Grand Cru d'Italia, forse...

Vinschgau Blauburgunder Falkenstein 2006, Franz Pratzner

Questa 2006 per molti dei Pinot Nero Altoatesini si sta svelando un’annata non male. Di facile beva, dall’alcol contenuto, sempre giocati sull’eleganza grazie anche ad una discreta freschezza, manca loro solo quel pizzico di complessità in più che arriverà, si spera, con il tempo. Rarefatto già nel timbro cromatico rosso rubino, il naso, volendo didascalicamente fare un parallelo con i cugini più blasonati (e più buoni, amen), si pone tra un Bonnes Mares ed un Pommard: scuro e cattivo. Ciliegia e visciola leggermente macerata, erbe aromatiche, una nota didattica di tartufo bianco, poi le nuance dolci del legno, ed ancora terra e cipria. È al palato che convince meno, non nell’ingresso, elegante, teso e di buona dinamica nell’ampiezza del centro bocca, quanto nel retro-palato che ancora non si è sviluppato e nell’acidità, citrina, che chiude il sorso aspro, troppo, tanto da soffocare la persistenza gustativa finale, che pure appare lunga. Rimandato agli esami di riparazione.

Sagrantino di Montefalco Colle Grimaldesco 2004, Tabarrini

Ottima interpretazione di uno di quei vini, per cui, per gusto personale, non impazzisco. La prova positiva si svela nell’eleganza del sorso, mai stucchevole, materico sì, ma non monolite. Il naso ha bisogno di ossigenare, tant’è che offre a 24 ore di distanza il suo momento migliore quando raggiunge il suo equilibrio, fatto di frutta scura (prugna sunsweet) erbe aromatiche (salvia), cacao in polvere, liquirizia, le note selvatiche e una sottile vena minerale. Al palato ottimo ingresso, ma soprattutto centro bocca sinuoso, flessuoso, gli manca qualsiasi sovra-estrazione che è facile incontrare in alcuni campioni di questa denominazione. Il finale rivela un tannino solo leggermente polveroso, con un ritorno in cui si alternano la sensazione fruttata, la liquirizia e il cacao in polvere. Buona freschezza e giusto un pizzico d’alcol in più che sarà d’aiuto, però, nelle serata fredde di quest’inverno anticipato. Sottovalutato.

Brunello di Montalcino Manachiara 1997, Tenute Silvio Nardi

Chi si ricorda di quella che fu definita l’annata del secolo in Toscana? Oramai quasi non se ne parla più, eppure, di smentite a posteriori dopo meditati assaggi ne ha avute fin troppe. Ebbene, ci si può sempre ricredere.
No, non è l’annata del secolo, per carità, ma si può rimanere sorpresi come in questo caso. I brunello di questo produttore sono sempre stati etichettati come la “terza via” tra il modernismo spinto e il tradizionalismo conservatore, ed in effetti, così è. “Sangiovesco” senza dubbio alcuno, meraviglia soprattutto per l’eleganza e la sottigliezza del naso che non ci aspettavamo vista l’annata calda. Le note di goudron fanno da intelaiatura ad un naso che poi rivela frutta (visciola), erbe officinali, leggeri echi floreali e toni del legno appena accennati. Palato di rara cordialità e di buona dinamica: solo un pizzico corto e con l’alcol che sbuffa nel finale. Servirlo un paio di gradi sotto la sua corretta temperatura di servizio lo agevola.
A volte ritornano.

posted by Mauro Erro @ 08:20,

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