Gurrida

11/08
Il fido Cariola ci racconta di una meraviglia: il vigneto sommerso.

Corriamo più in fretta che possiamo. Abbiamo lasciato le meraviglie tecnologiche dei Calabretta e ci dirigiamo verso quelle naturali di Gurrida: ad attenderci, il capo cantiniere Cariola.
Sorridente e disponibile ci porta in giro per l’azienda iniziando a raccontarne la storia. 170 ettari di proprietà, di cui, solo 40 vitati: 35 di Grenache portato in Sicilia dall’enologo francese Fabre su richiesta dell’ammiraglio Nelson, a cui fu data in dote la Ducea di Bronte dopo il suo intervento contro re Ferdinando di Borbone, e 5 di Merlot.
Passiamo dinnanzi la vigna, le viti allevate a contro spalliera: si innesta attraverso il metodo della propaggine. La storie del vigneto è affascinante. Nel periodo invernale quando il fiume Flascio che nasce dai Nebrodi, straripa, nonostante le sue acque confluiscano nella diga naturale creata dalla colata lavica dell’Etna del 1536 del lago Gurrida, il vigneto viene quasi interamente sommerso. Ciò ha preservato le viti o meglio, gran parte di esse, dalla peste che fu la fillossera. L’azienda Gurrida è innanzitutto un teatro naturale di meraviglie faunistiche e floristiche di cui godere.
Passiamo in rassegna le botti di castagno, i tini d’acciaio, i vecchi contenitori in cemento, le barrique, ma il tutto quasi perde di significato davanti alla particolarità di questo vino, di come esso nasce: il Victory. Il 2001 è di colore rubino, al naso frutti rossi e sfumature floreali, spezie. Il palato è elegante, nonostante sia dotato di un corpo considerevole e di una dose d’alcool per me, forse un po’ eccessiva. Ne esiste anche una versione passata in barrique, al mio palato meno pregevole. Rimango incantato dall’amore con cui ne parla Cariola.
“Per voi è il Victory, un vino unico, per me no. Per me c’è la botte otto, la botte due, quelle ad esempio sono le migliori. Sembrerà strano forse per voi, ma non è tutto uguale. Non saprei neanche spiegarvelo, ma ogni botte, è un vino diverso, ed io so perfettamente da quale botte esce il vino che a me più piace”.
Saggiamo il Triumph, etichetta di ricaduta.
Il Victory è sicuramente un vino particolare, e la particolarità è insita nella sua storia e nella sua produzione. Viene commercializzato solo quando le condizioni lo permettono.
Una meraviglia della natura. Andiamo via, verso Bronte: in cerca di pistacchi.

Somebody to love, Jefferson Airplane

Nota: La foto della vigna mi è stata fornita dall'azienda.

posted by Mauro Erro @ 12:17,

2 Comments:

At 12 settembre 2008 alle ore 09:47, Anonymous Anonimo said...

Non vorrei sbagliarmi, Mauro, ma tutte le terre che erano proprietà di Nelson a Bronte furono in seguito adibite alla coltivazione del pistacchio (solo perché non c'era nessuna coltura che potesse venir bene in quei luoghi: si è fatta di necessità virtù e alla lunga è nato questo capolavoro del gusto).

Se a Nino Bixio avessero offerto un bel dolcino ai pistacchi forse le cose nel 6 agosto sarebbero andate diversamente...

Ma questa è patastoria...

voc

 
At 12 settembre 2008 alle ore 11:59, Blogger Mauro Erro said...

Mi complimento, Luigi, per l'osservazione gastro-culinaria-dotta.

Dei mille, di Bixio e del resto si potrebbero rivedere tante cosucce.

Viva il pistacchio di Bronte, in ogni caso.

Ho saggiato una Nutella al pistachio di bronte, che quasi rischio il diabete.

 

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