Raffreddori senza freddi
venerdì 1 novembre 2019
Robby Muller,
Kensington, Santa Monica, Los Angeles, 1985
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Barolo 2005, Bartolo Mascarello: è la prima vendemmia che Maria Teresa Mascarello affrontò senza suo padre Bartolo, figura mito della Langa. Il vino conserva il frutto, maturo, cui affianca note di erbe officinali e balsami, pot-pourri, cuoio, terra e corteccia; al sorso l’ingresso è carnoso, ma è sull’asse acido/tannico che sviluppa la sua dinamica: tannino di estrema finezza, sottile e incisivo, chiude su note di erbe scure per via retro-nasale.
Brunello di Montalcino 2010, Fattoi: carattere mediterraneo, immediate sono le note di ciliegia e goudron, succede l’intarsio di erbe aromatiche e spezie; al palato è morbido e goloso, potente ma carezzevole: cordiale l’abbraccio alcolico finale che non frena il sorso né i ritorni. È il suo momento.
Chianti Classico 2016, Cantina Ripoli (€ 15): se le informazioni in mio possesso sono corrette dovrebbe trattarsi di un esordio, quello di Francesco Sarri, appassionato bevitore nonché collezionista di vini che ha deciso di mettersi in gioco prendendo in fitto un pezzetto di vigna in Radda di proprietà di Istine. Spontaneo nei profumi, nel vino spicca un bel frutto: è succoso, fluido e scorrevole, ha finale fresco e soffuso. Buona la prima.
Fiano di Avellino 2010, Rocca del Principe: se siete fortunati, vi capita la seconda delle bottiglie stappate e vi ritrovate con il vino già descritto decine di volte anche qui: cera d’api, burro, cedro, note fumè, erbe aromatiche; bocca compatta, cremosa, più potente che dettagliata, ritmata dal sale: derapata alcolica sul finale, mai domo. (La prima, gentilmente offerta da un amico, era troppo oltre: ciononostante, servita alla cieca, era riconoscibilissima).
Volnay VV 2010, Domaine Joseph Voillot: Luci del sole al secondo piano, Edward Hopper: la sensazione provata è quella. Stessa luminosità a disegnarne i contorni e analoga soffice serenità. Non tanto dopo aver sniffato il calice, dove finezza e frutti, carnosi, ti fanno subito esclamare pinot nero, Borgogna, alleluia!, quanto al palato: compiuto accordo tra succo ed energia. Non ha il peso ovviamente di un premier, ma avercene di vini così.
Erbaluce di Caluso Le chiusure 2018, Favaro (€ 18): seppur giovane il tratto aromatico, oltre il lato vegetale finissimo con note pepate e balsamiche, tratteggia un mondo di agrumi e nuances esotiche. Bella energia al palato, il finale è sapido e asciutto. Dimenticatelo per un po’ di tempo.
Pigato 2018, Terre Bianche (€ 15): ha carattere mediterraneo, guarda al mare e alle Alpi, ed ha traccia minerale. Frutta bianca, fiori gialli ed erbe aromatiche al naso, sensazioni più dolci ed echi resinosi; all’assaggio ha polpa, vispa freschezza e timbro sapido. Va solo aspettato affinché dispieghi la sua potenza aromatica trasformandola in dettaglio.
Malvasia Chioma Integrale 2016, Vignai da Duline (€ 25): vino in sottrazione, aromatico lieve e molto fine, agrumi, fiori, balsami. Al palato ha brio, quasi pungente per la traccia minerale evidente: il finale è secco, sapido e nitido.
Lessona, coppia: per chi ama i nebbiolo dell’alto Piemonte e in particolar modo quelli che spiccano per immediatezza di beva, dotati di succo e sostenuti da energia acida più che dall’impalcatura del tannino, ecco una bella coppia di Lessona: il 2015 de La Prevostura (€ 33), e il Pizzaguerra 2016 di Colombera&Garella (€ 27). Più disegnato il primo (fiori blu, lavanda, glicine, note di radici e pepate, bocca succosa e scorrevole) da cui inizierei, più viscerale, fruttato e polposo il secondo, cui darei invece ancora del tempo in bottiglia.
Giorgio Grai: lascio ritratti e coccodrilli a chi lo ha conosciuto meglio di me. Di vini fatti da lui ne ho bevuti un po’, tra i bianchi alcuni straordinari, ma qui oltre il cordoglio annoto il rammarico per non aver mai trovato l’occasione, la scusa, il modo per andare su a Bolzano e scambiarci due chiacchiere con calma. Una voglia che mi era venuta qualche anno fa (2012) quando mi ero trovato a montare alcune vecchie interviste fattegli dal Masna che forse finirono in qualche numero di Enogea e di cui c'è qualche traccia qui come sorta di bootleg. Avrei voluto chiedergli di quando era pilota di rally ad esempio, e di cento altre cose che aveva fatto o pensato durante una vita interpretata intensamente.
Tachifludec gusto limone, Angelini: è l’agre freschezza a bilanciare le rotondità zuccherine - stucchevole la versione al gusto arancia - rendendo il sorso pulito, indubitabili i ritorni balsamici a mitigare la lieve asciugatura. Talvolta un po’ caldo: ma basta soffiarci su. Visto l’abuso di questi giorni vi farò sapere delle versioni alla menta e a limone e miele. (Poco meno di 8 € per 10 dosi).
Viaggio a Echo Springs, Storie Di Scrittori e Alcolismo, Olivia Laing, Il Saggiatore: per Fitzgerald smettere di bere significava non toccare super-alcolici, li sostituiva con la birra, che per lui era come bere acqua. Tennessee Williams si chiede in una lettera a Elia Kazan "Perché un uomo beve?", dandosi subito due risposte: se la fa sotto dalla paura per qualcosa; non riesce ad affrontare la verità su qualcosa. John Cheever e Raymond Carver, di 30 anni più giovane, si incontrano e si conoscono ad Iowa city nel 1973: vivono nel dormitorio dell’Università dove tengono i loro corsi al Writers' Workshop, e dove passeranno un anno senza mai toccare la macchina da scrivere e mai sobri. Fragilità, debolezze, solitudini e molto altro, da Hemingway a Berryman, in questo libro adatto a chi ama, come me, la letteratura americana, vista da fondi di bottiglia.
posted by Mauro Erro @ 12:19,