Greco Adam 2005, Cantina Giardino
giovedì 11 giugno 2009
Da Il Villaggio delle Piccole vigne, sul sito di Luciano Pignataro
C’è una ragazza, avrà sedici o diciassette anni al massimo, figlia di questi tempi. La vedo passare davanti bottega due volte al giorno. Di mattina e di sera. Cammina con fare disinvolto, apparentemente da donna vissuta, su dieci centimetri di tacco. Falcata lunga, testa alta, espressione del viso un po’ corrucciata a voler mostrare il fastidio che prova nell’essere guardata dagli altri.
La vedi arrivare da lontano, passare in mezzo alle due ali di persone che si fanno da parte: sicura, un piede dietro l’altro, con la gamba lunga che fende l’aria come fosse un frustino schioccato dal moto ondulatorio del suo bacino. Destra, sinistra. Destra, sinistra. Ti passa innanzi e la segui con lo sguardo aspettando il momento in cui la guarderai di spalle e vedrai il suo sedere che si esibisce come un pendolo. Destra, sinistra, destra, sinistra.
E nel momento cruciale, quando la donna che non deve chiedere mai ti passa davanti, il tuo sguardo cade giù di qualche centimetro dal bacino e non puoi fare a meno di notare le gambe storte, da vecchio mediano metodista, a “bancarella” come diciamo noi. Allora pensi: Oriali o Salvatore Bagni?
Quando ho versato l’Adam 2005 nel bicchiere e ne ho guardato il colore ambrato, mi è venuta in mente questa ragazza. Quanti guarderanno questo vino e penseranno, nonostante la luce che emana, la sua brillantezza e la sua vitalità: marsalato, ossidato?
E quanti ancora al primo avvicinarsi del naso, avvertendo la particolarità dei profumi, il tono maturo, quel lieve effluvio che scappa incontrollato di volatile diranno, andato?
Quanti sanno riconoscere la differenza che passa tra un difetto e una particolarità?
Il vino si apre. Pesca sciroppata, note di frutta secca con evidenti rimandi di noci e mandorle, una percezione di agrume. Cambia continuamente. Note di tè, di spezie orientali, un tono pungente, piccante di mostarda, un rimando terroso tipico di un buon greco della zona di Tufo e ancora pan di spagna.
Al palato l’ingresso è snello come spesso accade nei vini macerati sulle bucce che pagano qualcosa in bocca, sensazione accentuata, presumibilmente, da un’annata come la 2005 abbastanza piovosa. Ma in questo caso sembra essere un vantaggio perché dona bevibilità ad un vino che, normalmente, ha tanta materia. Tenendolo un pizzico in più prima di deglutirlo si avverte una sensazione di caramella mou. La persistenza finale è lunga e contraddistinta, dopo la scodata finale dell’alcol, da un piacevole sensazione sapida.
Di questo vino sono prodotte annualmente circa 800 bottiglie da uve provenienti da un vigneto di 3000 metri quadri a Tufo, da terreni arenaceo-argillosi, da piante vecchie 20 anni allevate con il sistema tradizionale della raggiera avellinese. In cantina viene effettuata una criomacerazione pre-fermentativa sulle bucce per 4 giorni e dopo la pressatura manuale con un torchio di legno, la fermentazione, ad opera di lieviti indigeni naturali, avviene in barrique dove il vino affina per 12 mesi. Non viene aggiunta anidride solforosa, non si chiarifica, non si filtra.
Io lo berrei davanti ad un quadro di Dalì in compagnia di una bella donna. Che non sculetta.
Voi potrete preferire l’accompagnamento a carni bianche.
P.S. Per i più curiosi: potete leggere qui qualche informazione più dettagliata sull’azienda e sul progetto enoculturale che porta avanti.
La vedi arrivare da lontano, passare in mezzo alle due ali di persone che si fanno da parte: sicura, un piede dietro l’altro, con la gamba lunga che fende l’aria come fosse un frustino schioccato dal moto ondulatorio del suo bacino. Destra, sinistra. Destra, sinistra. Ti passa innanzi e la segui con lo sguardo aspettando il momento in cui la guarderai di spalle e vedrai il suo sedere che si esibisce come un pendolo. Destra, sinistra, destra, sinistra.
E nel momento cruciale, quando la donna che non deve chiedere mai ti passa davanti, il tuo sguardo cade giù di qualche centimetro dal bacino e non puoi fare a meno di notare le gambe storte, da vecchio mediano metodista, a “bancarella” come diciamo noi. Allora pensi: Oriali o Salvatore Bagni?
Quando ho versato l’Adam 2005 nel bicchiere e ne ho guardato il colore ambrato, mi è venuta in mente questa ragazza. Quanti guarderanno questo vino e penseranno, nonostante la luce che emana, la sua brillantezza e la sua vitalità: marsalato, ossidato?
E quanti ancora al primo avvicinarsi del naso, avvertendo la particolarità dei profumi, il tono maturo, quel lieve effluvio che scappa incontrollato di volatile diranno, andato?
Quanti sanno riconoscere la differenza che passa tra un difetto e una particolarità?
Il vino si apre. Pesca sciroppata, note di frutta secca con evidenti rimandi di noci e mandorle, una percezione di agrume. Cambia continuamente. Note di tè, di spezie orientali, un tono pungente, piccante di mostarda, un rimando terroso tipico di un buon greco della zona di Tufo e ancora pan di spagna.
Al palato l’ingresso è snello come spesso accade nei vini macerati sulle bucce che pagano qualcosa in bocca, sensazione accentuata, presumibilmente, da un’annata come la 2005 abbastanza piovosa. Ma in questo caso sembra essere un vantaggio perché dona bevibilità ad un vino che, normalmente, ha tanta materia. Tenendolo un pizzico in più prima di deglutirlo si avverte una sensazione di caramella mou. La persistenza finale è lunga e contraddistinta, dopo la scodata finale dell’alcol, da un piacevole sensazione sapida.
Di questo vino sono prodotte annualmente circa 800 bottiglie da uve provenienti da un vigneto di 3000 metri quadri a Tufo, da terreni arenaceo-argillosi, da piante vecchie 20 anni allevate con il sistema tradizionale della raggiera avellinese. In cantina viene effettuata una criomacerazione pre-fermentativa sulle bucce per 4 giorni e dopo la pressatura manuale con un torchio di legno, la fermentazione, ad opera di lieviti indigeni naturali, avviene in barrique dove il vino affina per 12 mesi. Non viene aggiunta anidride solforosa, non si chiarifica, non si filtra.
Io lo berrei davanti ad un quadro di Dalì in compagnia di una bella donna. Che non sculetta.
Voi potrete preferire l’accompagnamento a carni bianche.
P.S. Per i più curiosi: potete leggere qui qualche informazione più dettagliata sull’azienda e sul progetto enoculturale che porta avanti.
In foto, Antonio Di Gruttola
Sede: Cantina Giardino s.r.l., via Petrara 21/b, 83031-Ariano Irpino (Av). www.cantinagiardino.com - info@cantinagiardino.com -
Tel 0825-872288, Fax 0825-873084.
Ettari di Proprietà: nessuno.
Vitigni: Aglianico, Fiano, Greco, Coda di Volpe bianca, Coda di Volpe Rossa.
Bottiglie prodotte: tra le 10.000 e le 15.000 a seconda dell’annata.
posted by Mauro Erro @ 08:20,