I cristalli di Serralunga

Barolo (quando buono e genuino):
Colore: in giovane età rubino scarico che già pensa al granato, di discreta concentrazione e affascinanti trasparenze, talvolta attraversato (come in questo caso) da fascinosi lampi rosei/amarena, degrada nell’aranciato con il passare del tempo, mantenendosi integro e spesso inalterato per molti, moltissimi anni: brillante e vivace.
Profumo: floreale di viola e spesso rosa più che fruttato; ampio, nitido, su sottofondo terroso e, nell’invecchiamento, accompagnato da spezie e aromi.
Sapore: pieno, maestoso, caldo, austero. Attacco di gran nerbo, trama di grande tessitura, stoffa pregiata, presente, ma vellutata, corpo pieno, largo al palato, finale asciutto, talvolta leggermente amarognolo.

L’errore più facile e peggiore che si possa commettere, ho capito negli anni, è essere ciò che gli altri pensano o dicono tu sia. Si è, a voler essere precisi e pedanti, tanti volti, e spesso si scopre di essere ciò che non si pensava si potesse essere, nel tempo.
Ho amato i vini di Baldo prima di berli, affascinato dal personaggio Teobaldo Cappellano raccontatomi dalle parole di amici, colleghi e giornalisti. Il duro e puro della Langa, quello che non vuole essere nelle guide, quello che non vuole che sia un “disaggregante termine numerico” a valutare il suo vino. Un uomo sulle barricate.
Quando l’ho visto, invece, mi è apparso un uomo di due metri o giù di lì, dai movimenti lenti, dal sorriso bonario con i denti stretti sul suo toscano e dal tono di voce placido e sereno. Tutt’altro che un rivoluzionario. Non illudendomi di poter scorgere in lui ciò che mi aspettavo in poco più di uno sguardo, ho cercato nei suoi vini, nel suo Barolo vigna Gabutti a Serralunga d’Alba, di vedere ciò che doveva essere.
Serralunga d’Alba: formazione di lequio. Sabbia, talora arenaria, giallo-rossastra, spesso con laminazione parallela ed ondulata, in strati da 10 a 50 cm. Si alternano ritmicamente marne siltose grigie in strati da 5 a 40 cm.
Paesaggio: unico e massiccio costone asimmetrico articolato in complesso sinuoso (forme di anfiteatro) secondo angoli arrotondati. Strutturalmente l’immersione degli strati determina un’inclinazione dei versanti asimmetrica con uno sviluppo maggiore per il versante ovest. Crinale in dolce pendenza. Il profilo del versante è concavo.
Serralunga, il Rionda, il Francia, il Prà di po. Invece.
Alla prima olfazione pare quasi non sia neb(b)iolo o lo sia in maniera peculiare, tendendo, seppur maschio, ad un’inclinazione femminea, di leggiadria, di sottigliezza che al palato si rivela, in maniera inequivocabile, una dama di gran nerbo: acidità e tannini di assoluto rispetto, ma di un corpo e di una facilità di beva, talvolta disarmanti. Dunque?
Si è semplicemente o si è in funzione di chi ci è di fronte (Escher qui)?
Cappellano è un rivoluzionario o un reazionario?
Se Parker e i punteggi non fossero esistiti, lui sarebbe stato il duro e puro o semplicemente l’uomo che venuto dall’Africa, produceva un vino in Barolo ricordandosi di guardare l’orizzonte al tramonto?
Era, è, diviene…
E il suo Barolo, è e basta o dovrebbe essere ciò che mi aspetto sia perché prodotto a Serralunga? Ma un vino è buono o è buono in relazione al mercato?
Non so, ma talvolta penso che molti dovrebbero lasciare le disquisizioni filosofiche e raccontare ciò che è, e il Barolo Vigna Gabutti piè rupestris e piè franco sembrano quasi avere in sé, nella loro sottigliezza, nella loro leggiadria, la fragilità di quest’idea: che le cose possano essere ciò che sono, che il vino sia unico e sempre diverso, che i produttori dei semplici artigiani e contadini, e chi li racconta semplicemente un cronista.

“Più tardi quando hanno imparato ad apprezzare i valori veri, quel che cercano è onestà e verità, non emozioni truccate: cercano il classicismo e la purezza d’espressione […] non vogliono attenuamenti…”
Ernest Hemingway, Morte nel pomeriggio

Il Barolo di Cappellano è buono, punto.

Nota: in foto, verticale del Barolo Vigna Gabutti Otin Fiorin Piè Rpestris, di Teobaldo e Augusto Cappellano nelle annate 1998, 2000, 2001, 2004; qui sul sito dell'ais Napoli potete leggerne il resoconto firmato da Fabio Cimmino.

posted by Mauro Erro @ 15:20,

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