Barolo Otin Fiorin - piè franco da uve neb(b)iolo di varietà michet - 2003, Teobaldo Cappellano

Baldo Cappellano è di quegli uomini che solo a guardarli capisci che hanno cose da dire che ad ascoltarle imparerai. Comunque. E neanche ci ho parlato. Uno sguardo tra la folla, un sorriso, nulla più. Un omone di due metri che se ne va girando con un Toscanello tra i denti con passo tranquillo, misurato, così come la sua voce e le indicazioni che dispensa con parsimonia agli altri con sorriso bonario, mentre il figlio, Augusto, è lì dietro il banchetto a mescere vino e parole. Sono di ritorno da Verona, da due giorni intensi di assaggi, tra Villa Boschi e i Vini Veri, Villa Favorita e Vinnatur, e ovviamente Vinitaly (un veloce passaggio), e il primo ricordo, il primo appunto veloce è per questo vino e questa persona che spero vivamente di rincontrare nel corso degli anni e della vita. Il suo Barolo da viti post-fillossera a piede franco impiantate una trentina d’anni fa nel mitico vigneto Gabutti si presenta di un rosso vivace che danza tra il rubino scarico ed evoluzioni granato. Al naso evidenzia intriganti sfumature roccioso-minerali, note di fiori e respiri balsamici, non appare per nulla stanco come mi aspettavo vista l’annata e lo dimostra soprattutto al palato, dove l’acidità è marcata (e di quelli che scendono che è un piacere accompagnando il pasto) e il tannino aggressivo, ma elegante. Riporto ciò che lui ha scritto sulla retroetichetta: “A chi di guide si interessa: nel 1983 chiesi al giornalista Sheldon Wasserman di non pubblicare il punteggio dei miei vini. Così fece, ma non solo, sul libro Italian Nobile Wines scrisse che chiedevo di non far parte di classifiche ove il confronto, dagli ignavi reso dogma, è disaggregante termine numerico e non condivisa umana fatica. Non ho cambiato idea, interesso una fascia ristretta di amici-clienti, sono una piccola azienda agricola da 20 mila bottiglie l'anno, credo nella libera informazione, positiva o negativa essa sia. Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d'esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre Natura, non è stato premiato.
E' un sogno? Permettetemelo”. Richard Wagner.

posted by Mauro Erro @ 21:25,

2 Comments:

At 9 aprile 2008 alle ore 20:22, Anonymous Anonimo said...

Be', Mauro, la retroetichetta non è splendida? Com'è splendido il vino che abbraccia.

Ad ogni modo quel brunate e quel cannubi 2004 di Rinaldi era parimenti sbalorditivo...

 
At 9 aprile 2008 alle ore 20:51, Anonymous Anonimo said...

Sicuramente, di Beppe Rinaldi e del suo Brunate-Le Coste ho avuto già modo di parlare su questo blog, ma a dirti il vero, la bevibilità del suo dolcetto '06 mi ha lasciato un segno nel cuore.

 

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