L'evidenza di Napoli - Sassuolo



Ora che il sole dell’evidenza rischiara gli accadimenti tutti diranno: è questione di mentalità. Oggi leggeremo di una squadra leziosa, non capace di ammazzare le partite, che si guarda troppo allo specchio, che manca di una punta vera capace di concretizzare. Lo ha detto persino ieri Sarri (6 meno un quarto) solitamente più protettivo con i suoi. E dove è lo stupore? Parte dei tifosi già lo sa, qui, anche se è inelegante dirlo, l’ho scritto sin dall’inizio (3 e un quarto a me medesimo), in buona e forse solitaria compagnia di Ciriello (8) su Il Mattino (5 e mezzo). Scritto di quello che è un segreto di pulcinella che Sarri ripete, a parole sue, dall’inizio del campionato, lo stesso segreto causa della rottura di parte della tifoseria con De Laurentiis, detto amichevolmente Il Pappone. Avesse comprato Messi o gente del suo calibro avrebbe più statue e cappelle di San Gennaro (cit.). Abbiamo rinforzato la squadra, ma fin quando calciatori come Hamsik, Reina, Albiol, Kuolibaly, Hisay Ghoulam, Callejon, e personalmente aggiungerei Jorginho per lo sviluppo della manovra, saranno indispensabili e titolarissimi, costretti a giocare ogni tre giorni, nazionali comprese, ai massimi livelli nel proprio campionato e in Champions e le riserve saranno ragazzi di ottime speranze, fin quando giocheremo 4 scommesse in un’unica sessione di mercato, dovremmo accettare anche di perderle - vedi Gabbiadini - e di avere pazienza, soprattutto quando la sfortuna ci priva della prima punta designata e ci sfavorisce in una serie di episodi. Non è colpa della squadra se la sua dimensione non coincide con le ambizioni e i sogni di alcuni, provocando frustrazioni e sbandamenti. Le ambizioni possono essere velleità e i sogni sono illusioni. Se si sfrondasse da chiacchiere inutili e stupidità conclamate, come il sussurrato cambio dell’allenatore addirittura (le partite della Juve e della Roma, a Genova o Bergamo danno dimensione di questo campionato e del Napoli) si saprebbe ciò che si è, tenendo da parte ciò che è buono senza buttarlo via, e migliorando quel che c’è di cattivo che non funziona, evitando fischi o invettive, semplicemente tifando. La banalità di ieri è che le partite si chiudono. Che il talento non basta, occorre disciplina. Che la bellezza come esclusiva contemplazione stucca. Eccetera eccetera eccetera.

Quattordicesima di campionato. Napoli - Sassuolo 1 a 1

ps. A Paolo Cannavaro (8)

[prove tecniche di rubrica di un tifoso anglo-napoletano: Il deserto dei leoni]

posted by Mauro Erro @ 11:24, ,


Mah. O di Napoli - Dinamo Kiev



Fossi Beppe Viola scriverei di un’altra partita e non dello 0 a 0 scialbo e noioso di ieri da cui consegue solo una nottata insonne affollata di interrogativi, conclusa all’alba con un rassegnato e non del tutto convinto: capita. Sì, capita, e capitava anche l’anno scorso, partite così, spesso decisive, talvolta risolte da un coniglio tirato fuori dal cilindro di Higuain. Visto che non ci sono particolari ragioni di servizio che mi obbligano a straparlare, a trovare le mille ragioni e le colpe, tra le quali bisogna annotare il ruolo chiave avuto dalla middle-class del Midwest, e non certo quello degli italiani all’estero, è solo un 5% del possesso palla e poi dipende, il tutto sarà vagliato dai tanti giudici di Cassazione che emettono sentenze ogni sei ore ma deperibili in tre giorni, potrei chiuderla qui con uno sconsolato: mah. 
Ma il dolore si lenisce anche condividendolo e senza pretesa alcuna di sistemazione, riporto di seguito una traccia, una delle tante, delle domande, dei pensieri, delle inquietudini notturne. 

Gambe o testa? Forse entrambe? Può essere. Ma come può essere? E non era la squadra giovane? Ventenni già sazi? Senza il sangue agli occhi? E preferisco avere un sano partito di pensionati rappresentativi della nostra società. Tipo: togli Dani Alves e metti Evrà. Vabbè, come ha detto il mister: giovani o meno, l’importante è che siano forti. E quelli sono forti, poche chiacchiere. Il problema è che noi li teniamo contati: sono 14, 15 se la Madonna di Pompei ci accompagna. I cambi li potrebbe fare pure la signora Pina del terzo piano che in casa non ha nulla di sferico. A proposito, mi chiedo quanto sia un paradosso in questo paese aver dato mandato della costruzione ad un giovane guineano 19enne. Certo, quando prima avevamo lo svizzero Inler non è che fosse tutto un fiorire di banche e soldi acquattati, ma se viene meno la forza prorompente dei giovani paesi dell’Est, vedi Hamsik, statte buono, nessuna idea, l’Europa è affare complicato, e pure nel nostro non stiamo messi bene. Ma che cazzo sto dicendo? Sono le quattro. Uè Gabbiadini è vivo. Zielinski invece non strappa. Si dice così adesso, no? Strappare. Ecco, il Napoli talvolta pare un poco strappato. Certo ad averci una punta, che sia argentina o polacca, che accorciando ricuce, tutto è più facile. Ora si capisce perché Jorginho faceva tutti quei passaggi, come fosse un ragno con la sua tela, afferava i bordi della coperta tenendola stretta, invece adesso è corta: e infatti tengo i piedi freddi. Si sono fatte le 5. Che è più o meno quanto ci meritiamo oggi. E meno male che è tornato Albiol, che poi uno si credeva che avevamo fatto lo squadrone comprando Maksimovic e Tonelli. Vabbè, questa è cazzimma perché non piglio sonno. Che poi chi ‘o sape dove è finita la cazzimma che questa squadra non ha mai avuto. Niente, mai una certezza, stu cazz’ e pallone. 

Quinta di Champions. Napoli - Dinoamo Kiev 0 a 0

[prove tecniche di rubrica di un tifoso anglo-napoletano: Il deserto dei leoni]

posted by Mauro Erro @ 10:07, ,


La ritrovata onestà del risultato: Udinese - Napoli

Lorenzo Insigne


Fin quando la nuova Udinese di Del Neri (6 ½) tracima intensità difensiva, raccolta e stretta in pochi metri di campo, compatta dietro la linea della palla, dobbiamo accontentarci di un possesso del gioco prolungato ma avaro di emozioni e occasioni da rete: una per Zapata che ubriaca Chiriches ma viene murato da Pepe Reina. Dura tutto il primo tempo in cui i tre attaccanti non aiutano: Insigne non entra dentro il campo, Callejon non taglia e Mertens non accorcia verso i compagni, rimane schiacciato tra i due centrali avversari, eccede in svolazzanti tacchetti quando si propone. Pronti via, e dal rientro dagli spogliatoi in 15 minuti il Napoli mostra tutto il repertorio: la capacità di attaccare gli spazi in velocità, palla fuori - palla dentro, e Lorenzo Insigne (7 e un quarto) ne fa quasi tre - due gol e una traversa - su quattro occasioni. Il resto è un gol del croato Perica su calcio d’angolo che accorcia le distanze e poco altro fino al fischio finale. Menzione per Koulibaly (6 ½): quando riuscirà a non avere cali durante i novanta minuti di gioco sarà sicuramente tra i giganti del calcio moderno; lui e noi dobbiamo ringraziare Benitez. L’altra menzione per Sarri (7 ½): non solo per la gestione della partita di ieri, ma per quella dell’intera stagione. Il suo giovane gruppo ha dimostrato molta più maturità e compattezza dell’ambiente che gli sta intorno e di parte della tifoseria. Non bastasse aver perso un giocatore del calibro di Higuain, solo un paio di squadre sul pianeta non ne avrebbero risentito, aver contro la sfortuna che lo ha privato dell'unica punta di ruolo, una classifica non entusiasmante frutto soprattutto di episodi, Sarri ha dovuto sorbirsi tutte le discussioni e i processi figli di una mentalità traballante, evidentemente non abituata alle pressioni di quando si è in Champions, letteralmente e metaforicamente intesa. Continuando a insegnare calcio alla squadra che ha risposto sempre con ottime prestazioni, ripetendo con chiarezza cristallina il suo pensiero da inizio campionato. 

“Una squadra giovane, una squadra che a me da gusto allenare, mi da delle belle sensazioni. Ho la sensazione che stiamo costruendo qualcosa, la ho più in questo momento che non lo scorso anno, al di là del risultato e di tutto il resto.” 

Sono persuaso che la tifoseria senta Sarri come uno di loro non solo in segno di riconoscenza, perché il suo Napoli è stato con buone probabilità il più bello da guardare in tutta la sua storia, ma, semplicemente, per la sua onestà. 

Tredicesima di campionato. Udinese - Napoli 1 a 2 

[prove tecniche di rubrica di un tifoso anglo-napoletano: Il deserto dei leoni]

posted by Mauro Erro @ 10:24, ,


Indici di misura: i dolci



Uno dei più importanti indici che utilizzo per valutare un posto dove vado a mangiare, dalla paninoteca al ristorante più costoso e ambizioso, è la carta dei dolci, troppo spesso un atto dovuto, una pagina in più ingiallita all’interno del menu. Sciatta, surgelata, preconfezionata, prevedibile e scontata, a volte del tutto assente e recitata oralmente con malavoglia, è sempre una degna spiegazione del posto in cui mi trovo: quando basterebbe, mica chissà cosa, ma una buona crostata. In rari casi è divertente, cordiale, familiare, spregiudicata, talvolta incomprensibile. Eppure, i dolci, sono la sintesi di ciò che la cucina è oltre il bisogno di sfamarsi. 

Perché i dolci sono lo sfizio, il capriccio, l’orpello. Sono il colpo di tacco o la rovesciata. Non hanno finalità alcuna se non quella del piacere, della bellezza che si basta, non c’è esigenza di far gol, di soddisfare il bisogno della fame. Al massimo la fame è il languorino della reclame, una scusa che argini eventuali sensi di colpa. Il dolce è lussuria. È il di più, il premio che spesso giunge alla fine, anche quando non lo meritiamo. Il dolce può essere consolazione di una cena mediocre o per il nostro animo in altre situazioni. È oltre il tempo perché è il principio e attraversa tutta la nostra vita. È il giorno di festa. Il dolce è maestria, fantasia e stratificazione, piacere intenso e breve. È il gran finale, ciò che spiega, semplice o complicato che sia, tutto. Anche quando assente.

posted by Mauro Erro @ 13:46, ,


Conta solo il campo o di Napoli - Lazio

Marek Hamsik

C’è il rettangolo di gioco, e poi c’è tutto quello che ne sta fuori. In quel rettangolo, ieri sera, il Napoli ha tenuto la palla per il 61% del tempo, ha tirato 19 volte: la Lazio solo 6, in porta solo tre, mentre noi in 12 occasioni. Marchetti è dovuto intervenire 9 volte, di cui 5 decisive, mentre Reina (4) solo due, e in una sappiamo quel che è successo. Insomma il Napoli (6 ½), a dirla tutta, dovrebbe forse recarsi al Duomo e pregare San Gennaro, perché tutti gli incidenti possibili, e pure quelli impossibili, gli stanno capitando. Succede. Un periodo che speriamo finisca presto di jella nera che più nera non si può. Poi a cercare di migliorarsi, a guardare ciò che non funziona ancora al meglio, si può aggiungere che attacchiamo soprattutto a sinistra o per vie centrali, poco a destra, diventando così prevedibili. Ci manca una prima punta, e non parlo di quello rotto, ma di Gabbiadini (4), che le sue occasioni per dimostrare di essere da Napoli, di poter giocare in un club che ha ambiziosi traguardi, le ha avute e le ha fallite tutte. C’è un errore di scelta tecnica fatta nella sessione di calcio mercato: forse meglio vendere Gabbiadini e prendere uno come Immobile, una prima punta naturale, a quattro soldi. 

Poi c’è quel che accade fuori dal rettangolo di gioco. Le dichiarazioni del presidente, ad esempio, che dal cinema viene e di protagonismo è sempre stato malato. Eppure, tra le tante cose dette, anche un po’ infide, ci si dimentica la chiosa finale: “ma ha ragione il mister, poi l’ho capito”. E così vale per Sarri: “Avrei preferito me lo dicesse in privato, ma noi siamo suoi dipendenti, e quindi può far ciò che vuole”. Insomma, dialettica sì, ma pure buon senso. Quel che manca a parte della piazza secondo cui, per incidenti e sfortune, adesso bisognerebbe cambiar modulo, interpreti, allenatore, società, città, presidente del consiglio. Poi ci sono gli organi di stampa che dimenticano il loro ruolo di mediatori, di critici assennati e che scelgono di imbastire campagne stampa (sì, son tifoso, ma mi sono anche trovato nelle cucine dell’editoria e so bene come si fanno certe cose) gettando benzina sul fuoco, cavalcando la novità e il cambiamento che non si conosce, niente di più facile, credendo o facendo finta che da qualche parte ci sia un coniglio nascosto in un cilindro: guardate che è roba da illusionisti, è solo un’illusione, Masaniello è morto, Maradona in pensione, per il resto il successo è una lunga pazienza, che si costruisce un mattoncino alla volta, sin prisa sin pausa. Prima fanno diventare in un quarto d’ora Boniek Zielinski (5 ½), ieri non sufficiente, poi puntano sul 19enne Diawara (6), acerbo nella costruzione di gioco, il che ha costretto i difensori centrali al ruolo di impostazione della manovra, certo non il massimo, e ad un super lavoro di Marek Hamsik (7 ½) uscito poi per crampi, e che adesso inneggeranno a Rog, che non conosciamo, e che sicuramente, per loro, Sarri non schiera per ripicca, nonostante sia, sempre per loro, 26 volte più forte di Diego Armando. Capaci di immaginare, solo per attirare lettori e click, un “comitato di liberazione da Jorginho” (e adesso che lo abbiamo tolto che abbiam risolto?), facendo peggio di chi fischia questa squadra e questi giocatori, invece di preservare il più forte metodista dello scorso campionato, un patrimonio del Napoli, se al Napoli tengono, ovviamente. D’altronde, sono gli stessi che scrivono dodici editoriali al giorno, firmandone però uno ogni sei, che dichiaravano di rappresentare la borghesia e l’intellighenzia napoletana e che infine si sono ritrovati neanche con la pancia, ma con le viscere della città. Peccato non siano neanche lontanamente Matilde Serao. 

Bisogna solo eliminare certe scorie, guardare con fiducia al sol dell’avvenire, e tifare sempre forza Napoli. 

Dodicesima di campionato.  Napoli - Lazio 1 a 1 

[prove tecniche di rubrica di un tifoso anglo-napoletano: Il deserto dei leoni]

posted by Mauro Erro @ 12:19, ,


Incredulità

Saul Steinberg

- Ma quindi mi stai dicendo che.
- Si.
- Ma.
- Nessun ma, è proprio così.
- D’accordo però.
- No, d’accordo un cazzo, ma non ci possiamo far niente.
- Ma avevano detto.
- Lo so, avevano detto: ma che vuoi che importi? Si dice, ma poi.
- Eppure io.
- Si, lo so, anche io.
- Non ci credo, non posso.
- E’ così.
- Ma perché?
- Perché?
- Si, perché?
- Ma come perché, dai.
- Ma allora è tutto inutile?
- Non lo sapevi?
- Ci sarà qualcosa che.
- Non credo.
- Qualunque cosa, dai, cioè, mica.
- Devi rinunciare.
- Non posso.
- Rassegnati.
- Ma non è possibile, ma come si fa a rassegnarsi.
- Non lo so.
- Ti rendi conto?
- Si.
- Ma tu sei sicuro?
- Si.
- Non era bastato ciò che avevamo pagato con i primi due?
- Pare proprio di no.
- Perché proprio a noi?
- Perché, perché, perché, non lo so.
- Ma tu hai letto tutto, si?
- Si.


[Apparentemente potrebbe sembrare il dialogo di una coppia che ha appena saputo che Equitalia ha deciso di togliere loro la casa, invece, ho immaginato, fiducioso, il dialogo tra due editor dopo aver ricevuto le bozze dell’ultimo romanzo - Feltrinelli - di Roberto Saviano e aver letto cose come: La luce violenta che sfonda l’acqua (d’altronde chi non ha mai visto il mare sfondarsi?); Rimbalzano tutti, quando si allontanano i più vanno a sbattere, sbattono su qualcosa che non è morbido come la sabbia, ma non è nemmeno roccia, non è duro. (d’altronde chi non ha visto i pesci rimbalzare come fossero palline nella rete che non è morbida né dura?) ecc. ecc. Ahimé, il dialogo è immaginato, mentre il romanzo è vero.] 

posted by Mauro Erro @ 18:11, ,


Il gioco ritrovato o di Besiktas - Napoli


 
Partendo dall’amaro per lasciarci il dolce alla fine, perdiamo due punti per la strada. Perché il Napoli ha dimostrato di essere nettamente superiore al Besiktas, creando innumerevoli palle gol. Lo sapevamo: quest’anno in attacco si puntava su una doppia scommessa, entrambe perse al momento, ahinoi. La prima era un giovane polacco, Arek Milik, e si è rotto. La seconda si chiama Manolo Gabbiadini (5 e un quarto), e fino a ieri non ha reso come si sperava. Il resto si spiega con la poca concretezza: i gol del Napoli o sono molto belli o niente, al massimo poco: arrivato dai calci piazzati. Da fuori area rarissimi, e quasi sempre di Marek Hamsik (7 e un quarto), che a Istanbul pennella un gol meraviglioso. Dovremmo provare a spingere anche a destra, per variare il nostro gioco, ma dall’inizio della stagione sia Hjsay che Allan non sono stati brillantissimi, e il brasiliano difetta non solo nelle percussioni che l’anno scorso ci ha mostrato, ma anche nel recuperar palloni. Al di là dei singoli e dei loro incidenti, (una nota per Insigne, stavolta senza voto ma con osservazione: tanto piccolo nel corpo quanto molteplice nelle identità, occorrerebbero tre voti diversi) che pure si possono migliorare, rimane una prestazione convincente, una bella affermazione di personalità: andare a Istanbul in quello stadio a fare la partita dopo la sconfitta di Torino non era cosa scontata. Ritrovare e giocare un ottimo calcio, men che meno. Squadra più raccolta e compatta, più alta e aggressiva, più coraggiosa e propositiva: il nostro rimane un gioco di primissima fascia, e peccato per i risultati, fondamentali, ma che pure vanno interpretati altrimenti si sbaglia nelle valutazioni fino a le esagerazioni più improponibili: per disintossicarsi basta guardare le altre partite del campionato italiano e molte anche della Champions, tanti napoletani ritroveranno autostima e, spero, torneranno allo stadio. 

Quarta di Champions. Besiktas  - Napoli 1 a 1

[prove tecniche di rubrica di un tifoso anglo-napoletano: Il deserto dei leoni]

posted by Mauro Erro @ 09:50, ,






Pubblicità su questo sito