Wehlener Sonnenuhr Auslese 1994, Joh. Jos. Prüm
martedì 17 giugno 2008
L’ultima classificazione dei terreni e dei vini tedeschi risale alla legge del 1971 (basata più sui residui zuccherini che non sulle differenze dei terreni) con qualche modifica avvenuta negli anni che non ha né semplificato né migliorato la situazione: anzi, ha complicato la vita del consumatore e la leggibilità delle etichette. In questo caso, però, al grosslage (aggregazione di molte vigne) Münzlay appartengono Lage di indiscusso valore: il Domprobst e l’Himmerleich nel paese di Graach, e i Sonnenuhr di Zeltingen e, appunto, di Wehlen. Questa azienda, guidata oggi da Manfred e sua figlia Katharina, che appartiene a quella che fu la grande famiglia Prüm che nel 1911 decise di separarsi (la divisione avvenne tra sei fratelli), possiede porzioni di tutti i blasonati lage sopracitati.
Questo vino, messo in commercio da poco, si è presentato tinto d’oro con fanciulleschi e irrequieti riflessi vividi, mostrandosi per brillantezza e intriganti trasparenze, di rara bellezza. Al naso presentava insistenti nuance sulfuree (i tedeschi abbondano con la solforosa) che nel tempo e con l’ossigenazione nel bicchiere svanivano per dar spazio a toni fumè, una mineralità di rocciosa purezza, su cui si adagiavano leggerissimi tocchi floreali, rimandi di citronella e pompelmo e timbri dolciastri. Al palato, la perfetta corrispondenza diveniva un walzer in cui l’acidità e la dolcezza raggiungevano il sublime equilibrio che donava grande bevibilità. La freschezza acida ripulente invoglia al continuo sorso, ma potete anche aspettare prima di stapparla: ha ancora tanta vita dinnanzi a sé.
Locus iste, Anton Bruckner.
Questo vino, messo in commercio da poco, si è presentato tinto d’oro con fanciulleschi e irrequieti riflessi vividi, mostrandosi per brillantezza e intriganti trasparenze, di rara bellezza. Al naso presentava insistenti nuance sulfuree (i tedeschi abbondano con la solforosa) che nel tempo e con l’ossigenazione nel bicchiere svanivano per dar spazio a toni fumè, una mineralità di rocciosa purezza, su cui si adagiavano leggerissimi tocchi floreali, rimandi di citronella e pompelmo e timbri dolciastri. Al palato, la perfetta corrispondenza diveniva un walzer in cui l’acidità e la dolcezza raggiungevano il sublime equilibrio che donava grande bevibilità. La freschezza acida ripulente invoglia al continuo sorso, ma potete anche aspettare prima di stapparla: ha ancora tanta vita dinnanzi a sé.
Locus iste, Anton Bruckner.
P.S. La foto è tratta dal Blog Violamelanzana.
posted by Mauro Erro @ 12:04,