di un leggero amaro.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2000
Rubino leggermente più denso del precedente.
L’inizio è sostanzioso, ma ben calibrato, misurato, discreto. Le note terrose, di liquirizia, la nota resinosa che, per noi, ha contraddistinto da sempre il Macchia dei Goti, si esprimono nitide e la frutta è sotto controllo. Al palato è succoso, ha buona trama, una buona chiusura su un tannino sapido, anche se il finale è leggermente amaro e il tannino un pizzico polveroso, precise e coinvolgenti sono le note di retrolfazione. Dopo un’ora l’ossigenazione tira fuori la frutta rendendola padrona: note di prugna matura e more appesantiscono il profilo olfattivo. Resta l’impressione che nell’annata più calda, maggiore materia abbia meglio digerito il legno.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2001
Rubino di affascinanti trasparenze.
La prima zaffata recita note tostate, fondo di caffè e rimandi lattosi. Migliora nel bicchiere trovando una maggiore armonia con note floreali e sbuffi balsamici. Al palato ha dinamica particolare. Si ferma al centro bocca, ricompare nel finale con sentori di erbe amare che chiudono il sorso che si asciuga per la particolare secchezza dei tannini.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2003
Buon colore caldo, vivo.
Si mostra popputo e leggermente evoluto nei toni di frutta matura, frutta secca, goudron, foglie secche e noci. Al palato il legno emerge, ma è soprattutto la “fermezza” dei tannini ad impedire una migliore progressione aromatica.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2004
Speravamo meglio. Soprattutto dopo un inizio gentile, fragrante, elegante, dove la frutta era calibrata dalla nota balsamica che ritmava la dinamica mentre la chiosa resinosa e di liquirizia concludevano il profilo sobrio. Con il tempo evidenzia, invece, una nota laccata dolce e lattosa seguita dalle note di vaniglia che ne aggravano il bouquet. La bocca è segnata dal legno che esalta la dolcezza del frutto nonostante la chiusura discreta.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2005
Rubino vivo, scintillante.
Naso pulito di frutta fragrante, spezie e terra, echi balsamici, note di torrefazione e nel tempo di cipria, di buona eleganza. Il palato è giovane, contratto, i tannini adolescenziali, ma la dinamica ci fa ben sperare per una futura integrazione tra materia e legno.
Taurasi Docg Riserva Vigna Cinque Querce 1998
Rubino scarico leggermente spento.
Naso evoluto, umbratile e affascinante che si dipana tra note di fiori essiccati, terra, tè in infusione, rimandi di eucalipto e d’agrume amaro, goudron, foglie e funghi. Al palato inizialmente appare scisso nel corpo, ma, in seguito, trovando un maggiore equilibrio, trova nel finale una stoccata acido sapida vivifica. Oltre lo zenit espressivo, ma di sicuro fascino.
Taurasi Docg Riserva Vigna Cinque Querce 1999
Una zaffata d’alcol e di volatile ne segna l’esordio. Nel tempo trova armonia mostrandosi muscoloso, anch’esso leggermente evoluto nei toni di frutta matura, quasi appassita. Emergono poi la menta, una nota piccante di “papaccelle” e sentori di sottobosco. Anche al palato non convince del tutto pur mostrandosi più reattivo, ma manca qualcosa nel finale, un guizzo acido che aspettavamo come fosse Godot.
Taurasi Docg Vigna Cinque Querce 2001
Molto simile al precedente nello stile, ma sicuramente più dinamico. Anch’esso appesantito nel profilo olfattivo dalla nota di frutta estremamente matura, perde in eleganza adagiandosi su sentori di caffè, sottobosco e funghi. Ma è il palato a fare la differenza: nervoso, teso, chiuso da un tannino sapido di bellissima fattura.
Dicotomico, muscolare, cicciuto, consigliamo a chi ne abbia ancora qualche bottiglia di berlo adesso.
Taurasi Docg Riserva Vigna Cinque Querce 2003
Anche questo molto spinto, trova nel tratto balsamico lo slancio nei profumi, almeno inizialmente. Con l’ossigenazione vira su sentori di salamoia, camomilla, infuso. Il palato non ha slancio, si ferma ad un certo punto del suo incedere, ma, ad onor del vero, considerando l’annata, l’impressione è che il vino riesca a difendersi sufficientemente anche se rifugge da una qualsivoglia idea di serbevolezza.
Taurasi Docg Vigna Cinque Querce 2004
Parte da una chiusura quasi totale che evidenzia note tostate, tratti balsamici, un’interessante speziatura e rimandi di erbe aromatiche. Al palato convince meno, nonostante l’ingresso “elettrico”, per il centro bocca segnato da grevi note di cioccolato e caffè e per la chiusura sofficemente formale, indistinta e prevedibile.
Taurasi Docg Vigna Cinque Querce 2005
Un pargolo, vivaddio. È tanta “roba”, ma tutto è in equilibrio. È ancora compresso: la frutta, i tratti balsamici, la nota di radici e di liquirizia scandiscono il profilo olfattivo. La bocca è elettrizzante, tesa fino alla fine; non lunghissimo, il sorso è nitido e nervoso. Di cristallino tocco sapido in chiusura. Lo attenderemo, con fiducia, alla prova del tempo.
Annata 1999: Inverno freddo, primavera calda e piovosa, estate abbastanza calda, pioggia nell’ultima decade di agosto. Settembre caldo e soleggiato, vendemmia estremamente pulita e asciutta. Vendemmia a cavalla tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre.
Annata 2000: primavera più che mite, estate calda, agosto torrido, ma con frequenti temporali, settembre caldo e ventilato.
Annata 2001: vendemmia fortemente condizionata da una gelata nel mese di aprile, che ha ridotto drasticamente le rese, seguita da un’estate calda, ma regolare e un settembre quasi perfetto con rilevanti escursioni termiche.
Annata 2003: afa, siccità, temperature costantemente sopra la media. Il meteo continentale e la maturazione tardiva dell’aglianico hanno limitato sensibilmente gli effetti della calura in Irpinia.
Annata 2004: inverno rigido e nevoso, primavera fredda e piovosa, estate calda e asciutta, raccolta tardiva protrattasi, in alcune zone, fino alla metà di novembre.
Annata 2005: inverno estremamente rigido con abbondanti nevicate fino alla fine di febbraio, primavera regolare, inizio estate caldo e soleggiato senza eccessi per quanto riguarda le temperature massime. Da fine agosto e per buona parte di settembre, pioggia alternata a giornate asciutte e soleggiate.
Nota: Gran parte delle informazioni tecniche mi sono state trasmesse da Paolo De Cristofaro che ringrazio.
Si potrebbe guardare a questi vini come due poli opposti che convergono verso la stessa denominazione o, più semplicemente, a due strade, tra le prime percorse in questi anni, distinte e ben separate.
Taurasi, lì dove è ubicata la vigna Macchia dei Goti, è sempre stato comune in cui la ricerca dell’eleganza nei vini è stata prerogativa principale, così come, Montemarano e la Vigna Cinque Querce, racchiudono in se stesse i canoni della potenza.
A ciò, ovviamente, si aggiungono le interpretazioni aziendali diverse tanto in vigna quanto in cantina.
Il Macchia dei Goti è una vigna di sei ettari che guarda il fiume Calore da un’altezza di 350 metri. Un pendio collinare esposto a sud ovest e i cui terreni sono profondi, ricchi di argilla e sostanza organica, con una base calcarea e strati di ceneri vulcaniche. 5.000 ceppi per ettaro allevati a cordone speronato. Le vendemmie, mediamente, iniziano verso la terza decade di ottobre, ma possono protrarsi sino ai primi di novembre.
Il Cinque Querce, invece, è collocato tra i 550 e i 620 metri in contrada Iampenne a Montemarano e guarda a sud est. Nove ettari in tutto piantati a partire dal 1992 in epoche diverse. Pur essendo un unico corpo, il vigneto è distinguibile almeno in tre parti diverse a seconda delle differenzazioni dei terreni. La presenza di argilla è forte, più compatta nella parte alta del vigneto, dove troviamo anche pietrisco grigio-rossastro di origine vulcanica, e nella parte mediana dove c’è minore presenza di calcare. Le vendemmie non iniziano mai prima di novembre e si possono protrarre nelle annate più tardive sino alla seconda o terza decade. Infine in cantina dal 1998 in poi si utilizzano per l’affinamento sia barrique (50%) sia botti da 60 ettolitri.
Troverete di seguito il resoconto dell’assaggio dei 12 vini, sei del Vigna Macchia dei Goti e sei del Vigna Cinque Querce, succedute da indicazioni di massima dell’andamento climatico per ogni annata. È giusto precisare che dei vini presentati ho avuto modo di degustare altri campioni durante l’ultimo anno, una o due bottiglie ad eccezione delle annate 1998 riserva e 2003 riserva del Vigna Cinque Querce, assaggiate per la prima volta. Allo stesso modo va sottolineato che il 2005 presentato da Antonio Caggiano si manifestava completamente diverso rispetto all’unico campione saggiato durante la scorsa Anteprima Taurasi che, ricordo, divise in simpatiche discussioni alcuni amici degustatori. Le altre, con leggere sfumature che possono dipendere da fattori ambientali o dallo stato di conservazione di cui non abbiamo notizia, si sono mostrate, grosso modo, come le ricordavamo. In questa sede, al netto di una serie d’informazioni di cui non disponiamo e che faciliterebbero l’interpretazione dei vini e di altre che tedierebbero il lettore, ci permettiamo una lettura prettamente estetica relativa all’immagine che hanno dato i campioni di se stessi.
La cosa che ci ha meravigliato è l’impressione di come il tempo sia trascorso in maniera differente per i due Taurasi. Da un lato, per il Macchia dei Goti, vino votato sicuramente all’eleganza, persino dieci anni pare non siano bastati per una migliore e perfetta integrazione del legno con la materia, soprattutto in quelle annate “fredde” come il 1999 o il 2004, dove, nel comprensorio Taurasino, si sono avuti vini più esili. Nuance speziate e sentori dolci, vanigliati e lattosi poco integrati che appesantivano la dinamica olfattiva.
Quanto al Cinque Querce, di contro, pare che il tempo in alcuni casi sia passato troppo lentamente. Alcuni campioni denotavano un’evoluzione olfattiva prematura considerata, in fin dei conti, la giovane età; evoluzione che possiamo imputare a scelte stilistiche che contraddistinguono l’azienda (diradamenti spinti e epoca di vendemmia) che sicuramente non hanno aiutato una materia già di per sè ricca di alcol e vini tanto estrattivi, situazione amplificata, poi, nelle annate tendenzialmente calde se non torride. Ad onor di cronaca più volte questi vini, in alcune annate, servite alla cieca hanno ingannato il sottoscritto come altri più esperti degustatori facendo pensare a vini d’appassimento. Ciò detto, va inquadrato il tutto in un processo storico dove l’idea di vino anni ’90, accompagnata dalla critica e apprezzata dal mercato, potrebbe apparire distante ai nostri occhi: per questo voglio segnalare questo scritto di Giampiero Pulcini, amico e abile degustatore con cui, un annetto fa, bevemmo una bottiglia rimasta ancora integra del 1988 riserva Cinque Querce, sottolineando, allo stesso tempo, la piacevole espressione del 2005: al naso ancora compresso, ma la cui bocca filigranata ci fa ben sperare.
Da prassi, abbiamo degustato le annate partendo dalla più vecchia.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 1999
Rubino scarico, gonfio nel cuore, terso nell’unghia. Come tutti gli altri campioni si mostrerà dai toni più leggiadri e trasparenti del Cinque Querce.
È la terza bottiglia che incontriamo quest’anno e nonostante ciò, lascia interdetti. Il rilascio dei profumi è lento e si fa fatica a decifrarlo, ad inquadrarlo per la prima mezz’ora almeno. È sottile, accennato, ha un timbro terroso, sentori di cuoio, note tostate. Al palato stupisce comportandosi meglio di altre volte. Ha buon ingresso, discreta dinamica e lunga persistenza, lasciando la bocca di un leggero amaro.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2000
Rubino leggermente più denso del precedente.
L’inizio è sostanzioso, ma ben calibrato, misurato, discreto. Le note terrose, di liquirizia, la nota resinosa che, per noi, ha contraddistinto da sempre il Macchia dei Goti, si esprimono nitide e la frutta è sotto controllo. Al palato è succoso, ha buona trama, una buona chiusura su un tannino sapido, anche se il finale è leggermente amaro e il tannino un pizzico polveroso, precise e coinvolgenti sono le note di retrolfazione. Dopo un’ora l’ossigenazione tira fuori la frutta rendendola padrona: note di prugna matura e more appesantiscono il profilo olfattivo. Resta l’impressione che nell’annata più calda, maggiore materia abbia meglio digerito il legno.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2001
Rubino di affascinanti trasparenze.
La prima zaffata recita note tostate, fondo di caffè e rimandi lattosi. Migliora nel bicchiere trovando una maggiore armonia con note floreali e sbuffi balsamici. Al palato ha dinamica particolare. Si ferma al centro bocca, ricompare nel finale con sentori di erbe amare che chiudono il sorso che si asciuga per la particolare secchezza dei tannini.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2003
Buon colore caldo, vivo.
Si mostra popputo e leggermente evoluto nei toni di frutta matura, frutta secca, goudron, foglie secche e noci. Al palato il legno emerge, ma è soprattutto la “fermezza” dei tannini ad impedire una migliore progressione aromatica.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2004
Speravamo meglio. Soprattutto dopo un inizio gentile, fragrante, elegante, dove la frutta era calibrata dalla nota balsamica che ritmava la dinamica mentre la chiosa resinosa e di liquirizia concludevano il profilo sobrio. Con il tempo evidenzia, invece, una nota laccata dolce e lattosa seguita dalle note di vaniglia che ne aggravano il bouquet. La bocca è segnata dal legno che esalta la dolcezza del frutto nonostante la chiusura discreta.
Taurasi Docg Vigna Macchia dei Goti 2005
Rubino vivo, scintillante.
Naso pulito di frutta fragrante, spezie e terra, echi balsamici, note di torrefazione e nel tempo di cipria, di buona eleganza. Il palato è giovane, contratto, i tannini adolescenziali, ma la dinamica ci fa ben sperare per una futura integrazione tra materia e legno.
Taurasi Docg Riserva Vigna Cinque Querce 1998
Rubino scarico leggermente spento.
Naso evoluto, umbratile e affascinante che si dipana tra note di fiori essiccati, terra, tè in infusione, rimandi di eucalipto e d’agrume amaro, goudron, foglie e funghi. Al palato inizialmente appare scisso nel corpo, ma, in seguito, trovando un maggiore equilibrio, trova nel finale una stoccata acido sapida vivifica. Oltre lo zenit espressivo, ma di sicuro fascino.
Taurasi Docg Riserva Vigna Cinque Querce 1999
Una zaffata d’alcol e di volatile ne segna l’esordio. Nel tempo trova armonia mostrandosi muscoloso, anch’esso leggermente evoluto nei toni di frutta matura, quasi appassita. Emergono poi la menta, una nota piccante di “papaccelle” e sentori di sottobosco. Anche al palato non convince del tutto pur mostrandosi più reattivo, ma manca qualcosa nel finale, un guizzo acido che aspettavamo come fosse Godot.
Taurasi Docg Vigna Cinque Querce 2001
Molto simile al precedente nello stile, ma sicuramente più dinamico. Anch’esso appesantito nel profilo olfattivo dalla nota di frutta estremamente matura, perde in eleganza adagiandosi su sentori di caffè, sottobosco e funghi. Ma è il palato a fare la differenza: nervoso, teso, chiuso da un tannino sapido di bellissima fattura.
Dicotomico, muscolare, cicciuto, consigliamo a chi ne abbia ancora qualche bottiglia di berlo adesso.
Taurasi Docg Riserva Vigna Cinque Querce 2003
Anche questo molto spinto, trova nel tratto balsamico lo slancio nei profumi, almeno inizialmente. Con l’ossigenazione vira su sentori di salamoia, camomilla, infuso. Il palato non ha slancio, si ferma ad un certo punto del suo incedere, ma, ad onor del vero, considerando l’annata, l’impressione è che il vino riesca a difendersi sufficientemente anche se rifugge da una qualsivoglia idea di serbevolezza.
Taurasi Docg Vigna Cinque Querce 2004
Parte da una chiusura quasi totale che evidenzia note tostate, tratti balsamici, un’interessante speziatura e rimandi di erbe aromatiche. Al palato convince meno, nonostante l’ingresso “elettrico”, per il centro bocca segnato da grevi note di cioccolato e caffè e per la chiusura sofficemente formale, indistinta e prevedibile.
Taurasi Docg Vigna Cinque Querce 2005
Un pargolo, vivaddio. È tanta “roba”, ma tutto è in equilibrio. È ancora compresso: la frutta, i tratti balsamici, la nota di radici e di liquirizia scandiscono il profilo olfattivo. La bocca è elettrizzante, tesa fino alla fine; non lunghissimo, il sorso è nitido e nervoso. Di cristallino tocco sapido in chiusura. Lo attenderemo, con fiducia, alla prova del tempo.
Annata 1999: Inverno freddo, primavera calda e piovosa, estate abbastanza calda, pioggia nell’ultima decade di agosto. Settembre caldo e soleggiato, vendemmia estremamente pulita e asciutta. Vendemmia a cavalla tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre.
Annata 2000: primavera più che mite, estate calda, agosto torrido, ma con frequenti temporali, settembre caldo e ventilato.
Annata 2001: vendemmia fortemente condizionata da una gelata nel mese di aprile, che ha ridotto drasticamente le rese, seguita da un’estate calda, ma regolare e un settembre quasi perfetto con rilevanti escursioni termiche.
Annata 2003: afa, siccità, temperature costantemente sopra la media. Il meteo continentale e la maturazione tardiva dell’aglianico hanno limitato sensibilmente gli effetti della calura in Irpinia.
Annata 2004: inverno rigido e nevoso, primavera fredda e piovosa, estate calda e asciutta, raccolta tardiva protrattasi, in alcune zone, fino alla metà di novembre.
Annata 2005: inverno estremamente rigido con abbondanti nevicate fino alla fine di febbraio, primavera regolare, inizio estate caldo e soleggiato senza eccessi per quanto riguarda le temperature massime. Da fine agosto e per buona parte di settembre, pioggia alternata a giornate asciutte e soleggiate.
Nota: Gran parte delle informazioni tecniche mi sono state trasmesse da Paolo De Cristofaro che ringrazio.
posted by Mauro Erro @ 09:05,