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Dal fascino decadente, il vino vestito di un oro vetusto, emozionava al naso in un dinamico e ancor presente caleidoscopio di odori pungenti, timbri muschiati e di terra, zafferano, frutti rossi (cosi è se vi pare) sotto spirito, e odore di liquirizia a tronchetti. Al palato in una filosofica dicotomia era scarno, l’ingresso morbido, soffuso, al centro del palato danzava tra muschio, acidità e sapidità chiudendo asciutto nel suo allungo incredibile. Ed il tutto era giocato su un sottile e morbido tappeto ossidativo. Essenziale, nobile e fiero.
The Ghost of Tom Joad.
posted by Mauro Erro @ 10:00,
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